Stalking: la persecuzione ai giorni nostri. Vittime soprattutto le donne
Stalking: un crimine che dilaga anche attraverso le nuove tecnologie |
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L’Eurispes ha affrontato il fenomeno dello stalking in un’indagine campionaria[1] con la quale si è voluto sondare in maniera diretta e indiretta, l’effettiva proporzione di un fenomeno dilagante che vede come vittime nella maggior parte dei casi le donne. Un crimine che ha trovato espressioni ancora più violente con l’utilizzo delle nuove tecnologie e con la nostra nuova condizione di società iperconnessa, e che sempre più spesso viene perpetrato all’interno dei social network, Facebook in testa. Alla domanda diretta “le è capitato di essere vittima di stalking” il 9,9% ha risposto positivamente, di questi la componente femminile rappresenta il 64%. Quando invece è stata posta una domanda indiretta, “non sensibile” come la precedente e quindi con un tasso di risposta atteso più elevato, la percentuale di quanti hanno affermato di conoscere qualcuno rimasto vittima di stalking è aumentata fino al 20,9%. Questo significa che 2 intervistati su 5 hanno avuto conoscenza, anche se indiretta, di casi di stalking. Proiettando sulla popolazione dai 18 anni un su, il dato del 9,9%, di quanti, uomini e donne, hanno subito stalking si giungerebbe ad un valore numerico indicativo, ma comunque impressionante, della portata di questo fenomeno: almeno 5 milioni di persone. Questi risultati dimostrano che, anche se sta crescendo la consapevolezza delle donne rispetto al tema della violenza sia fisica sia psicologica, denunciare non è facile. Il dato Eurispes proiettato sulla popolazione stride fortemente con quello delle denunce raccolte nel corso degli ultimi anni, proprio perché il reato non viene denunciato nella maggior parte dei casi. Il Ministero dell’Interno ha infatti reso noto che, dall’entrata in vigore della legge 38/2009 al luglio 2014, sono state 51.079 le denunce per stalking, nel 77,56% ad esserne vittima è stata una donna. Nell’ultimo anno, dal 1° agosto 2013 al 31 luglio 2014, il numero delle denunce è stato pari a 10.703, vittime anche in questo caso soprattutto le donne (77,96%), con un andamento in crescita rispetto all’anno precedente (9.116 denunce, di cui il 77,3% effettuate da donne). Gli ammonimenti del questore sono stati 1.125, gli allontanamenti 189, i divieti di avvicinamento 5.890. Il significato del termine stalking letteralmente indica l’inseguimento furtivo di chi sta dando la caccia a una preda ed etimologicamente deriva dal verbo inglese to stalk con l’accezione di fare la posta, braccare, cacciare in appostamento, mutuato dal linguaggio venatorio. Il primo a dare una definizione di stalking, nell’accezione odierna fu Meloy (1998) che definì lo stalking come un comportamento ostinato di ossessivo inseguimento o molestia nei confronti di una persona che quindi si sente minacciata, mentre secondo Tjaden e Thoennes (1998) lo stalking si riferisce generalmente al comportamento molesto o minaccioso che un individuo adotta in maniera ripetitiva, come il seguire una persona, comparire all’improvviso in casa sua o nel suo posto di lavoro, compiere molestie telefoniche, lasciar messaggi scritti o oggetti, o danneggiare le proprietà della vittima. Insomma, si tratta di un fenomeno affatto recente, quello della persecuzione psicologica, della molestia verbale e delle minacce, ma che solo da pochi decenni ha trovato la giusta collocazione nella coscienza collettiva e negli ordinamenti giuridici di molti paesi che hanno iniziato a perseguirlo come reato. In un modo o nell’altro è la storia di qualcuno, per esempio minacciato, seguito, assillato dal proprio ex, da un amante, da un amico, da un collega o un datore di lavoro o semplicemente da uno squilibrato che ha scelto una persona qualsiasi (per noi) e l’ha identificata come oggetto del desiderio quindi da “possedere”. Va sottolineato che la maggior parte delle persone sottovalutano l’importanza di molti episodi, magari per la fiducia che ripongono nell’autore di certi gesti, scambiandoli per un eccesso di interesse; così come va posta l’attenzione sulla scarsa “attitudine” a denunciare le persecuzioni. Se nello svolgimento, la storia ha diverse sfumature tutte plausibili e più o meno dolorose e compromettenti, il finale, invece, potrebbe avere, come spesso capita, un epilogo drammatico. Soprattutto in ambito familiare, come testimoniano i dati del Ministero dell’Interno che rilevano (luglio 2013-agosto 2014) 153 casi di omicidio volontario in ambito familiare, dove a rischio sono le relazioni di coppia, messe in discussione spesso da una separazione. Dallo stalking al femminicidio il passo è facile? Se questi due fenomeni siano due facce della stessa medaglia non è possibile stabilirlo aprioristicamente, dal momento che sono molte le variabili, misurabili e non, da dover osservare. Vero è che molti dei fatti di cronaca parlano di tragedie annunciate, di storie di donne che non avevo dato seguito ad atteggiamenti persecutori subiti o che invece li avevano denunciati con forza, ma sono rimaste inascoltate. «I cambiamenti profondi che hanno stravolto le relazioni tra gli individui nella nostra società e l’uso massiccio di tecnologie nella vita di ogni giorno – sottolinea l’avv. Andrea Catizone, Direttrice dell’Osservatorio sulle Famiglie dell’Eurispes – non sempre hanno prodotto fenomeni controllabili o virtuosi. Il forte individualismo e l’assenza di un sentire comune sono alla base di fenomeni sociali in cui ciascuno si costruisce le proprie regole e in cui ognuno si sente legittimato a soddisfare i propri desideri, le proprie passioni e anche le proprie patologie o perversioni anche attraverso l’annientamento del prossimo. Questa logica autoritaria e padronale è alla base del fenomeno dello stalking in cui un soggetto, la maggior parte maschile, non potendo sottomettere un’altra persona, decide di condizionarne l’esistenza mettendo in essere atti che compromettono pesantemente il suo normale svolgimento. Il rapporto familiare, o il legame sentimentale alla base del rapporto tra lo stalker e la vittima spesso costituiscono un vero e proprio ostacolo alle possibili denunce da parte di quest’ultima. A ciò si aggiunga l’assenza di misure adeguate e immediate che tutelino le vittime successivamente alla denuncia presso le Autorità competenti. Occorre dunque – prosegue la Direttrice dell’Osservatorio Famiglie –combattere lo stalking perseguendo diverse strade. Certamente una grande campagna di sensibilizzazione che faccia comprendere a chiunque quali sono i comportamenti inquadrabili nella fattispecie dello stalking fornendo gli strumenti per individuare il limite di accettazione di atti persecutori provenienti dai familiari, parenti o anche colleghi di lavoro. Ma serve anche un grande impegno da parte dello Stato nel predisporre misure adeguate a proteggere le donne che hanno il coraggio di denunciare lo stalker anche per non pregiudicare ulteriormente una situazione di per sé assai precaria». [1] Su un campione rappresentativo della popolazione di 1.097 cittadini. La rilevazione è stata effettuata nel periodo tra il 13 dicembre 2013 e il 4 gennaio 2014.
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