La cultura del dono in Italia
LA “SILENZIOSA” CULTURA DEL DONO
Uno studio dell’Eurispes
L’Eurispes ha realizzato uno studio sulla cultura del dono nel nostro Paese toccando i diversi e più significativi aspetti delle realtà che si offrono come indicatori del livello e della diffusione di tale cultura: dalle donazioni di organi e del cordone ombelicale alla donazione del sangue, dal sostegno a distanza all’assistenza agli anziani, alla solidarietà espressa dalle imprese, dalle donazioni nazionali e internazionali alla presenza sul territorio di associazioni e di cittadini che operano nel settore della solidarietà.
«Quella del dono – dichiara il Prof. Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes –, dell’arte del dono perduta, come diceva Adorno, è la metafora di un mondo nel quale i rapporti umani si limitano alla semplice conoscenza superficiale che non impegna, non coinvolge. Un mondo nel quale si intessono relazioni e rapporti funzionali al conseguimento di un risultato, che si esauriscono così come si consuma il rapporto tra venditore ed acquirente al momento dell’acquisto. Le relazioni come merce da vendere o nel migliore dei casi da scambiare.
Un altro indicatore della caduta della cultura del dono è costituito dalla diffidenza ovvero dalla mancanza di fiducia: nessuno si fida più di nessuno. Ognuno si rinserra nel suo piccolo mondo, nel proprio privato e finisce col disinteressarsi di ciò che lo circonda e che non interagisce direttamente con i suoi interessi e i suoi bisogni.
L’utilitarismo e l’edonismo – prosegue il Presidente dell’Eurispes – tendono a sostituire le tradizionali etiche politiche e religiose aprendo, soprattutto tra i giovani, nuovi fronti di disagio e la faticosa ricerca di una nuova identità personale e sociale.
In chiave positiva questo processo, a sua volta, apre nuovi spiragli verso la ricerca e la sperimentazione anche di nuove forme di impegno e di solidarietà, dei quali il volontariato e il pacifismo sembrano essere le proiezioni migliori. Ciò sta a significare che non tutto è perduto e che non possiamo consegnare alla rinuncia di una visione nichilistica che non lascia spazio alla speranza.
Sappiamo bene che un albero che cade fa più rumore di tanti fili d’erba che crescono e le cronache ci hanno ormai troppo abituati ai fenomeni di bullismo, alla violenza negli stadi, agli omicidi in famiglia, agli sballi e alle morti del sabato sera. Tuttavia si scorgono nuovi segnali, che via via si fanno sempre più forti e interessanti, di una diversa ricerca di senso tra le generazioni più giovani.
Una ricerca affidata alla riscoperta di un sistema di valori dal quale trarre spunti di riferimento e di stabilità di fronte alla complessità di una società postmoderna che non propone una propria gerarchia di valori e costringe i singoli ad una elaborazione continua e personale.
Così si spiegano le tante “realtà silenziose” che occupano di giorno in giorno spazi sempre maggiori del vivere associato.
Piano piano – conclude Fara – vedremo emergere la novità di una crescita ulteriore del volontariato e di nuove forme di aggregazione giovanile, ispirate e guidate dall’esigenza di risolvere i tanti problemi di giustizia sociale che affliggono i giovani, ma non solo loro.
La cultura del dono non è un’utopia, esiste e si perpetua attraverso tanti piccoli atti quotidiani che occorre apprezzare e valorizzare».
Il volontariato in tutte le sue forme rappresenta una componente strutturale del panorama sociale dell’Italia. Dalle rilevazioni effettuate dall’Eurispes, e contenute nelle pagine delle edizioni annuali del Rapporto Italia, emerge con chiarezza che le associazioni di volontariato rappresentano, tra le istituzioni italiane, l’unica realtà capace di conservare, nel tempo, un livello di fiducia elevato presso la maggior parte dei cittadini.
Ben il 71,3% degli italiani, infatti, ha dichiarato nel 2009 di avere fiducia nelle associazioni di volontariato, percentuale superiore anche a quella raccolta dalle Forze dell’Ordine (Carabinieri 69,6%; Polizia 63,3%; Guardia di Finanza 62,7%) e dal Presidente della Repubblica(62,1%). Notevole il divario rispetto ad istituzioni pure fondamentali come la scuola (47,2%), la magistratura (44,4%), le Istituzioni religiose (38,8%), ed ancor più quello rispetto alle istituzioni politiche, ormai impantanate in una crescente e preoccupante crisi della fiducia.
Dall’analisi dei dati dell’Eurispes emerge che, nel periodo 2003-2009, il massimo grado di fiducia nelle associazioni di volontariato è stato raggiunto nel 2004 con una percentuale del 90%. In un quadro di generale calo di fiducia nelle istituzioni del Paese, il volontariato, pur perdendo negli ultimi anni qualche punto (si oscilla infatti dall’83% del 2003 all’84,3% del 2006 fino al 71,6% del 2008), continua a “tenere”, riconosciuto dalla larga maggioranza degli italiani come una garanzia di impegno sociale e solidaristico.
La stima dei volontari presenti nelle organizzazioni solidaristiche è oggi di circa 1.100.000 unità e la maggioranza dei membri vi opera fornendo il proprio apporto con continuità. Ad essi si aggiungono i 4 milioni di volontari che operano individualmente o in qualsiasi tipo di organizzazione e istituzione, in modo non continuativo.
Il volontariato rappresenta un fenomeno trasversale della nostra società che coinvolge tematiche, individui, imprese anche molto diversi tra loro. Esiste però un filo sottile che accomuna e tiene uniti tutti coloro che a vario titolo prendono parte a questo genere di attività: la voglia di fare qualcosa di utile per sé, per gli altri e per le generazioni che verranno. Ma il volontariato è in grado, oltre che di dare aiuto agli altri, anche di produrre sviluppo economico là dove ad esempio interviene per promuovere il territorio e la cultura di un luogo che altrimenti avrebbe poche possibilità di essere conosciuto.
Oggi la partecipazione civica investe non soltanto l’ambito della sanità e dell’assistenza sociale, ma cresce anche l’impegno negli ambiti della protezione civile, della cultura e dello sport, nonché dell’educazione. Inoltre è evidente la propensione delle organizzazioni di volontariato ad assumere una struttura di rete, ossia a stringere sinergie e trovare punti di contatto con altre associazioni e quindi anche con gli Enti pubblici: quindi più si è e più si hanno probabilità di raggiungere risultati soddisfacenti.
In Italia sono numerosi coloro che, indipendentemente dalle circostanze, possiedono una vera e propria “cultura del dono” e la consapevolezza del fatto che donare sia anche uno strumento per partecipare e ricevere. La solidarietà, in ultima analisi, costituisce un canale della cittadinanza attiva ed uno strumento di espressione della stessa. L’attuale sfavorevole congiuntura economica non sembra influire sulla partecipazione attiva dei cittadini a forme di volontariato attivo. Più significativa, d’altra parte, l’influenza della crisi sui comportamenti di donazione in generale degli italiani. Gli effetti, tuttavia, non sono esclusivamente negativi: alla maggiore parsimonia legata a disponibilità economiche più limitate fanno da contraltare manifestazioni di sensibilità ed attenzione nei confronti di chi ha bisogno di aiuto.
Nel resto del mondo la beneficenza sta accusando il colpo della crisi economica, ma in Italia non mancano le iniziative di solidarietà. La XIII edizione del Rapporto sulla ricchezza nel mondo di Capgemini e Merrill Lynch rileva che nel mondo i “super ricchi” (soggetti con un patrimonio finanziario superiore al milione di dollari) nel 60% dei casi hanno intenzione di ridurre le loro donazioni in beneficenza. In Italia, invece, le iniziative di solidarietà si stanno moltiplicando: creazione di Fondi di solidarietà per disoccupati, iniziative a favore di progetti sociali, ecc. E gli esempi concreti, come riportato dallo studio dell’Eurispes, sono numerosi.