Un contributo di riflessione dell’Eurispes sulla vicenda dei Marò
La Repubblica italiana tra la “parola” dei Marò e il giuramento della Magistratura |
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Il Governo italiano ha assunto impegni internazionali verso lo Stato indiano e li rispetterà pur non condividendo profondamente il contegno sin ora tenuto dalle Autorità indiane nella vicenda dei Marò. I nostri marinai hanno dato la loro parola di italiani e di soldati e la manterranno, pur vivendo l’incubo dell’ingiusto processo per la negazione del giudice naturale e della straziante angoscia derivante dalla lontananza dai propri figli e dalle proprie famiglie. Ma la nostra Costituzione nella più alta declinazione dello stato di diritto, attribuisce all’Autorità Giudiziaria, nell’autonomia e nell’indipendenza dagli altri poteri dello Stato (Parlamento e Governo), l’obbligo dell’applicazione della legge e dell’esercizio della giurisdizione. La Procura della Repubblica di Roma ha, sin dal febbraio del 2012, nell’immediatezza degli accadimenti, aperto un procedimento penale nei confronti di Massimiliano La Torre e Salvatore Girone ritenendo fondatamente la propria competenza giurisdizionale a giudicare le loro condotte e le loro eventuali responsabilità ed ha in concreto esercitato la propria competenza ad indagare e a processare delegando indagini e facendo svolgere accertamenti alla Polizia Giudiziaria italiana. Anche l’Autorità Giudiziaria e i magistrati italiani che la compongono sono pertanto chiamati a mantenere l’impegno assunto con il giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana di osservare lealmente le leggi dello stato e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al proprio ufficio, primo fra tutti l’obbligatorietà dell’azione penale. Secondo l’Eurispes, l’Autorità Giudiziaria ha pertanto il diritto e ancor prima l’obbligo, nell’assoluta autonomia rispetto agli altri poteri dello Stato ed a prescindere dalla volontà dei due soldati, di processare Salvatore Girone e Massimiliano La Torre trattenendoli nel territorio dello Stato italiano fin quando non sia completato il pieno accertamento dei fatti loro addebitati e tale esercizio della giurisdizione non trova e non può trovare limite negli impegni assunti autonomamente dal potere esecutivo. Qualora l’Autorità Giudiziaria dovesse consentire ai due Marò di rientrare in India rinuncerebbe di fatto all’esercizio della propria giurisdizione e all’obbligatorietà dell’azione penale, tradendo il proprio giuramento di fedeltà alla Repubblica e negando in radice il significato stesso di quella formula “nel nome del popolo italiano” che presiede e precede l’esercizio autonomo e indipendente del potere affidato dalla Carta Costituzionale ai Magistrati. L’Eurispes nei prossimi giorni lancerà una campagna di informazione a sostegno dell’idea che i Marò debbano restare in Italia. |