Premessa

Eurispes propone un modello concettuale e operativo e della Sicurezza che spezza l’identità Sicurezza=Criminalità. Il concetto di Sicurezza qui presentato è un costrutto più articolato, dove il degrado, l’integrazione e, a livello esogeno, la crisi, le policy di bilancio statale e l’immigrazione, giocano un ruolo rilevante.

Roma è una città sicura? La risposta a questa domanda si ha in quattro istantanee:

       Roma è una città poco o affatto pericolosa, sia in assoluto che comparativamente ad altre realtà omologhe, in Italia e all’estero;

       la Sicurezza di Roma appare potenzialmente minata nella sua stabilità, costantemente dipendente dall’evolversi dei fenomeni strutturali di degrado urbano e difficoltà d’integrazione – che hanno conseguenze sulla complessiva percezione di rischio personale dei suoi abitanti;

       la rappresentazione che la stampa offre della Sicurezza di Roma appare squilibrata sul tema della criminalità, dove la descrizione dei fatti si accompagna non di rado a toni allarmistici o enfatici (mood generale, questo, della comunicazione italiana da circa un lustro);

       la possibilità effettiva del Primo Cittadino di governare la Sicurezza dell’Urbe è limitata. Da un lato vi è la natura delle variabili che incidono sulla Sicurezza, spesso del tutto indipendenti dalla città, dall’altro dall’esistenza di un perimetro ristretto entro il quale questi può esercitare un’azione diretta sulla sicurezza in generale.

A valle di ciò, l’Eurispes individua la possibilità di impostare una policy incidente sulla Sicurezza, lavorando su un modello di governance supportato da dati e fondato sulla partecipazione diretta degli stakeholder civici al governo delle variabili rilevanti.

Lo studio Eurispes affronta il tema della Sicurezza in maniera innovativa, nella consapevolezza che le sfide che attendono le Metropoli del XXI° Secolo non possono esser risolte con vecchie ricette.

Il contributo originale dello studio si riconosce in cinque aspetti:

1.     il superamento dell’identità sicurezza = criminalità a favore della rappresentazione sicurezza  = distanza tra mondo ideale (domus) e mondo reale (civitas);

2.     l’introduzione di un modello di riferimento del concetto di Sicurezza che la vede come risultante della criminalità, del degrado e della non integrazione – e delle relative variabili correlate, sia esogene che endogene;

3.     la definizione del Perimetro del Possibile, ovvero dello spazio di possibilità di intervento realisticamente a disposizione del Sindaco, rispetto al quale agiscono più fattori, non ultimo dei quali la forza personale del Sindaco medesimo;

4.     l’immagine della Sicurezza romana offerta dalla stampa è sbilanciata sulla narrazione di singoli eclatanti eventi criminali e apparentemente meno attenta alla gestione quotidiana delle molte variabili incidenti sulla sicurezza;

5.     l’idea di un modello di pro-azione partecipata sulla Sicurezza, Civis Romanus 2.0, volta a rimuovere alcune variabili negative, fondato sulla partecipazione attiva dei cittadini e su modelli di gestione per obiettivi.

 


Parte Prima

Il modello di riferimento

La Sicurezza è un tema classico degli studi sociologici, a ragione della sua enorme rilevanza, teorica e concreta. La Prima Parte del Rapporto Roma Sicura fornisce un’ampia rappresentazione delle teorie che, negli anni e nello spazio, sono maturate sul tema, fornendo una solida consapevolezza della complessità della materia.

Eurispes, proprio grazie a questa lettura, è in grado di proporre un’idea avanzata di Sicurezza che supera e spezza il legame identitario – troppo spesso e facilmente istituito – fra Sicurezza e Criminalità.

La tesi di fondo maturata a valle di questa prima parte dello studio, infatti, identifica la sicurezza come lo iato esistente fra due ambiti mentali del cittadino:

– il mondo ideale, che è la propria casa, ordinata e organizzata, ben controllata e aperta selettivamente agli estranei – e perciò, sicura;

– il mondo reale, che è la città, ambiente ansiogeno per definizione, il cui grado di sicurezza dipende non solo dalla pericolosità effettiva, ma anche dalla sensazione che sia controllata e ben gestita.

Questo iato è tanto più (o tanto meno) stridente, in relazione al manifestarsi di tre macro variabili che incidono direttamente sul grado di sicurezza urbano: la criminalità, il degrado e l’integrazione.

 

Capitolo 1 |la sicurezza negli studi sociologici

Con la fine del XX secolo si è sviluppato nelle scienze sociali un significativo dibattito riguardante il superamento della fase storica definibile come modernità a favore di una nuova epoca definita post-moderna.

Secondo Anthony Giddens il tempo attuale si caratterizza per la radicalizzazione della modernità: i sistemi sociali hanno subito negli ultimi decenni forti processi di mutamento e di modernizzazione. Di conseguenza, i modi di vita introdotti hanno allontanato l’individuo dai riferimenti tradizionali dell’ordinamento sociale.

Questo continuo cambiamento e i processi di sradicamento che ne derivano sono la causa principale del diffondersi di una sensazione di smarrimento e d’incertezza che pongono l’uomo all’interno di un mondo insicuro.

La sicurezza e il pericolo, la fiducia e il rischio si fondono offrendo agli individui certezze e incertezze. Il percorso della modernità propone piaceri e compensi, ma allo stesso tempo gli individui non saranno mai in grado di controllare la rotta del mutamento sociale e, quindi, non si troveranno mai nella condizione di sentirsi del tutto al sicuro.

Ulrich Beck ha introdotto nel dibattito scientifico l’espressione “società del rischio”, per descrivere la realtà sociale caratterizzata dalla globalizzazione dei rischi locali. Sembra quindi aumentata la percezione del rischio nello stesso tempo in cui è cresciuta la sua intangibilità e l’ansia di fronte ad esso.

È cresciuta la percezione della nostra responsabilità: i rischi attuali sono generati dagli individui, sono il frutto della modernità e producono sentimenti di ansia e di incertezza, ben diversi dal sentimento di fatalismo tipico delle società della prima modernità di fronte alle catastrofi.

Zygmunt Bauman ha introdotto la questione del disagio della post-modernità: l’uomo scambia una parte della sua possibilità di sicurezza per un po’ di felicità. A una maggiore libertà, però, corrisponde il diffondersi di una sensazione di disagio dovuta ad una insaziabile ricerca di un piacere che limita la sicurezza individuale.

 

Sicurezza e Teorie della Devianza

Le teorie della devianza offrono un contributo di rilievo nella definizione della sicurezza nella società contemporanea dal momento che prendono in considerazione i processi di controllo sociale, di integrazione e i fattori individuali innati. La devianza è comunemente intesa come un comportamento che viola una data norma sociale. In questo ambito assumono rilievo quattro approcci scientifici:

 

1) La teoria classica considera gli individui come esseri dotati di libero arbitrio e razionali. I reati non sono il risultato di influenze esterne ma di una azione intenzionale adottata dagli individui. Per ridurre la criminalità è necessario convincere i cittadini che le pene per i reati sono superiori ai benefici che ne ricavano.

2) La teoria positiva sostiene che gli individui compiono reati non perché vogliono ma perché sono spinti a farlo da un impulso irresistibile, che può nascere da fattori biologici, sociali o culturali.

3) La teoria della disorganizzazione sociale sostiene che la criminalità non è una caratteristica delle persone ma dei gruppi cui queste appartengono. Le ricerche condotte dalla Scuola di Chicago negli anni Venti conducono alla tesi per cui la devianza sarebbe da attribuire alla struttura sociale così come si configura in determinate aree della città, e in particolare al livello di integrazione e organizzazione sociale.

4) La teoria dell’anomia, nella versione durkheimiana, attribuisce i comportamenti devianti al livello di integrazione/disintegrazione sociale e solidità delle norme sociali condivise; in tal senso assume rilievo decisivo l’aspetto di condivisione morale (la dimensione religiosa è molto significativa) tra gli appartenenti ad un medesimo sistema sociale.

 

Il modello teorico

 

La ricerca sociologica si è sempre occupata del tema della criminalità, tanto da poterlo annoverare a buon diritto fra i “classici” della disciplina. Essa ha arricchito la polisemia intrinseca a questo termine con un possente contributo interpretativo, dal quale appare utile isolare il significato del termine devianza intesa quale complesso di comportamenti appartenenti alla sfera dell’illegalità poiché scaturiscono dal mancato rispetto di norme sancite legalmente.

Le principali teorie classiche sono state prodotte nell’ambito della Scuola di Chicago. Tra queste, la teoria dell’associazione differenziale di Sutherland vede le condizioni di tipo strutturale (ad es. fenomeni quali la povertà) come cause né necessarie né sufficienti alla propensione al crimine e pone in evidenzia come all’interno dei diversi gruppi sociali si stabilisca un rapporto della cultura propria di quel gruppo con forme di comportamento specifiche alcune delle quali penalmente devianti.

Il secondo principale filone di teorie è raggruppabile nelle criminologie della vita quotidiana che, a partire dalla metà degli anni Novanta, riassumono l’insieme di approcci criminologici, detti anche “teorie dell’opportunità”, da tempo dominanti sia l’ambito criminologico sia il quello istituzionale delle politiche di sicurezza e di prevenzione di alcuni paesi occidentali. Tali posizioni (contrarie alle teorie classiche) interpretano la criminalità non come un evento eccezionale ma come normali elementi del quotidiano vivere sociale.

Tra di esse, la teoria delle attività di routine (Cohen e Felson, 1979), che si sviluppa negli anni Settanta negli Stati Uniti, si configura come una delle prime reazioni alle interpretazioni della criminalità come fenomeno derivante da motivazioni individuali o da cause strutturali.

In realtà anche nella teoria delle attività di routine si ritrovano, all’origine della criminalità, macrofenomeni legati alle grandi trasformazioni sociali ed economiche delle società occidentali, che avrebbero prodotto modifiche nei comportamenti collettivi contribuendo all’aumento dei tassi di criminalità.

 

Il Framework operativo

 

Il concetto di sicurezza presenta numerose chiavi interpretative possibili: da un lato i suoi confini di senso appaiono spesso sovrapposti a quelli di termini come criminalità, incolumità, pericolosità, senza peraltro esaurirsi perfettamente in essi; dall’altro lato, essi sono collocati sovente in posizione tangenziale a quelli di vivibilità, fruibilità e degrado, senza, anche in questo caso, identificarsi in essi perfettamente. Il risultato di tutto ciò è la polisemia naturale del termine, fatto che la rende suscettibile di molte possibili interpretazioni soggettive, e non raramente, strumentali a fini politici.

La ricerca sociologica si è sempre occupata del tema, tanto che lo si può annoverare a buon diritto fra i “classici” della disciplina scientifica. Essa ha arricchito questa polisemia con un possente contributo analitico-interpretativo, che ha chiamato in causa la post-modernità e i temi del patto sociale fra cittadini, concetti quali devianza, società del rischio, e via dicendo. La ricerca ha poi maturato numerosi e notevoli punti di vista diversi, ora focalizzandosi su aspetti parametrici e oggettivizzabili – come la Teoria Positiva della metà Ottocento – ora al livello di integrazione e della solidità delle norme condivise (come nell’approccio dell’Anomia). Per tutte queste ragioni la sicurezza è apparsa come un costrutto complesso, intellettualmente sfidante e culturalmente dotato di un considerevole track-record. A fronte di ciò, tuttavia, laddove essa venga analizzata in chiave di Governo Cittadino, sfida propria di questo lavoro, è apparso indispensabile abbandonare l’intangibile ampiezza concettuale della sua rappresentazione teorica, a favore di una declinazione maggiormente operativa.

Il senso di sicurezza percepito dai cittadini, dagli operatori economici e sociali, dagli stessi tutori dell’ordine  è a tutta evidenza una variabile dipendente. Essa risulta, cioè, dal mutuo comporsi (sia in chiave di combinato disposto, che di flusso autonomo pluridirezionale) di “n” variabili, dipendenti e non, che nel loro complesso incidono sul senso della sicurezza dell’habitat urbano.

In chiave prettamente metodologica, perciò, Eurispes ha inteso pervenire a una determinazione tecnico-operativa del costrutto-sicurezza che fosse capace di identificare l’ennupla di variabili dalle quali essa è dipendente (in linea di coerenza con il patrimonio di ricerca scientifica esistente sul tema) isolando in un secondo momento quelle sulle quali chi è chiamato ad amministrare la città di Roma può effettivamente agire. Questa concettualizzazione tecnico-operativa ha voluto integrarsi e promanare, a un tempo, dal panorama teorico e da quello normativo, così da identificare con chiarezza il “perimetro del possibile” dell’azione di Governo del Primo Cittadino e le leve operative che in tale perimetro sono manovrabili. La complessa natura della sicurezza presenta una varietà di sfaccettature che solo parzialmente si rispecchia nelle possibilità operative di azione del Sindaco. La loro individuazione, isolamento e analisi, perciò, costituisce un’operazione a-priori non eludibile, ai fini dell’elaborazione di adeguate strategie di azione.

La tesi di fondo che Eurispes ha maturato attraverso questo lavoro, costruita sulla base della letteratura e delle evidenze fenomeniche raccolte, è che la sicurezza sia un connettore fra la rappresentazione teorica del “mondo ideale” che ciascun individuo matura, determina ed evolve con riferimento all’ambiente domestico – sicuro, ben ordinato e funzionante, noto e conoscibile– e la sua percezione (o presa d’atto) del “mondo reale”, naturalmente ansiogeno quale la città appare.  In altri termini, ciascuno di noi si forma, sostanzialmente in automatico, una determinata opinione sul come il proprio ambito antropico di riferimento quotidiano dovrebbe manifestarsi e funzionare. A questa fa riscontro (quasi come cartina di tornasole, all’estremo opposto della linea) la percezione soggettiva di come, invece, le cose stiano realmente, o perlomeno di “come si percepisce” che stiano realmente.

Il costrutto-sicurezza si pone in una collocazione ponte fra questi due mondi percettivi e cognitivi, e perciò mentali, dell’individuo.

 

Il modello di riferimento

 

È possibile evidenziare che:

        la sicurezza è legata alla criminalità: i fatti e comportamenti penalmente rilevanti influiscono sulla percezione individuale di sicurezza di un luogo;

        la sicurezza è legata al degrado urbano: la percezione di una gestione approssimativa degli spazi urbani da parte di tutti e della loro tolleranza, spesso addirittura ostentata, cambia in peggio il rapporto del cittadino con lo spazio che vive e induce una percezione generalizzata di minor governo del territorio, da cui, di minore sicurezza;

        la sicurezza è legata alla non-integrazione: la percezione di una non positiva risoluzione dell’integrazione delle persone esterne nella città, pur non generando atti criminosi, accentua il senso di inefficace governance del territorio, da cui, la percezione di minore sicurezza.

Parte Seconda
La fotografia del reale

 

La sicurezza è spesso trattata, nel dibattito popolare, nei suoi aspetti “percepiti” e non sostanziali focalizzando l’attenzione non sui fatti documentati e misurati quanto, piuttosto, sulla percezione individuale: un elemento volatile ed esposto alle influenze più disparate.

A peggiorare la questione interviene la circostanza nota, in logica, come errore di composizione, una disfunzione inferenziale che porta a generalizzare eventi parziali e, quindi, a presumere che ciò che sia vero per una parte valga anche per il tutto: così un delitto diviene “emergenza omicidi”, un furto in appartamento diviene “abitazioni insicure” e via dicendo.

La research question che Eurispes si è posta nell’affrontare la presente ricerca muove dalla necessità di comprendere quale sia lo stato reale della sicurezza a Roma.

Dall’indagine emerge il ritratto di una città che non può dirsi certo pericolosa per la persona: in assoluto – il totale dei delitti registrati risulta in progressiva diminuzione negli ultimi anni; in comparazione – la posizione di Roma, se confrontata con le altre Aree Metropolitane italiane e con le principali metropoli straniere, appare quella di una città non pericolosa per chi la abita.

Questo è il contesto che risulta in base ai dati relativi alle attività criminose; un tale quadro positivo è in parte offuscato dall’emergere di ambiti meno soddisfacenti con riferimento a un degrado strutturale che appare difficile da risolvere e ai processi di integrazione non ancora ad un livello maturo nell’area capitolina. Il confronto con le Forze dell’ordine ha confermato la validità delle analisi dei dati, evidenziando da un lato l’impatto dei media nella formazione della pubblica opinione, dall’altro la necessità di adottare un approccio integrato (di strumenti, stakeholder cittadini e logiche) per affrontare il problema, fornendo numerose idee concrete.

 

Capitolo 2 | La Sicurezza nei dati

 

Roma e la criminalità: reati dal 2007 al 2012

L’analisi dell’andamento generale dei principali delitti avvenuti nella città di Roma nel periodo compreso tra il 2007 ed il 2012 evidenzia che il totale dei delitti è diminuito del 10,5%. In particolare, il complesso dei reati ammonta a 225.774 casi nel 2007 per poi scendere a 183.821 nel 2008 e, quindi, a 169.548 nel 2009; il numero dei reati torna a salire a partire dal 2010 (184.056), raggiungendo nel 2012 i 202.037, valore comunque inferiore rispetto a quello registrato nel 2007.

Comune di Roma. Totale dei delitti
Anni 2007-2012 – Valori assoluti

Fonte: Elaborazione Eurispes su dati del Ministero dell’Interno.

Anche rapportando il numero dei crimini alla popolazione residente, l’andamento dei reati non subisce forti variazioni di tendenza rispetto ai dati assoluti. Nel 2007 sono stati commessi 834 crimini ogni 10.000 residenti mentre nel 2012 ne sono stati commessi 773 ogni 10.000 residenti. L’andamento dei delitti per residenti mostra una flessione dal 2007 al 2008 e fino al 2009 ed una ripresa dal 2010 in poi senza però che vengano raggiunti i livelli di partenza.

Analizzando i risultati del periodo 2007-2012 nel suo complesso, oltre ad una diminuzione globale del Totale dei Delitti, si evidenzia come nel Comune di Roma siano drasticamente diminuite le denunce per: associazione a delinquere (-66%); i sequestri di persona (-37%); ricettazione (-23%); i furti in generale (-20%); gli omicidi volontari (-20%). D’altra parte, appare evidente, nel periodo considerato, l’aumento delle denunce per alcuni reati: percosse (80%); ingiurie (73%); minacce (73%); estorsioni (23%); danneggiamenti (14%). Inoltre gli omicidi colposi sono aumentati del 12% e le violenze sessuali del 19%, dato, quest’ultimo influenzato in termini di crescita dall’introduzione del Decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 che ha allargato il numero di atti che possono costituire violenze sessuale.

Analisi per tipologia di reato

Nel prendere in analisi l’andamento delle diverse tipologie di reato nel periodo considerato si è scelto di concentrare l’attenzione sulle fattispecie più frequenti e più rilevanti in termini di sicurezza della città.

Omicidi volontari, tentati omicidi e omicidi colposi sono tre tipologie di delitti che hanno avuto nel periodo considerato dinamiche piuttosto eterogenee. Gli omicidi volontari, stabili dal 2007 al 2009, hanno conosciuto una flessione nel 2010 (10, contro i 29 del 2009), un nuovo aumento nel 2011 (27), che ha riportato il valore in linea con gli anni precedenti, e infine un calo nel 2012 (23). Relativamente ai tentati omicidi emerge come vi sia stata una importante flessione dal 2008 (79) al 2009 (58), un nuovo incremento nel 2010 (77) culminato nel picco del 2011 (88), cui è seguito nel 2012 il ritorno ai valori medi (77). Gli omicidi colposi hanno fatto segnare una diminuzione rilevante dal 2007 (62) al 2008 (25) per poi registrare una nuova crescita nel 2009 (69), proseguita negli anni 2010 (85) e 2011 (89) fino al calo del 2012 (70).

Relativamente ai furti si riscontra una netta flessione tra il 2008 e il 2009 (si passa infatti da 118.423 a 106.563 casi). Il fenomeno è tornato ad affermarsi dal 2010 al 2012 (anno in cui sono stati registrati 130.908 casi), senza però raggiungere l’intensità del 2007 (164.479 casi). I reati di ricettazione, per loro natura fortemente connessi ai furti, hanno evidenziato un andamento sostanzialmente analogo, caratterizzato da un periodo di flessione tra il 2008 e il 2009 (da 1.619 a 1.238 casi) e da un aumento registrato nel 2010 (1.419 casi) e nel 2012 (1.451 casi).

Per quel che concerne le rapine, emerge che, dopo il calo di casi registrati nel triennio 2007-2009, questa tipologia di reato torna ad aumentare fino al 2011 (raggiungendo i 3.643 casi) per poi diminuire nuovamente nel 2012 (3.423 casi).

Nel Comune di Roma si è manifestato un sostanziale  incremento del numero di reati di estorsione tra il 2007 e il 2012, ad eccezione del biennio 2008-2010 durante il quale il dato subisce una leggera flessione, confermando i valori del 2007, per poi raggiungere il valore più alto del periodo considerato nel 2011.

Le denunce per usura, la cui numerosità rimane esigua (tra un minimo ed un massimo di 12 e 27 unità), hanno raggiunto nel 2009 il picco massimo di 27 casi, per poi diminuire gradualmente nel triennio 2010-2012, tornando ai valori minimi del  biennio 2007-2008.

Il reato di associazione a delinquere ha manifestato un trend essenzialmente decrescente, con un valore minimo di 26 denunce nel 2012 contro il valore massimo di 77 denunce del 2007.

Il numero dei reati riferibili al riciclaggio di denaro ha evidenziato un andamento altalenante, oscillante tra un massimo di 77 nel 2007 e un minimo di 63 del 2009, confermando, per ciascuno degli anni considerati, valori che si discostano di poco dal valore medio di 70.

I danneggiamenti hanno fatto registrare una crescita tra il 2007 e il 2011 rispettivamente con 19.575 casi e 23.268 e, in seguito, una diminuzione nell’anno 2012 attestandosi a quota 22.383.

La dinamica ascrivibile ai reati di traffico di stupefacenti, sia pur con delle oscillazioni, si è mantenuta costante nel tempo, evidenziando un incremento nell’anno 2011 e una leggera flessione nel 2010.

I reati di prostituzione registrati nel 2007 sono stati 114, raggiungendo un picco nel 2010 con 136 casi.

Si evidenzia inoltre un andamento crescente dei reati di lesioni dolose: dalle 1.989 segnalazioni del 2007 alle 2.766 del 2012, con una lieve diminuzione nel 2009 con 2.106 denunce rispetto alle 2.195 del 2008. I dati sui reati di percosse fanno emergere risultati simili alle tendenze riscontrate per le lesioni dolose. Infatti, dopo l’incremento registrato nel 2008, si riscontra un lieve calo del 2009 (267 casi rispetto ai 293 dell’anno precedente) per poi seguire un andamento crescente sino al 2012, nel quale si rilevano 469 casi.

L’analisi dei dati riguardanti l’andamento dei reati riferibili alla categoria “minacce” mette in luce un incremento progressivo: dalle 1.586 denunce del 2007 alle 2.745 del 2012. Nel biennio 2008-2009 si rileva invece l’incremento minore (dai 1.866 ai 1.884 casi). Occorre considerare d’altronde che questa tipologia di reato (minacce, percosse e lesioni) si manifesta soprattutto in ambito familiare o privato e probabilmente non è del tutto indicativo del grado di sicurezza dellla Capitale.

Per quanto riguarda le violenze sessuali denunciate nel contesto del Comune di Roma, emerge come il fenomeno ha assunto connotati piuttosto uniformi nel tempo: dopo la diminuzione dei reati in esame nel 2008 (dai 241 ai 231 casi) si assiste a un trend crescente sino al 2012 (287 reati). Ancora una volta va ricordato che la lettura del dato è resa problematica dai cambiamenti legislativi che, nel 2009, hanno aumentato le tipologie di reati ascrivibili a questa categoria.

In sintesi: la tipologia di reato criminale più grave, rappresentata dagli omicidi volontari consumati, ha fatto registrare un calo (dai 29 casi del 2007 ai 23 del 2012), elemento in forte contrasto con una comunicazione mediatica nel suo complesso allarmistica rispetto allo stato della sicurezza nell’area romana; i furti nel 2007 erano 164.479, mentre si attestano a 130.908 nel 2012; dal 2007 al 2012 vi è stato un incremento delle lesioni dolose (da1.989a 2.766),delle percosse (da 260 a 469) e delle minacce (da 1.586a 2.745). Le categorie delittuose in aumento nel Comune di Roma dal 2007 al 2012 corrispondono a reati da forte allarme sociale (violenza sessuale, danneggiamenti, ecc.) in grado di influire negativamente sull’emozione dei cittadini.  Per contro, sono in calo i reati di associazione a delinquere e ricettazione.

Un confronto tra il Comune di Roma e la Provincia

Il peso esercitato dal Comune di Roma, rispetto al totale del numero dei reati commessi nella provincia nel periodo 2005-10, raggiunge una percentuale che, nei valori minimi non scende mai sotto il 75% del totale. Nel periodo considerato d’altronde si assiste a un generale calo del numero dei delitti sia nei valori assoluti che nell’ID rapportato alla popolazione. In particolar modo questo calo riguarda più il Comune di Roma che il resto della provincia.

La popolazione è cresciuta progressivamente modificando il rapporto percentuale tra il Comune di Roma e il resto della provincia: da 66,5% (Roma) e 33,5% (provincia) nel 2005 a 65,9% e 34,1% nel 2010. Tuttavia, mentre a partire dal 2007 si registrano per l’area romana dei valori assoluti (sulle denunce) in diminuzione, lo stesso processo ha toccato di meno l’area provinciale dove si assiste a un progressivo aumento dei reati commessi.

La stessa tendenza è confermata dall’andamento dell’ID. La situazione iniziale poneva l’ID del Comune di Roma a valori più che raddoppiati rispetto al resto della provincia (rispettivamente 778,7 e 328,7 nel 2005; 842,8 e 370,4 nel 2006) mentre la tendenza generale, dal 2007 in poi evidenzia una riduzione del rapporto tra l’ID del Comune di Roma e quello del resto della provincia (648,5 e 379,1) nel 2010.

Mentre l’ID del Comune di Roma presenta un calo di circa 130 punti nel raffronto tra il 2005 e il 2010 (e ben 194 punti in meno rispetto al picco del 2006), lo stesso indice, per il resto della provincia, segnala, per lo stesso periodo, dei valori al rialzo di 49 punti.

A causa del peso dell’area romana sull’intera zona, non sorprende che l’indice generale dell’ID, per tutta la Provincia di Roma, presenta dei dati in calo passando da oltre 600 delitti per diecimila abitanti nel 2005 a 550 delitti nel 2010.

ID medio del totale dei delitti denunciati nel Comune di Roma e negli altri Comuni della Provincia di Roma

Anni 2005-2010

ID = (N delitti/ Popolazione)x10.000


Fonte
: Elaborazioni Eurispes su dati Sistar.

Un confronto tra il Comune di Roma e la Regione

Il peso esercitato dalla Provincia di Roma, rispetto al totale del numero dei reati commessi nella regione Lazio nel periodo 2006-10, non scende mai sotto l’80% del totale. La forbice che distanzia i delitti commessi nell’area romana da quelli denunciati nel resto della regione è andata progressivamente riducendosi: nel 2006, infatti, il rapporto percentuale tra le due zone era di circa 70 a 30 sul piano dello scarto percentuale, mentre nel 2010 la stessa percentuale era scesa a 63 a 37.

L’incidenza del solo Comune di Roma sul resto della regione (inclusa la Provincia di Roma) in termini di delitti denunciati non scende mai sotto il 60% del totale dei reati riferibili all’intera Regione Lazio.

L’indice di delittuosità del Comune di Roma scende di quasi 200 punti tra il 2006 e il 2010 (corrispondenti quindi a 200 delitti in meno per ogni diecimila abitanti), mentre l’ID del resto della Regione Lazio (inclusa la Provincia di Roma) registra un andamento sostanzialmente analogo e proporzionale nel rapporto tra la crescita della popolazione e il numero di reati commessi nello stesso arco di tempo.

 

ID nel periodo 2006-2010 nel Comune di Roma e nel resto della Regione Lazio

Anni 2006-2010

Valori assoluti – ID =  (N delitti/ Popolazione)x10.000

Fonte: Elaborazioni Eurispes su dati Sistar.

Roma e le altre aree metropolitane: un confronto statistico

L’area metropolitana di Roma presenta un ID medio di 592 reati denunciati circa per 10mila abitanti nel periodo 2007-2010 (sesto posto su quindici aree metropolitane: Bari, Bologna, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia, Cagliari, Catania, Messina, Palermo, Trieste)

Tutti i valori mostrano una generale tendenza alla diminuzione nel periodo considerato attestandosi, nel 2010, sotto i 700 reati ogni 10mila abitanti anche nelle aree con valori più elevati.


ID medio rispetto al totale dei delitti denunciati nelle aree metropolitane

Anni 2007-2010

ID =  (N delitti/ Popolazione)x10.000


 

Fonte: Elaborazioni Eurispes su dati Ministero dell’Interno.

L’area metropolitana di Roma presenta un basso ID medio nel periodo 2007-2010  per gli omicidi volontari (nono posto su quindici aree metropolitane, inferiore alla media nazionale).Tre città del Sud (Reggio Calabria, Napoli e Catania), che nella classifica dei reati denunciati erano in basso nella graduatoria, balzano invece ai primi posti, mentre Milano, Bologna e Torino (che occupavano le prime posizioni) scendono sensibilmente nella classifica dei reati per omicidio volontario. Roma ha dei valori generalmente in linea con la media italiana, meno di un omicidio volontario denunciato per ogni centomila abitanti: questo valore è la metà di quello di Napoli e Catania e addirittura pari a un quinto rispetto a Reggio Calabria.

L’area metropolitana di Roma presenta un ID medio nel periodo 2007-2010 per gli omicidi colposi inferiore alla media nazionale (quinto posto su quindici aree metropolitane). Bisogna tenere conto del fatto che all’interno di questa categoria sono compresi anche gli incidenti automobilistici, una delle cause di morte più importanti nel contesto italiano. I valori indicano un tasso elevato per l’area triestina dove toccano quota 0,8 nel 2007 e nel 2008 (quasi un delitto colposo denunciato ogni 10mila abitanti) e presentano valori elevati e sopra la media italiana anche nell’area di Bologna e Reggio Calabria.

Anche per i tentati omicidi Reggio Calabria, Napoli e Catania occupano le prime tre posizioni seguite da Bari e Cagliari. L’area di Roma palesa dei valori leggermente superiori alla media (0,28) occupando una posizione medio-alta nella graduatoria e, assieme a Messina e Torino si attesta sopra la media italiana; tuttavia l’ID, nell’area romana mostra un calo sensibile a partire dal 2009.

Il reato di lesioni dolose, nel periodo 2007-2010, vede ai primi posti Bologna, Trieste, Firenze e Torino.

L’area metropolitana di Roma presenta invece valori decisamente bassi (tredicesimo posto su quindici aree metropolitane, inferiore alla media nazionale) e quasi dimezzati rispetto ai contesti bolognese e triestino.

Le denunce per violenze sessuali raggiungono livelli più elevati a Bologna, Firenze e Milano, mentre le aree metropolitane meridionali occupano la parte bassa della graduatoria.  Anche Roma presenta valori bassi rispetto alle denunce per abusi sessuali (nono posto su quindici aree metropolitane)

L’ID riferibile alle denunce per prostituzione e pornografia minorile indica che Roma occupa una posizione bassa nella graduatoria decimo posto su quindici aree metropolitane). Trieste, Bologna, Firenze, Catania e Genova si trovano nelle prime posizioni con ID anche doppi o tripli rispetto ai valori presenti nel territorio romano.

Per i reati di associazione a delinquere l’area romana si trova ad un livello elevato della graduatoria (4° posto), preceduta solamente da Reggio Calabria (che presenta punteggi doppi rispetto alla media nazionale), Napoli e Catania e con un valore (0,16) leggermente superiore all’ID medio italiano per il periodo 2007-10. Nel quadriennio considerato l’ID romano, rispetto alle denunce per associazione a delinquere, mostra comunque una progressiva flessione con valori dimezzati tra il 2007 e il 2010.

Genova risulta essere l’area che ha raccolto il maggior numero di denunce connesse agli stupefacenti, seguita da Firenze e Bologna. Roma si colloca al quarto posto con valori superiori alla media italiana (ID pari a 7,61 contro il 5,63 nazionale) a segnalare l’alta presenza di questo reato nel contesto capitolino.

Preceduta nei punteggi dell’ID solo da Milano e Bologna, Roma si colloca al terzo posto con un indice medio di delittuosità, nel periodo considerato, di oltre 370 denunce per furto ogni 10mila abitanti; si tratta di un valore decisamente più elevato rispetto alla media nazionale (236 denunce ogni 10mila abitanti) che segnala quanto questa tipologia di reato sia particolarmente problematica all’interno di un contesto urbano complesso. Genova, Torino, Firenze, Catania raggiungono un ID superiore alle 300 denunce per 10mila abitanti. Va notato, tuttavia, che, rispetto al quadriennio in esame, il dato romano mostra una flessione nel numero dei furti rispetto alla popolazione, passando da oltre 470 denunce per diecimila abitanti a poco più di 350 denunce.

Tre città del Mezzogiorno (Napoli, Catania e Palermo) sono ai primi posti della graduatoria delle denunce per rapina con valori, nel caso della città partenopea, anche cinque volte superiori alla media nazionale. Roma si colloca al sesto posto, preceduta anche da Milano e Torino, con dieci denunce per rapina ogni diecimila abitanti. Le prime otto aree metropolitane, tutte con valori molto elevati nel quadriennio, seguono un percorso di progressiva flessione nel numero di denunce. Nel caso di Roma si passa da dodici reati per diecimila abitanti nel 2007 a circa nove nel 2010.

Napoli, Genova e Firenze occupano i primi tre posti in graduatoria per il reato di ricettazione con ID doppi rispetto alla media. I valori romani sono leggermente superiori alla media nazionale con una tendenza al ribasso, nel quadriennio considerato.

Il fenomeno delle estorsioni assume dimensioni particolarmente rilevanti a Napoli, Catania e Messina con valori doppi rispetto all’ID medio italiano nel periodo 2007-2010. L’area romana si trova in basso nella graduatoria (10° posto) con punteggi (ben al di sotto della media nazionale) pari a 0,86 denunce ogni diecimila abitanti.

Genova, Trieste e Reggio Calabria occupano le prime posizione per i reati di riciclaggio, con la città ligure che mostra valori tripli rispetto alla media nazionale. Roma si trova a metà della graduatoria, con punteggi praticamente identici alla media italiana (0,26 contro 0,21).

In merito alle denunce per incendio: le aree metropolitane di Reggio Calabria, Bari, Palermo e Messina evidenziano valori superiori alla media nazionale. Roma si trova al terzultimo posto in questa graduatoria con la media di una denuncia ogni 10mila abitanti nel triennio considerato, un valore dimezzato rispetto alla media italiana.

Per il reato di truffa e frodi informatiche Napoli, Bologna e Firenze sono ai vertici della graduatoria di denunce, con valori ben oltre la media nazionale. L’ID dell’area romana è decisamente basso per questa tipologia di reato (11° posto) con un valore medio di 16 reati circa per 10mila abitanti, inferiore anche alla media italiana.

Analisi in Componenti Principali (ACP) degli ID 2007-2010: rapporti tra le tipologie di reato nelle aree metropolitane

Anni 2007-2010

La compresenza dei diversi tipi di reati nelle varie aree metropolitane genera due profili (A e B). A i reati per furto, lesioni, violenza sessuale e stupefacenti; B riguarda i reati per omicidio volontario, tentato omicidio, associazione a delinquere e incendio. Le città appenniniche (Bologna e Firenze) e del triangolo industriale (Genova, Milano e Torino) sono vicine al Profilo A, mentre le città del Meridione (Reggio Calabria, Catania, Palermo, Messina e Bari) sono più vicine al Profilo B. Roma, rispetto alla criminalità, evidenzia un profilo originale nel contesto italiano: la Capitale, manifesta una continua stabilità nel modo di porsi quasi sempre vicino ai valori di ID medi nazionali, senza palesare quella caratterizzazione spiccata, che invece riguarda altre aree metropolitane e caratterizzandosi per la sua originalità rispetto al contesto italiano.

 

Roma e il confronto con le altre città estere

Per posizionare il contesto romano rispetto ad altre realtà internazionali è utile prendere in considerazione i dati forniti da Eurostat in merito alla tipologia di delitto della massima pericolosità, ovvero l’omicidio.  Nel confronto spiccano i valori assoluti relativi ai contesti metropolitani di Mosca e Pretoria che, tra il 2000 e il 2005, superano rispettivamente i settemila e tremila omicidi, mentre New York, tra il 2000 e il 2009, tocca quota 5.700 morti.  In questa graduatoria Roma occupa una intermedia con 343 omicidi in dieci anni, un valore oltre venti volte più basso di quello moscovita e circa diciassette volte inferiore a New York, un quinto delle cifre relative a Londra (1.778), quasi un terzo rispetto a Berlino (892) e Tokyo (831), ma anche inferiore rispetto a città come Madrid (501) e Bruxelles (407).

Analizzare il fenomeno solo in termini di valori assoluti può essere pesantemente fuorviante a causa delle differenti dimensioni delle città considerate. È stato quindi calcolato un indice di delittuosità (ID) medio per il decennio 2000-2009 in grado di fornire un dato sintetico sul numero di omicidi ogni diecimila abitanti.

Il ranking che ne emerge è decisamente differente rispetto alla sola valutazione dei dati assoluti. La situazione di Roma, in questa speciale graduatoria attesta il basso tasso di pericolosità della capitale italiana; con un ID medio annuo di 0,13 la città capitolina si trova nella parte bassa della classifica, al trentacinquesimo posto su 47 città, e solo città più piccole (con l’unica importante eccezione parigina) presentano un ID inferiore.

Pretoria e Dallas guidano la classifica presentando un ID relativo al numero di omicidi per diecimila abitanti, addirittura superiore a Mosca; inoltre, passando dai valori assoluti all’ID, città molto popolose scendono notevolmente nella classifica ed altre realtà, relative a città non particolarmente grandi, palesano un tasso di pericolosità decisamente superiore: è il caso, ad esempio, delle tre capitali baltiche (Riga, Vilnius e Tallin) che si posizionano alle spalle delle tre realtà sopra citate e di San Francisco precedendo addirittura New York. Anche altre realtà dell’Est europeo (Belgrado, Bratislava, Sofia, Varsavia) si collocano nel quadrante medio-alto della graduatoria, denotando un elevato tasso di pericolosità rispetto a questa tipologia di reato.

Comparando le città per classi dimensionali inoltre è possibile osservare l’andamento dell’ID medio annuo relativo agli omicidi all’interno di realtà metropolitane tendenzialmente similari sul piano della popolosità.

Roma è compresa nella classe di città che hanno tra i 3 milioni e il milione e mezzo di residenti e, anche in questa mini-graduatoria, la capitale italiana presenta valori decisamente bassi rispetto alle pari grado, con l’unica eccezione di Lisbona. Roma, conferma un basso tasso di pericolosità in relazione al numero di omicidi rispetto alla popolazione, confermando il dato generale di una metropoli poco pericolosa per quanto attiene la più grave forma di reato; il confronto internazionale, del resto, aiuta a posizionare in maniera corretta la realtà capitolina rispetto a percezioni, locali e nazionali, a cui sfugge il quadro della situazione negli altri paesi

 

Roma e il degrado: le azioni messe in campo

Le attività di sgombero ed immediata riqualificazione del sito urbano si sono attestate dai 282 interventi nel 2011 a 255 nel 2012. La riqualificazione delle aree con pianificazione degli arredi del verde hanno riguardato maggiormente la periferia rispetto al centro, con un incremento del dato complessivo: da 169 interventi nel 2011 ai 241 nel 2012. Nel 2011 sono stati rimossi 155.220 manifesti, locandine e adesivi mentre nel 2012 sono stati 229.412; nel 2012 sono state rimosse 1.795 frecce metalliche e insegne. Nel 2011 sono stati cancellati 500.000 metri quadrati di scritte sui muri ed è stato coinvolto il I Municipio in una campagna di ripristino urbano. Nel 2012 (il dato arriva fino al mese di ottobre) sono stati cancellati 850.000 metri quadrati di scritte sui muri e sono stati coinvolti il I, II, III e VI Municipio nella campagna di cancellazione e ripristino del decoro urbano.

Nel 2012 (il dato arriva fino al mese di ottobre) vi sono state 3.852 segnalazioni dirette da parte dei cittadini all’Ufficio del Decoro Urbano (erano 2.572 nel 2011). Osservando il fenomeno nel suo complesso si nota come l’istituzione di un ufficio preposto al decoro e al verde urbano abbia avuto un impatto significativo sia attraverso i propri interventi diretti sia recuperando le informazioni sugli interventi compiuti da altre istituzioni.

Un secondo elemento di grande attenzione riservato negli ultimi anni a uno degli aspetti più importanti della sicurezza urbana è quello dell’illuminazione pubblica. Nel luglio 2010 è stato varato un imponente Piano luce: sono stati stanziati 180 milioni di euro per installare quasi 53mila nuovi punti luce in 10 anni, e coprire così oltre 1.400 chilometri di strade cittadine oggi scarsamente illuminate. In tre anni, sono stati accesi circa 30mila di questi punti luce.

Roma e l’integrazione

Si registra un’alta presenza di immigrati nel territorio romano in termini di valori assoluti (297.602), mentre il dato percentuale, rispetto al totale della popolazione (7,2%), è più basso nel confronto con altre realtà metropolitane italiane.

Il dato romano presenta una percentuale leggermente superiore in merito al rapporto tra popolazione e numero di immigrati se paragonato con i valori medi italiani (5,9%); tuttavia la Capitale ha un dato decisamente inferiore alla media nazionale per quanto riguarda la percentuale dei minori immigrati (17,2%) e, soprattutto, la percentuale dei lungo soggiornanti (42%).

Il territorio romano presenta dei dati che evidenziano la presenza di una delle comunità più numerose, rispetto al quadro italiano, di soggetti immigrati, ma anche una tendenza al radicamento nell’ambito romano bassa o medio-bassa come confermano sia i valori sul numero di minori sia la cifra di lungo soggiornanti rispetto alle aree del settentrione e, in generale, del territorio nazionale.

Considerando i matrimoni con almeno un coniuge straniero Roma registra valori sopra la media nazionale rispetto a; tuttavia, mentre il numero di matrimoni con stranieri a Roma è ancora più basso rispetto ad altre realtà nazionali, il dato relativo ai matrimoni fra stranieri risulta particolarmente elevato anche se paragonato con i grandi centri settentrionali.

L’occupazione straniera presenta alti tassi nel Lazio, evidenziando, nel periodo 2010-2011, una progressiva flessione con un calo dell’occupazione straniera maschile di oltre due punti percentuali e di oltre il 3% nell’occupazione femminile.

Sulla prevenzione e il contrasto rispetto a fenomeni di devianza, prendendo in considerazione l’attività svolta dall’Ufficio immigrazione, dal 2006 al 2012, emerge chiaramente l’aumento negli anni del numero degli interventi. I dati confermano il continuo e sempre maggiore impegno delle Forze dell’ordine nel controllo delle presenze degli immigrati irregolari nel territorio metropolitano. La gran parte dei controlli ha dato luogo alla identificazione e al fermo di persone oggettivamente pericolose dal punto di vista della sicurezza pubblica. Un numero elevato di questi è stato di conseguenza allontanato dal territorio nazionale e rimandato, nei casi più gravi, nei paesi di origine.

CAPITOLO 3 | La sicurezza nei fatti

La visione delle Forze dell’ordine

Si è scelto di raccogliere in un focus i pareri dei rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale dello Stato, della Polizia Locale Roma Capitale, proprio per conoscere lo stato dell’arte della sicurezza della Città di Roma e le diverse problematiche che possono ostacolare la gestione di una serena e ordinata convivenza.

Principali risultanze

Anzitutto il problema della sicurezza sembra complicato da una negativa rappresentazione della cronaca nera ad opera dei mass media nazionali e locali: l’eccessiva enfasi sugli omicidi consumati negli ultimi anni senza descriverne adeguatamente le responsabilità e la mancanza di analisi delle statistiche sulla criminalità, che potrebbero offrire al pubblico un’adeguata definizione della situazione, contribuiscono a presentare la Città di Roma come insicura.

I fatti contraddicono, a detta degli Operatori, questa rappresentazione.

Il giornalismo italiano sembra prediligere la spettacolarizzazione degli eventi, enfatizzando alcuni aspetti dei delitti e rinunciando all’approfondimento dei fenomeni e spesso senza informare con precisione sull’andamento di alcuni reati: ad esempio gli omicidi negli ultimi due anni sono in calo rispetto al 2010.

Alcuni reati non aumentano, quindi, ma rimangono pressoché stabili e altri ancora sono in diminuzione; presumibilmente le rapine ai supermercati suscitano più clamore per l’impatto che deriva dal coinvolgimento di più persone presenti sulla scena del crimine.

Si riscontra una distanza tra la sicurezza reale e quella percepita dai cittadini che è conseguenza (secondo gli esperti coinvolti nell’indagine) soprattutto di una cattiva informazione.

Emerge in particolare l’esistenza di luoghi intrinsecamente considerati non sicuri: le stazioni ferroviarie; le stazioni metropolitane; i mercati temporanei; alcune vie e micro aree della città.

Questi luoghi per struttura, immagine pubblica e dinamiche sociali sono considerati rischiosi. Talvolta si tratta di luoghi nei quali è forte la presenza di immigrati organizzati per la vendita di merce contraffatta spesso in collaborazione con italiani. È questo un problema considerato di grande rilievo dalla Guardia di Finanza, ma che sembra avere delle conseguenze anche di ordine pubblico dal momento che spesso nel corso delle azioni di contrasto, si innescano risse o fughe disordinate che coinvolgono anche semplici cittadini.

Allo stesso tempo è bene ricordare che alcune zone – particolarmente buie e poco frequentate – diventano meta di criminali impegnati nello spaccio di stupefacenti, producendo un’immagine di degrado e di abbandono. Ecco che il concetto di sicurezza richiede un’analisi degli aspetti strutturali, sociali e logistici del territorio. Infatti, le strade ben illuminate, la presenza di esercizi e di attività commerciali aiutano a creare una maggiore affluenza di persone che condividono lo spazio pubblico. Tutto ciò richiede anzitutto cura e un’attenzione specifica al decoro urbano.

Si tratta di un aspetto condiviso dai diversi rappresentanti delle Forze di polizia che sottolineano l’importanza di migliorare la percezione di sicurezza dei cittadini anche rendendo più vivibili i quartieri di Roma, rendendo migliore il verde e le strutture urbane.

Un altro aspetto rilevante nella percezione di sicurezza è dato dalla presenza di insediamenti improvvisati e non controllati di nomadi nelle periferie della città, con conseguente disordine e diffidenza tra la popolazione.

Si evidenzia, in tal senso, anche un problema d’integrazione tra le persone di culture diverse che vivono nella metropoli romana, pur essendo da sempre crocevia di popoli differenti. La multiculturalità è una caratteristica di Roma come delle metropoli globali, eppure anche se sono molte le esperienze di convivenza positiva non mancano ancora oggi disagi e difficoltà di interazione reciproca.

Particolarmente sentito, inoltre, è il problema del consumo di alcol tra i giovani nella vita notturna romana.

Polizia Locale di Roma Capitale: tutti i numeri

Il contingente della Polizia Locale di Roma Capitale si avvale, al 1° gennaio 2013, di 6.286 agenti, di cui quasi la metà donne (47%). Per comprendere appieno il lavoro e le forze messe in campo dal Corpo basti pensare che il numero del personale in servizio (6.286 agenti) è ben al di sotto della prevista dotazione organica (8.450 agenti).

Nel periodo 2006-2012 i dati relativi alle principali attività svolte nelle operazioni di Polizia stradale fanno emergere un aumento sostanziale dei controlli effettuati (da 107.000 a oltre 260.000). In particolare i controlli con etilometro/precursori sono passati dallo 0,5% al 23% circa nel giro di 6 anni, grazie anche alla più alta disponibilità di attrezzature e maggiore attenzione al fenomeno. Le violazioni amministrative rilevate, in generale, si attestano intorno ai due milioni l’anno, mentre le violazioni penali del Codice stradale registrano un progressivo aumento (nel 2012 sono 1.717, oltre il doppio rispetto al 2006). Dopo aver toccato il picco degli 11mila casi nel 2009, le sospensioni e i ritiri delle carte di circolazione registrano valori più bassi negli ultimi anni, mentre le rimozioni per sosta e intralcio sono dimezzate nel periodo 2006-2012.

Per quanto rigurada le attività svolte nelle operazioni di polizia amministrativa, i dati relativi al commercio in sede fissa denotano una media di 82 persone l’anno denunciate, ed un aumento delle sanzioni in flessione erogate, dopo il picco del periodo 2008-2009-2010 (più di duemila sanzioni comminate). I controlli sul commercio su area pubblica, invece, hanno fatto registrare una media di oltre 3.000 sanzioni l’anno, nel periodo 2006-2012, mentre il dato medio relativo a pubblici esercizi e locali spettacolo è di circa 160 denunce all’anno con poco più di 1.000 sanzioni annue erogate. I controlli in autorimesse, agenzie e attività di artigianato hanno portato a circa 56 denunce in media l’anno anche se il dato risente del peso dell’anno 2009 che, da solo, ha fatto registrare un picco di 256 denunce. Le violazioni amministrative rilevate sono cresciute di una volta e mezza tra il 2006 e il 2012 con un aumento progressivo nel tempo.

Il dato medio dei sequestri effettuati, nei sette anni considerati, è di 18.000 sequestri operati l’anno. I dati illustrano anche un numero di capi di abbigliamento sequestrati sempre sopra le 100mila unità (ad eccezione del 2006), una  diminuzione dei sequestri dei Dvd e Cd e un aumento dei sequestri di merce alimentare.

A fronte di uno stabile numero annuo di controlli (18mila circa), i dati relativi alle operazioni di Polizia edilizia i dati indicano una progressiva flessione delle violazioni penali rilevate e dei sequestri di costruzioni abusive.

Mentre le operazioni a tutela dell’ambiente effettuate dalla Polizia Locale di Roma Capitale fanno registrare un progressivo aumento dei controlli effettuati con un picco massimo di 30.265 controlli raggiunto proprio nel 2012 (erano 18.947 nel 2006); a fronte di ciò, si registra una media annua di 1.800 violazioni amministrative e di oltre 500 violazioni penali rilevate.

Le attività del Nucleo Assistenza Emarginati hanno mantenuto un livello stabile nel tempo del numero dei controlli sugli extracomunitari con oltre 2.000 operazioni l’anno effettuate (ad eccezione del 2009, oltre 3.000), mentre i controlli sui nomadi sono progressivamente aumentati sino a triplicarsi nel 2012 rispetto al 2006 (da 2.671 a 7.990 controlli). I controlli sull’evasione scolastica registrano una progressiva diminuzione mentre sono aumentati gli interventi di accompagno ai centri di prima accoglienza; le violazioni penali registrate sono state, in media, 670 circa per ogni anno.

Le attività di Polizia giudiziaria mostrano un progressivo aumento delle indagini delegate dalla autorità giudiziaria fino al tetto delle 9.000 operazioni effettuate nel 2012; crescono, nel tempo, anche le violazioni del codice penale rilevate e il numero degli arresti. Mentre per le operazioni svolte nel controllo delle affissioni e delle pubblicità, ad un progressivo aumento dei controlli (superato il tetto dei 3.000 controlli nel 2012), corrisponde una progressiva riduzione della necessità di rimuovere gli impianti o di provvedere al sequestro.

Per gli interventi causati da sinistri stradali si registra un progressivo calo degli incidenti stradali (nel 2012 sono diecimila in meno che nel 2006) e una parallela diminuzione sia dei feriti sia, soprattutto, dei deceduti (dai 214 del 2006, scendono a 131 nel 2012).

Tra il 2008 e il 2012, le aggressioni subite dal personale in servizio della Polizia Locale di Roma Capitale raggiungono, ad eccezione del 2012, un numero superiore alle 100 aggressioni annue.

I risultati del controllo degli insediamenti abusivi sono una diminuzione delle persone censite (adulti e minori) e, in parallelo, un aumento  degli sgomberi e delle bonifiche nel biennio 2011-2012 (rispettivamente 553 e 393).


Parte Terza

La sicurezza nella stampa

Dall’analisi della narrazione della Sicurezza operata dalla stampa emerge che:

1.     a livello di sfondo, si registra una tendenza di lungo periodo – da parte del sistema di informazione di massa  – a privilegiare la cronaca nera;

2.     l’immagine della sicurezza – che emerge dall’analisi di un ampio dataset di 9.000 titoli (da 7 quotidiani) nel periodo 2008-2011 – appare principalmente incentrata sulla criminalità, seguita dal degrado e dal tema dell’integrazione sociale. Lo stile comunicativo più frequente è quello del resoconto dei fatti.

3.     Lo stile “non meramente descrittivo” appare confermato dall’analisi lessicografica condotta – 872 articoli di cronaca nera dal 2008 al 2012 su 7 quotidiani – che inquadra l’immagine del crimine a Roma fornita dai giornali. I reati maggiormente rappresentati nelle pagine locali sono quelli riferiti alla droga e ai furti, mentre nelle sezioni nazionali predominano gli stupri seguiti dagli omicidi.

4.     Un ulteriore approfondimento – condotto sui titoli di quasi tremila articoli della stampa nazionale (4 quotidiani) nel periodo 2008-2012, ha poi esplorato la compresenza fra temi legati alla sicurezza e all’Amministrazione (Sindaco Alemanno) verificando che il dibattito sulla Sicurezza non può essere ridotto esclusivamente alla criminalità.  Nell’agenda dei media il tema sicurezza si declina in relazione ad un insieme differenziato di bisogni e priorità: decoro urbano, nomadi, cortei, problematiche inerenti alla mobilità e al trasporto pubblico, conseguenze legate ai grandi eventi a rischio, emergenze metereologiche e alcol e movida, prostituzione e abusivismo.

5.     In generale è emersa una base tematica costituita da 16 sottotemi: si registra una notevole rilevanza del dibattito politico e una tendenza a privilegiare la cronaca e le politiche anticrimine in occasione di singoli eventi criminali particolarmente eclatanti.

CAPITOLO 4 | Che cosa dicono della sicurezza

L’ascolto della stampa quotidiana

L’analisi della stampa ha l’obiettivo di analizzare in che modo e con quale frequenza i quotidiani nazionali e locali hanno affrontato i temi legati alla sicurezza nella Città di Roma.

Il periodo di rilevazione è 25 novembre 2008-25 novembre 2012. Gli argomenti hanno avuto maggiore “notiziabilità” nel periodo compreso tra il mese di novembre 2010 e luglio 2011, in concomitanza con taluni fatti di cronaca nera. Le 7 testate giornalistiche prese in considerazione, incluse le edizioni locali, sono: Il Corriere della Sera, Il Giornale, Il Messaggero, Il Sole 24 Ore, Il Tempo, La Repubblica, L’Unità.

Il numero degli articoli analizzati è: 9.228. La distribuzione tra le testate giornalistiche non risulta uniforme. Un dato cospicuo si rileva in Il Messaggero, Il Tempo e La Repubblica.

Ai fini della presente indagine, incentrata sui titoli degli articoli selezionati, le dimensioni di analisi approfondite sono le caratteristiche morfologiche e le modalità di presentazione dell’argomento. Nello specifico, le categorie tematiche individuate sono: criminalità, degrado, integrazione sociale. Relativamente allo stile comunicativo, per l’analisi dei titoli è stata adottata la seguente: allarmistico-critico, referenziale.

Relativamente agli argomenti, la criminalità risulta il tema maggiormente affrontato, seguito da degrado ed integrazione sociale. Il Messaggero, La Repubblica ed Il Tempo sono le testate ove il tema è apparso con maggiore frequenza. Da un’analisi incrociata dei dati elaborati, emerge che il tema della criminalità viene trattato in prevalenza dal quotidiano Il Messaggero attraverso uno stile comunicativo referenziale. Una simile peculiarità, sebbene quantitativamente differente, risulta simile a quella rilevata nel caso del degrado urbano. Per quanto concerne l’integrazione sociale, il quotidiano La Repubblica si distingue per lo stile referenziale riscontrato nei titoli degli articoli esaminati.

Le parole e i temi della cronaca nera

L’analisi del linguaggio utilizzato nei titoli ha permesso di individuare alcuni temi emergenti nella descrizione giornalistica del crimine a Roma. Sono stati analizzati 872 articoli sulla criminalità pubblicati in quattro anni (2008/2012) da Il Messaggero, Il Tempo, La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Giornale, L’Unità, Il Sole 24 Ore, avvalendosi del software Lexico3.

Le parole che più frequentemente ricorrono nell’intero corpus formato dai titoli sono indicative del modo in cui i media tematizzano il crimine. Al primo posto si trova anni, utilizzata soprattutto come indicazione sull’età dei colpevoli o delle vittime dei reati. Molto usate per raccontare i successi investigativi delle Forze dell’ordine parole come manette arrestato, arresti e preso, mentre le parole che esprimono più spesso un riferimento specifico ad un crimine sono droga, ucciso e rapine. Rilevante la presenza della parola truffa spesso associata al caso del “Madoff dei Parioli”. La suggestione per le geografie del crimine è stata oggetto di un piccolo zoom sui toponimi più citati: le notizie riguardano principalmente due distinti ambiti territoriali, da un lato il centro storico e i quartieri considerati come “salotti buoni” della città (Centro, Parioli, Olgiata, Prati), dall’altro le periferie “maledette” (Magliana, Tor Bella Monaca, Ostia).

La successiva fase d’analisi ha considerato i verbi, i sostantivi e gli aggettivi più usati per descrivere i comportamenti criminali, aggregando successivamente le parole semanticamente affini in categorie tematiche (es: ucciso/ammazzato/freddato = omicidi).

Nella cronaca romana i risultati evidenziano al primo posto le varianti del verbo uccidere, poi rapinare e rapina, seguiti da droga, truffa e stupro. Per quanto riguarda i temi, il tipo di crimine più frequentemente rappresentato è la droga (spaccio, coca/cocaina, eroina, trafficante), seguito dai furti (ladro borseggiatore, derubare, dalla “violenza di strada” (lite, aggressione, pestaggi, risse) e poi dagli omicidi.

Per quanto riguarda la cronaca nazionale, i criteri usati per raccontare il crimine sono molto diversi: le diverse flessioni del verbo uccidere (uccise, uccidono, uccisi) sono infatti al primo posto, seguite dalla parola stupro e poi da mafia. Se si considerano i reati, dominano gli stupri, seguiti dagli omicidi e dalle attività del crimine organizzato, evidenziando da un lato il carattere più episodico e “strillato” delle notizie di nera di rilevanza nazionale e dall’altro una più capillare attenzione alla complessità dei fenomeni criminali nelle pagine delle cronache di Roma.

I dati, in questo senso, appaiono un’interessante e problematica riprova della relativa indipendenza tra l’incidenza reale del crimine e la rappresentazione che invece viene offerta dalla stampa.

 

Due casi di studio

Il tema della sicurezza a Roma sui media di informazione è spesso affrontato con scarsa cautela e una certa predilezione per gli aspetti sensazionalistici e talvolta addirittura allarmistici.

Case history significative e recenti di questo fenomeno sono la vicenda del cosiddetto “falso stupro di Piazza di Spagna” e quella dell’aggressione presso la piazza di Campo de’ Fiori a Roma.

I fatti: il 18 febbraio 2011, sui media trova risalto la notizia dello stupro ai danni di una studentessa spagnola nei pressi di Trinità dei Monti a Roma. Secondo quanto riportato dagli organi di informazione, la ragazza, al termine del suo turno di lavoro presso un pub, viene avvicinata da due uomini e, sotto minaccia, rimane vittima di violenza sessuale. Nonostante le procedure e le indagini attivate dopo la denuncia della giovane richiedessero, come doveroso in questi casi, l’attesa dei tempi del normale svolgimento e dei risultati degli investigatori (tra l’altro il referto dell’ospedale non evidenziava segni di violenza), la macchina mediatica si è immediatamente messa in moto aprendo il caso.

Mentre i riflettori dei media sono impegnati a commentare ciò che appare non funzionare nella Capitale, arriva la confessione di quella ritenuta fino a quel momento una vittima: la ragazza aveva inventato l’accaduto. Ancora una volta la notizia, pur rivelatasi falsa, ha prodotto conseguenze concrete non solo in termini di intensità del dibattito politico ma anche e soprattutto come immotivato innalzamento del livello di insicurezza presso i cittadini.

Ancora i fatti: un gruppo di persone nella notte di mercoledì 21 novembre 2012 irrompe nel pub “Drunken Ship”, famoso soprattutto per la sua clientela internazionale, e si scaglia contro alcuni ragazzi inglesi, distruggendo il locale e ferendo alcune persone. Il giorno dopo allo Stadio Olimpico si gioca la partita della Lazio contro il Tottenham per l’Europa League. Il bilancio è di due feriti, di cui uno grave. Le indagini conducono all’arresto di due persone appartenenti alla tifoseria romanista e, tra le motivazioni principali, emerge la matrice di natura politica.

La notizia viene costruita con le prime informazioni disponibili, raccolte sul campo oppure pregresse, senza rinunciare anche a riferimenti stereotipati e pregiudizi delle tifoserie calcistiche protagoniste della vicenda: si tratta di un raid di violenti tifosi laziali per motivi razziali.

I titoli principali si incentrano sul pub messo a ferro e fuoco, la guerriglia urbana e il raid antisemita contro gli inglesi. Gli elementi per supportare la notizia ci sono tutti e, anche attraverso le reazioni della stampa internazionale, il palcoscenico mediale si costruisce e si alimenta nel discorso antisemita delle tifoserie romane (ultras laziali e successivamente romanisti) e nell’insicurezza del centro urbano di Roma.

Sebbene il problema della violenza in alcune manifestazioni sportive sia attuale e conosciuto, non è possibile limitarsi ad una superficiale lettura dei fatti tentando di individuare settorialmente un unico colpevole. Si rischia spesso così di rinunciare ad una più utile ed opportuna interpretazione adeguata dei fatti che potrebbe, invece, offrire una corretta conoscenza dei fenomeni complessi.

Le due vicende mettono in luce che sarebbe stato più opportuno seguire con maggiore attenzione l’evoluzione dei fatti (indagini e riscontri oggettivi) che ne avrebbero consentito una narrazione più equilibrata e vicina al reale.

Capitolo 5 | L’agenda dei media e la sicurezza

In che modo la stampa ha tematizzato la sicurezza nei cinque anni della giunta Alemanno? L’analisi di 2.784 articoli centrati sul tema della sicurezza o riferiti al sindaco Alemanno, pubblicati dalle quattro testate più diffuse nella Capitale (la Repubblica, Corriere della Sera, Il Messaggero, Il Tempo) nell’arco di tempo compreso tra giugno 2008 al dicembre 2012, si è avvalsa di una articolata strategia di ricerca basata sull’integrazione di tecniche quantitative e qualitative.

Il primo dato ad emergere è  l’impossibilità di ridurre la sicurezza alla sola dimensione della cronaca nera e alle politiche di contrasto al crimine. Nell’agenda dei media il tema sicurezza si declina in relazione ad un insieme molto differenziato di bisogni e priorità: il decoro urbano, i nomadi, l’equilibrio tra ordine pubblico e diritti democratici in cortei e manifestazioni politiche, le questioni legate alla mobilità e al trasporto pubblico. Attraverso  alle tecniche di analisi lessicometrica sono stati individuati  sedici microtemi riferibili alla sicurezza, che spaziano dal dibattito politico fino ai grandi eventi a rischio (beatificazioni e udienze papali, grandi eventi sportivi, meeting) fino alle emergenze meteorologiche, passando per alcuni capisaldi delle politiche per la sicurezza varate dalla Giunta Capitolina: alcol e movida notturna, lotta alla prostituzione.

Il posizionamento dei diversi giornali nei confronti dei microtemi non è mai uguale. Nonostante le ovvie differenze quantitative nello spazio dedicato dalle testate alle questioni trattate, in media circa tre quarti degli articoli sono collocati nelle pagine locali, che intessono la trama narrativa della sicurezza in relazione alla quotidianità della vita cittadina. Meno di una notizia su quattro finisce nelle pagine nazionali, e solo una volta su quarantacinque finisce in prima pagina. Questo “scatto” di visibilità avviene quasi sempre in presenza di eventi particolarmente eclatanti e controversi – soprattutto crimini violenti ed efferati, scandali, scontri di piazza – che danno luogo a vere e proprie ondate di notizie, alimentando accesi dibattiti politici e reazioni dei cittadini fino a dar vita a veri e propri “casi mediali”.

Il Sindaco e l’Amministrazione comunale vengono citati direttamente in circa il 20% degli articoli dei quotidiani analizzati, spesso attribuendogli responsabilità che oggettivamente non gli appartengono.

 

 

 

 

Parte quarta

Traiettorie possibili per la governance

La sicurezza urbana si presenta come un vero e proprio “hot spot” per il Sindaco, stretto fra un’accresciuta aspettativa civica verso il suo intervento in materia e un dettato normativo non privo di imperfezioni e contraddizioni che, di fatto, gli riconosce un ruolo senza assegnare adeguati poteri.

In particolar modo il meccanismo dell’elezione diretta, con il carico di aspettative sociali connesse, può considerarsi come lo spartiacque fra un’interpretazione attiva e una proattiva del ruolo del Primo Cittadino sulla sicurezza: con la prima l’azione è di risposta alle problematiche (politics), con la seconda essa si estende a coprire la prevenzione delle cause (policy).

L’innovazione normativa ha cercato e cerca di dare risposta operativamente adeguata alla polisemia della sicurezza, esprimendo anche strumenti come i Patti, presenti nel caso Roma, i cui risultati appaiono ancora interlocutori. Pesa, su tutto, la ormai endemica mancanza di risorse.

Le pagine di questa Terza Parte del Rapporto Roma Sicura forniscono un’ampia rappresentazione del tessuto normativo e giurisprudenziale che regolano il tema, fornendo una solida consapevolezza della complessità della materia.

Capitolo 6 | Il Sindaco fra potere e impossibilità

Il Comune è l’Istituzione pubblica che raccoglie maggiori consensi in termini di fiducia da parte dei cittadini portati a proiettare ai Sindaci e alle Amministrazioni locali i problemi della vita quotidiana anche se non formalmente attinenti all’ambito delle responsabilità formali e dei poteri effettivi.

La riforma dell’art. 54 Tuel si pone nella prospettiva di aiutare i protagonisti istituzionali, reali conoscitori degli effettivi bisogni del territorio, a riscoprire o recuperare il ruolo di primi responsabili e risolutori delle necessità, istanze e paure presenti sul territorio attraverso un allargamento degli ambiti di intervento. 

L’art. 6 del D.l. 23 maggio 2008 convertito dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, ha riscritto l’art. 54 sostanzialmente ridisegnando i poteri del Sindaco nelle funzioni di competenza statale al fine di «potenziare gli strumenti a disposizione del Sindaco per il contrasto della criminalità locale» nell’ottica del bilanciamento tra le prerogative statali in tema di sicurezza pubblica e l’esigenza di valorizzare il ruolo degli enti locali.

Il Sindaco quale Ufficiale di Governo può adottare, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, provvedimenti solo contingibili e urgenti al fine di prevenire e di contrastare le “minacce” sociali indicate dalla disciplina di dettaglio.

La definizione di sicurezza urbana perde il tradizionale significato di assenza di minaccia per abbracciarne uno al cui interno siano previste attività positive di rafforzamento della percezione di pubblica sicurezza

L’intervento della Corte Costituzionale ha riscritto il comma 4 dell’art. 54 dichiarando l’incostituzionalità della norma nella parte in cui prevedeva la possibilità per il Sindaco di adottare anche ordinanze ordinarie, prive dunque del carattere della necessità e urgenza e come tali limitate nel tempo.

L’analisi delle situazioni legittimanti gli interventi sindacali creano non poche perplessità. L’ordinanza sindacale dovrebbe invero rispondere a esigenze diverse che non solo si presentino inaspettate (contingibili e urgenti) ma che non possano trovare una diversa soluzione.

L’uso sempre più intenso e massiccio che nelle prassi si è fatto ha difatti trasformato lo strumento straordinario in provvedimento di disciplina generale per l’intera collettività. Se da un lato ciò ha consentito al Sindaco di “personalizzare” le risposte più idonee a fronteggiare le situazioni di grave pericolo per la sicurezza, dall’altro si è aperta la via ad una pericolosa e permanente deroga al riparto di competenze tra i diversi livelli di governo territoriale e alla “fuga” dai regolamenti.

 

La mappa dei conflitti di competenza

Ai sensi dell’art. 54 Tuel i primi cittadini sono diventati gli attori istituzionali privilegiati per la tutela dell’incolumità collettiva in quanto chiamati a fronteggiare il problema dell’insicurezza urbana.

L’attenzione dovrà dunque essere focalizzata sulle questioni lasciate “aperte” dalla norma e che riguardano principalmente il rafforzamento della figura del Sindaco non come rappresentante dell’Ente quanto piuttosto come Ufficiale di Governo. Ne fanno le spese un processo decisionale democratico nel quale trovano espressione le volontà politiche proprie del Consiglio comunale, e uno strumento dai caratteri non straordinari come le ordinanze ma di valenza generale, i regolamenti.

L’allargamento dei poteri dei Sindaci non più circoscritti evidenzierebbe la volontà politica di localizzare poteri di prevenzione e azione atti a neutralizzare i gravi pericoli che minacciano di continuo la comunità sociale in una logica non di conferimento di funzioni in chiave autonomistica ma di decentramento statale.

I bisogni di sicurezza dei cittadini non possono essere ridotti alla sola attività di repressione delle attività criminali o prevenzione e repressione di determinati comportamenti personali qualificati come reati necessitando altresì di interventi che tutelino la qualità delle relazioni sociali e interpersonali e soprattutto quella dell’ambiente urbano.

La sicurezza urbana, intesa soprattutto come attività positiva di rafforzamento della percezione pubblica della stessa, finisce per acquisire un inevitabile connotato pubblico.

Il Sindaco viene ad assumere un ruolo centrale nell’organizzazione e soprattutto nel coordinamento sul territorio delle politiche di sicurezza, posizione che rispecchia più la qualifica di autorità di pubblica sicurezza che quella di rappresentante della comunità locale.

L’attribuzione di poteri volti a fronteggiare le situazioni inerenti alla sicurezza delle città avviene nell’ambito di una prospettiva prevalentemente statale, rispetto alla quale i provvedimenti del Sindaco devono necessariamente inscriversi in una relazione che sembra caratterizzarsi in termini di rapporto gerarchico tra amministrazione statale e locale e nel quale ampio spazio viene lasciato al Prefetto.

Gli accordi sulla Sicurezza

La problematica delle politiche locali di sicurezza si è imposta in Italia a partire dai primi anni Novanta, a seguito della evoluzione della domanda stessa di sicurezza dei cittadini indirizzata sempre più direttamente verso gli amministratori locali e soprattutto verso i Sindaci.

Il quadro normativo della sicurezza nel nostro ordinamento è originato dal Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, con cui veniva approvato il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps).

Poiché ad assicurare le diverse forme di sicurezza sono deputati diversi agenti istituzionali e diversi ordinamenti di settore, la sicurezza rivela il suo volto plurale anche con riferimento alle diversità e varietà dei soggetti istituzionali (Stato, Regioni, Province, Comuni, Enti pubblici, società, associazioni) che sono chiamati ad assicurarli.

Risale ai primi anni Novanta l’introduzione di una specifica disciplina degli strumenti pattizi per il governo della sicurezza locale (articolo 12, comma 8, del decreto legge n. 152 del 1991), che ha riconosciuto la possibilità di realizzare a livello provinciale secondo le direttive emanate dal Ministro dell’Interno piani coordinati di controllo del territorio.

La necessità di definire in via generale e in maniera coordinata linee d’intervento volte ad assicurare un più elevato livello di risposta alla domanda di sicurezza e a costituire la cornice di riferimento per specifiche intese in sede locale mediante le stipula di patti per la sicurezza è alla base dell’intesa stipulata il 20 marzo 2007 tra il Ministro dell’Interno e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.

L’analisi dei numerosi patti per la sicurezza sottoscritti spinge il Ministro dell’Interno, nel gennaio del 2008, a procedere ad una “messa a punto” del sistema pattizio sotto il profilo contenutistico, individuando e sviluppando una “piattaforma comune” a tutti gli accordi, in seno alla quale innestare le specifiche esigenze rilevate territorialmente.

Alla luce della evoluzione descritta, sono stati sottoscritti tre diversi “Patti per Roma sicura”, rispettivamente il 18 maggio 2007, il 29 luglio 2008, e il 21 dicembre 2011.

I Patti per Roma sicura rispondono ad una nuova visione “plurale” della sicurezza, in cui il bene “sicurezza” è riconosciuto come un bene pubblico realizzato in maniera integrata e percepito localmente. Gli istituti consensuali, infatti, cercano di far fronte a due istanze: il bene “sicurezza”, che è un bene nazionale e viene percepito a livello locale; e l’effettività di tale bene, assicurata dall’azione sinergica dei diversi livelli di governo istituzionalmente coinvolti nel nuovo sistema amministrativo policentrico.

 

Storie di ordinaria impossibilità

Ad un’attenta analisi della situazione emerge il sentore di un’inapplicabilità dei nuovi poteri conferiti a Sindaci dal legislatore.

Il grado di applicabilità di questo nuovo must dipende anche dall’interpretazione del ruolo attraverso cui il Primo Cittadino intende affrontare il fenomeno della sicurezza urbana: se con provvedimenti di risposta a problemi (politics), oppure attraverso azioni di più ampio respiro (policy).

Il Sindaco appare impossibilitato nell’esercizio delle sue funzioni attraverso l’ordinanza amministrativa in merito a problematiche legate alla sicurezza urbana per varie motivazioni, fra cui spicca: carenza di fondi, lo scarso dispiegamento di forze sia tecnologiche che umane, la natura strutturale di alcune fenomeni, problemi derivanti dagli assetti normativi.

CAPITOLO 7 | Civis Romanus 2.0

Una Sicurezza 2.0

L’azione fattibile del Sindaco è racchiusa entro un Perimetro del Possibile che costituisce un “di cui”, più piccolo, del perimetro d’azione che la normativa gli concede. Il potenziamento del Perimetro del Possibile, all’alba del XXI Secolo, può utilmente trarre vantaggio dalla rivoluzione dei comportamenti individuali racchiusa nell’etichetta 2.0.

Una policy proattiva, deputata a governare un’ennupla di variabili estremamente variegata e di difficile controllo, potrebbe dispiegare una maggiore efficacia laddove il Sindaco riuscisse ad attivare dei meccanismi di coinvolgimento attivo degli stakeholder cittadini. Un tale policy dovrebbe avvalersi di un sistema di conoscenza statistica dinamica dell’evoluzione e dello stato delle variabili incidenti sulla sicurezza, capace di mettere a sistema la gran mole di dati prodotti e già esistenti, nonché generarne dei nuovi mediante procedure ad hoc.

Forte di tale sistema, il Primo Cittadino potrebbe disporre facilmente di una sorta di cruscotto di controllo, atto a monitorare l’andamento del fenomeno e a programmare adeguatamente le azioni di gestione proattiva dello stesso.

In questo quadro, l’attivazione di un sistema di coinvolgimento attivo degli stakeholder urbani, da attivarsi mediante un adeguato meccanismo di rewarding, porterebbe grandi benefici, abbandonando definitivamente un approccio di tipo ex post (controllo e repressione) a favore di uno ex ante (cogestione di alcune variabili incidenti).

Fonte: www.eurispes.eu

 

Nota. La ricerca su un tema tanto complesso come la Sicurezza di Roma ha richiesto la formazione di un team di ricerca numeroso e dalle competenze diversificate. Il gruppo di lavoro nasce dalla collaborazione istituzionale tra Eurispes e il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma.

 

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