Rapporto Italia 2013 | 25a edizione
I sondaggi sul lavoro, le famiglie e le istituzioni |
Il Rapporto Italia 2013 | L’Italia del presentismo |
Alla Biblioteca Nazionale di Roma, la presentazione del Volume costruito anche quest’anno attorno a sei dicotomie e 60 schede fenomenologiche |
Secondo il Presidente dell’Eurispes, Prof. Gian Maria Fara: «Il Paese è completamente ripiegato sul suo presente. Si è operato affidandosi al giorno per giorno, con risposte parziali, spesso improvvisate, con misure utili al massimo a tamponare qualche falla. Il nostro ormai è un Paese prigioniero del suo presente e il “presentismo” è diventato la nostra filosofia di vita. Sono anni che l’Eurispes cerca di richiamare l’attenzione sui diversi problemi, sulle urgenze, sulle fragilità strutturali del Paese ed insieme sulle attese, sulle aspirazioni e sui bisogni che il corpo sociale andava via via segnalando. L’Italia è al centro di una crisi insieme politica, economica e sociale, ed è costretta a fare i conti con le proprie contraddizioni, con i propri ritardi, il proprio endemico conservatorismo. Ma la nostra è una emergenza innanzi tutto etica. Ci eravamo illusi che la crisi altro non fosse che una condizione passeggera invece siamo di fronte ad un doloroso e veloce declino che non è più una tesi, ma un dato di fatto. L’Istituzione, strumento virtuoso del patto sociale, è cresciuta fuori di ogni controllo in pervasività e numerosità. Si è autoalimentata erodendo gli spazi della società civile, svuotando di ruolo i corpi intermedi, burocratizzando ogni possibile istanza o iniziativa». «Anche – e soprattutto – per questo, siamo di fronte – secondo Fara – ad una insoddisfazione che non ha precedenti nella storia recente italiana. Per la prima volta, dopo la sfiducia che gli italiani manifestano nei confronti del Governo, del Parlamento e dei partiti, crollano gli indici di fiducia anche nella Presidenza della Repubblica. Un dato preoccupante, che contribuisce ad aumentare la già profonda distanza tra i cittadini e le Istituzioni italiane. L’aver delegato ad un Governo tecnico la guida del Paese non ha prodotto risultati positivi né per il Presidente della Repubblica che ha ispirato e gestito l’operazione, né per il Parlamento e i partiti ai quali probabilmente viene imputata una fuga dalle responsabilità di fronte alla crisi. Una pressione fiscale insopportabile e iniqua, la disoccupazione alle stelle, la perdita del potere d’acquisto, i ceti medi sulla via della proletarizzazione, l’aumento della povertà e del disagio, la precarietà globale di un’intera generazione rappresentano solo alcune delle emergenze». «Il nostro futuro – sottolinea il Presidente dell’Eurispes – doveva essere l’Europa. Con l’introduzione dell’Euro ci accorgemmo immediatamente che la moneta era sì la stessa, ma che le economie erano diverse. Improvvisamente eravamo diventati i nuovi poveri dell’Europa, che aveva ufficializzato di avere anch’essa, e non solo geograficamente, il suo Sud: noi. Poi è arrivato lo spread ci siamo resi conto di portare in tasca una moneta senza Stato e senza una banca centrale di riferimento, e che per averla avevamo ceduto giorno per giorno, silenziosamente, porzioni importanti della nostra sovranità. Di fronte all’inadeguatezza della politica nel gestire la crisi e con la caduta del governo Berlusconi, invece di portare rapidamente il Paese alle elezioni ci è stato regalato un Governo tecnico che ha fatto, con il sostegno dei partiti, ciò che questi ultimi da soli non avevano il coraggio di fare, una ferrea politica di austerità. Tutto nel nome dell’Europa con la direzione di Bruxelles e, soprattutto, di Berlino. Lo spread e la direzione d’orchestra tedesca stanno deprimendo l’economia continentale e quella italiana in particolare e i contraccolpi cominciano a farsi sentire anche in Germania, visto che la produzione tedesca deve molto al mercato interno europeo e a quello italiano in particolare, considerata la nostra esterofilia. Ci siamo consegnati all’utopia degli Stati Uniti d’Europa, convinti di costruire l’Europa dei popoli, una nuova grande entità politica ed economica e non possiamo accettare la possibilità che questa si riduca ad essere l’Europa della finanza, dei banchieri, dell’euro e di una burocrazia totalmente autoreferenziale, grigia e impersonale. Il problema, forse al momento sottovalutato, è che non si può costruire una federazione di Stati, una unità politica e amministrativa attraverso decisioni di vertice, senza mettere in discussione i fondamentali della democrazia. È proprio su questi temi che si giocherà il futuro del sogno». «Per far quadrare i conti – prosegue il Presidente Fara– abbiamo sottoposto il Paese e gli italiani ad un salasso senza precedenti; “tagliare” è diventata l’unica parola d’ordine anche se secondo noi sarebbe più corretto e opportuno parlare di “riqualificazione della spesa”. Sperperare è esecrabile, ma essere costretti a sostare per giorni e giorni in un corridoio d’ospedale adagiati su una barella in attesa di un posto letto, non è degno di un paese civile. Il dibattito corrente è dominato dal tema dell’impoverimento del Paese, che è figlio naturale del declino italiano. Ma la ricchezza di una popolazione è fatta di due grandezze: una è il fondo, lo stock, di ricchezza; l’altra, è il flusso di nuova ricchezza. L’impoverimento italiano sta nel combinato disposto tra i movimenti opposti e fuori sincronia di queste due forme di ricchezza. Il nostro Paese conserva lo stock di ricchezza e lo impiega in forme che non creano sviluppo, ma contribuiscono a portare nuove risorse e ad autoalimentare lo stock di ricchezza, deprimendo sempre più crescita e sviluppo». «Per sbloccare il Paese occorre una nuova ingegneria di produzione della ricchezza che, faccia leva sulle imprese più dinamiche (le medie e le start-up soprattutto), che favorisca, anche attraverso la messa a punto di misure fiscali di favore, il trasferimento patrimoniale inter-generazionale, che ridisegni le direttrici di allocazione della spesa pubblica. Così come occorre una seria politica di redistribuzione della ricchezza insieme alla soluzione dei problemi che ci affliggono da sempre: burocrazia, giustizia, ricerca, istruzione e formazione, infrastrutture solo per segnalare alcune emergenze. Questo a nostro parere sarebbe il modo migliore per cominciare ad abbattere le cause profonde della disoccupazione e dell’impoverimento nazionale. L’Italia, nonostante le sue gravi difficoltà, ha le risorse umane, culturali ed economiche per uscire dalla crisi. Si tratta semplicemente, elementarmente, di superare la subcultura del “presentismo”. Quello che servirebbe – conclude il Presidente dell’Eurispes – è una classe dirigente all’altezza delle sfide che il Paese ha di fronte. Ma da solo, l’impegno della classe dirigente non è sufficiente. Per il cambiamento sono indispensabili l’impegno e la partecipazione dei cittadini. Di tutti i cittadini… Perché, come sappiamo, le rivoluzioni nascono e si affermano prima di tutto “in interiore homine”. Dentro ciascuno di noi».
Queste alcune delle indicazioni che emergono dal Rapporto Italia 2013. Il Rapporto, con le sue 1.000 pagine, è stato costruito, come di consueto, attorno a sei dicotomie, illustrate attraverso altrettanti saggi accompagnati da sessanta schede fenomenologiche e presentato alle Autorità e alla stampa, presso la Sala Conferenze della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Le dicotomie tematiche individuate per il Rapporto Italia 2013 sono:
DUBBIO/CERTEZZA • FINANZA/ECONOMIA • DENTRO/FUORI REALTÀ/RAPPRESENTAZIONE • VECCHIEZZA/GIOVINEZZA • CRESCITA/SVILUPPO
L’indagine condotta quest’anno ha toccato le tematiche e i fenomeni correlati a ciascuna delle sezioni che compongono il Rapporto i quali hanno stimolato il più recente dibattito e l’interesse dell’opinione pubblica. In particolare, hanno partecipato e contribuito a delineare il quadro degli orientamenti presenti nella compagine della nostra società 1.500 cittadini. La rilevazione è stata effettuata nel periodo tra il 21 dicembre 2012 e il 4 gennaio 2013.
La condizione economica delle famiglie
Una visione assai fosca e pessimista della condizione economica del Paese accompagna l’inizio del 2013: è opinione diffusa che la situazione economica italiana sia peggiorata negli ultimi 12 mesi e che l’anno che ci attende non vedrà miglioramenti, anzi sarà peggiore. Parallelamente, il disagio economico delle famiglie si è aggravato (indica questa condizione il 70% degli italiani). Il ricorso ai propri risparmi per far fronte alla crisi e la sindrome della quarta settimana (quando non della terza) riguardano ormai 3 italiani su 5; nella maggior parte dei casi risparmiare qualcosa è impossibile (79,2%). Aumenta il numero di quanti negli ultimi tre anni hanno dovuto far ricorso ad un prestito bancario (35,7%; +9,5% rispetto allo scorso anno) per pagare debiti accumulati (62,3%) o per saldare altri prestiti precedentemente contratti con altre banche o finanziare (44,4%), ma che evidentemente i contraenti non sono riusciti a saldare.
Italia: tra crisi e deboli speranze. Secondo la rilevazione dell’Eurispes, l’80% dei cittadini è convinto che la situazione economica generale sia peggiorata negli ultimi dodici mesi (per il 61,5% “nettamente” e per il 18,5% in parte); tuttavia il dato nella rilevazione dello scorso anno si attestava al 93,6%. Parallelamente, la quota di chi pensa che la situazione sia migliorata (nettamente o in parte) passa dall’1,4% del 2012 al 10,9% di quest’anno. Il futuro che ci aspetta. La maggior parte degli italiani (52,8%) sono convinti che la situazione economica del Paese subirà un peggioramento nei prossimi 12 mesi, in molti sono sicuri che rimarrà stabile (27,9%) e solo 1 italiano su 10 indica un sicuro miglioramento. Gli imprenditori in particolare rappresentano la categoria più pessimista e sfiduciata nel futuro economico del nostro Paese che con il 65,5% di indicazioni di un peggioramento staccano di oltre 10 punti percentuali tutte le altre categorie. Nel 2012, 7 italiani su 10 (70%) hanno visto peggiorare la situazione economica personale (per il 40,2% di molto, per il 33,3% in parte). Sono davvero pochi coloro che hanno visto la propria situazione migliorare, appena il 4,8% (lievemente 3,9%, e molto 0,9%). Risparmi intaccati e indebitamento. Il 60,6% degli italiani, 3 su 5, rivelano di essere costretti a intaccare i propri risparmi per arrivare alla fine del mese; il 62,8% ha grandi difficoltà ad affrontare la quarta (quando non la terza) settimana; il 79,2% non riesce a risparmiare, questo vuol dire che solo 1 su 5 riesce a mettere qualcosa da parte. Risparmio: cambierà qualcosa? Quando viene chiesto ai cittadini se ritengano di riuscire a risparmiare qualcosa nei prossimi dodici mesi, due su tre rispondono naturalmente di no, che probabilmente (36,7%) o certamente (30%) non riusciranno a risparmiare alcunché, mentre il 27,4% ritiene che nel 2013 riuscirà ad alimentare i propri risparmi, di questi ultimi ne è totalmente sicuro però solo il 5,7%, mentre il 21,7% non ne è del tutto certo. Nella spirale del prestito. Circa un terzo del campione ha chiesto un prestito bancario negli ultimi tre anni (35,7%), un dato in aumento rispetto alla rilevazione dello scorso anno di 9,5 punti percentuali. Le categorie più bisognose di aiuti finanziari sono quelle con contratti a tempo determinato (atipico o subordinato), in particolare il popolo della partita Iva (44,2%), contro il 35,2% dei lavoratori subordinati a tempo indeterminato. Ben il 62,3% dei prestiti è stato chiesto per pagare debiti accumulati e il 44,4% invece per saldare altri prestiti precedentemente contratti con altre banche o finanziare, ma che evidentemente i contraenti non sono riusciti a saldare. Appare evidente come la spirale che si innesca è sintomatica della crisi che l’Italia sta affrontando e che attanaglia i cittadini in una condizione di disagio profondo dalla quale sembra non vi sia altra via d’uscita se non quella di alimentare l’indebitamento. Il 27,8% di chi chiede un prestito lo fa per acquistare una casa, il 22,6% per coprire le spese mediche e non manca chi vi ha fatto ricorso per potersi permettere una vacanza (5%) o per far fronte ad un evento come il matrimonio, un battesimo, una cresima, ecc. (13,1%).
Vite low cost: i consumi al tempo della crisi
La perdita del potere d’acquisto è una realtà per 7 italiani su 10 e per far fronte alle difficoltà economiche, in maniera più diffusa rispetto alle precedenti rilevazioni dell’Eurispes, si taglia su tutte le voci di spesa e si modifica la quotidianità, tanto che uscire, andare a cena o al cinema sono per molti un lusso. Nel 30,9% dei casi si è fatto ricorso al credito al consumo nell’ultimo anno (nella precedente rilevazione la percentuale era del 25,8%), ma il bisogno di liquidità delle famiglie fa emergere un fenomeno diffuso e preoccupante: il 28,1% degli italiani si è rivolto ad un “compro oro”, con una vera e propria impennata rispetto all’8,5% registrato lo scorso anno. Parallelamente cresce il rischio usura rispetto al numero di quanti hanno chiesto denaro in prestito a privati (non parenti o amici) non potendo accedere a prestiti bancari (dal 6,3% al 14,4%).
Vivere in tempi di crisi. Il 73,4% degli italiani nel corso dell’ultimo anno ha constatato una diminuzione del proprio potere d’acquisto: il 31% molto, il 42,4% abbastanza. Il 22,2% ha riscontrato in misura contenuta una riduzione del proprio potere d’acquisto e solo il 4,4% per niente. La situazione di sofferenza delle famiglie si riversa sui consumi: si taglia sui pasti fuori casa (86,7%) e sui regali (89,9%), si acquistato più prodotti in saldo (88,5%), ci si rivolge ai punti vendita più economici per l’acquisto di vestiti (85,5%). In molti decidono di non spendere per viaggi e vacanze (84,8%) e di cambiare marca di un prodotto alimentare se più conveniente (84,8%). Nel’83,5% dei casi le famiglie hanno deciso di ridurre le spese per il tempo libero insieme a quelle per estetista, parrucchiere, articoli di profumeria (83,1%) e quelle per gli articoli tecnologici (81,9%). Il 72,6% ha cercato punti vendita economici per l’acquisto di prodotti alimentari; nel 2012 riferiva di averlo fatto un ben più contenuto 52,1%. Molti acquistano prodotti online per ottenere sconti ed aderire ad offerte speciali (58,4%) e hanno ridotto le spese per la benzina usando di più i mezzi pubblici (52,2%). Nel 40,6% dei casi i tagli hanno interessato le spese mediche, mentre il 38,4%, si è rivolto al mercato dell’usato (il 21,5% un anno fa). Come cambia la vita quotidiana. Nella quasi totalità dei casi le abitudini degli italiani si sono modificate limitando le uscite fuori casa (91,8%, in forte aumento rispetto al 73,1% registrato un anno fa). Numerosissimi sono anche coloro che, invece di andare al cinema, scelgono di guardare i film in dvd o in streaming (82,2%, a fronte del ben più contenuto 56,5% di un anno fa) e quelli che sostituiscono sempre più spesso la pizzeria/ristorante con cene a casa tra amici (77,2%, contro il 56,7% dello scorso anno). Più della metà del campione ha preso l’abitudine di portarsi il pranzo da casa nei giorni lavorativi (54,9%), mentre il 44,1% va più spesso a pranzo/cena da parenti/genitori (erano il 35,4% un anno fa). Credito al consumo. Il 30,9% degli italiani nel corso degli ultimi 12 mesi ha fatto acquisti facendo ricorso a forme di pagamento rateizzate nel tempo (ad eccezione del mutuo). Il dato risulta in crescita rispetto al 25,8% registrato nella rilevazione dello scorso anno. Pagherò… I beni o servizi per i quali risulta più consistente la quota di italiani che ha fatto ricorso al pagamento rateizzato sono in primo luogo gli elettrodomestici (49,9%, la metà di chi è ricorso al credito al consumo) e le automobili (46,4%); seguono computer e telefonini (37,6%, in aumento rispetto al 25,6% dello scorso anno). Il 27,6% ha pagato a rate oggetti di arredamento o servizi per la casa, il 24,4% cure mediche (in aumento rispetto al 17,6% del 2012). Risulta meno frequente l’acquisto rateizzato di moto/scooter (9,7%), viaggi e vacanze (9,1%, in crescita rispetto al 2,6% del 2012), beni alimentari (8,9%; nel 2012 era solo l’1,6%), vestiario e calzature (6,7%, ma era solo l’1,6% un anno fa). In cerca di liquidità: in vertiginoso aumento il fenomeno dei compro oro. Tra i tanti segnali di affanno dei cittadini se ne evidenzia uno drammatico: nel corso dell’ultimo anno il 28,1% degli italiani si è rivolto ad un “compro oro”, con una vera e propria impennata rispetto all’8,5% registrato lo scorso anno. Il rischio di cadere nelle maglie dell’usura. Sono meno numerosi coloro i quali ammettono di aver chiesto denaro in prestito a privati (non parenti o amici) non potendo accedere a prestiti bancari: 14,4% e, tuttavia, sono più che raddoppiati rispetto al 6,3% rilevato un anno fa. Si tratta di un segnale d’allarme poiché in questa categoria si nascondono i casi di vera e propria usura. Lavori informali per arrotondare. Il 26,8% del campione ha svolto servizi presso conoscenti per incrementare le proprie entrate (assistenza ad anziani, sartoria, babysitter, vendita di oggetti autoprodotti, pulizie, giardinaggio). Ben il 44,1% di chi cerca nuova occupazione riferisce di aver svolto servizi presso conoscenti per arrotondare (assistenza ad anziani, sartoria, babysitter, vendita di oggetti autoprodotti, pulizie, giardinaggio, ecc.); la percentuale raggiunge il 36% tra gli studenti, il 29,8% tra chi cerca la sua prima occupazione, il 28,2% tra le casalinghe, un non trascurabile 24,4% tra gli occupati ed il 12,9% tra i pensionati. Vendesi… online. Il 28% ha venduto beni/oggetti su canali online di compravendita (ad esempio e-Bay); nel 2012 lo aveva fatto solo il 12,4%.
L’imposizione fiscale. Il punto di vista degli Italiani
In molti (41,7%) indicano un netto aumento del carico fiscale nell’ultimo anno. Quasi l’80% dei cittadini sarebbe a favore di una riduzione delle tasse per ridare vita all’economia di consumo e alla vita delle imprese. Il 75,4% non ritiene giusta l’introduzione dell’Imu. Aumento delle pensioni minime (89,1%), politiche di sostegno alle imprese (87,7%), investimenti in ricerca e sviluppo (87,4%), riforma della legge elettorale e introduzione dei meccanismi di redistribuzione della ricchezza (85,3%), rientro dei capitali dall’estero (84,4%), maggiori tutele per i lavoratori (83,5%), modifica dei meccanismi di accesso al credito (81,5%) sono gli interventi che quasi tutti gli italiani attuerebbero se fossero alla guida del Paese e che, quindi, chiedono al governo che si insedierà dopo le prossime elezioni.
Il carico fiscale che ha gravato sulle spalle delle famiglie nell’ultimo anno risulta, rispetto al precedente, nettamente aumentato per il 41,7% degli italiani e un po’ aumentato per il 27,5% degli stessi. A non trovare alcuna differenza è il 13,8%, mentre il carico fiscale è rispettivamente diminuito leggermente e nettamente per il 5,5% e il 5,2%. Ici-Imu, cambia la dicitura, la tassa resta. Caldeggiata dall’Europa, poi criticata perché nata troppo in fretta e ritenuta indice di una maggiore iniquità sociale, ha lasciato scontenti la maggior parte degli italiani: infatti il 75,4% non la ritiene giusta nell’attuale contesto economico (il 56,1% “per niente e il 19,3% “poco”). Gli effetti della riduzione delle tasse secondo gli italiani. Il 45,8% sostiene che diminuire l’importo delle tasse da pagare equivarrebbe a “mettere più soldi nelle tasche dei cittadini, rilanciando conseguentemente i consumi”. Un terzo (33,5%) ritiene che minori tasse darebbero un impulso all’economia e alle imprese. Quasi l’80% dei cittadini sarebbe dunque a favore di una riduzione delle tasse per ridare vita all’economia di consumo e alla vita delle imprese, mentre soltanto il restante 20% circa è del parere che la tassazione sia un tassello fondamentale all’interno del sistema economico, capace di snellire il debito pubblico e fornire un livello qualitativo adeguato per i servizi offerti dallo Stato ai propri cittadini (il 12% afferma che la riduzione delle tasse avrebbe la conseguenza di far aumentare il peso del debito pubblico e l’8,7% paventa una minore qualità dei servizi pubblici). Al posto loro… Immaginando di potersi sostituire al Premier e ai Ministri dopo l’insediamento del nuovo Governo, quali misure adotterebbero gli italiani per alleviare il momento di forte complessità che il Paese sta vivendo? Aumenterebbero le pensioni minime (89,1%), attuerebbero nuove politiche di sostegno alle imprese (87,7%), aumenterebbero gli investimenti in ricerca e sviluppo (87,4%), cambierebbero la legge elettorale e introdurrebbero meccanismi di redistribuzione della ricchezza (85,3%), favorirebbero il rientro dei capitali dall’estero (84,4%), introdurrebbero maggiori tutele per i lavoratori (83,5%), modificherebbero i meccanismi di accesso al credito (81,5%), aumenterebbero la pressione fiscale sul sistema bancario (62,4%), introdurrebbero il patrimoniale (61,3%) e solo circa un terzo del campione perseguirebbe sulla linea imposta da Monti (32,4%). La propensione al voto. Dal 2004 al 2013 il dato di persone che dichiarano di votare “sempre” è progressivamente diminuito, raggiungendo proprio nel 2013 il suo minimo storico: scendendo di oltre 7 punti percentuali, meno del 77% degli intervistati dichiara, infatti, di votare sempre. Entrando più nello specifico, chiedendo quindi agli intervistati se intendono recarsi alle urne alle prossime elezioni politiche, si osserva come il dato scende: 73,2% rispetto ai 76,9%. Infine, oltre il 60% degli italiani si dichiara favorevole all’introduzione delle primarie come strumento per scegliere il proprio leader di riferimento.
Il lavoro: il vero timore degli italiani
Raccomandati per cercare un lavoro, stressati nella maggior parte dei casi (solo l’8% non si sente mai “pressato” dal lavoro) e in alcuni a casi addirittura mobbizzati (23,5%), soprattutto dai superiori (87,6%). Nel clima di grande incertezza provocato dalla crisi, i lavoratori si dicono sfiduciati sul proprio futuro economico e professionale. Oltre la metà del campione afferma di non essere più in grado con il proprio lavoro di sostenere adeguatamente il proprio nucleo familiare (53,5%) o di sostenere spese importanti come l’acquisto di una casa o una macchina (61,3%), né tanto meno si sente di poter fare progetti per il futuro (64,1%).
L’intramontabile pratica della “raccomandazione”. Il 27% di chi ha un lavoro dichiara di averlo trovato tramite una candidatura spontanea, e il 21% ammette di essere dovuto ricorrere alla “raccomandazione”, solo il 9,1% si è rivolto a un Centro per l’impiego (4%), o a un Agenzia per il lavoro (5,1%).
Il lavoro e lo stress. Solo l’8 dichiara di non essere sottoposto alla “pressione” di eventi psicologici a causa del lavoro, il restante 92%, seppur con modalità e intensità differenti, al contrario, riconosce sintomi di stress derivanti dal lavoro e dalle mansioni che svolge. Il 59,5% solo qualche volta, il 21,9% spesso, mentre il 10,6% addirittura sempre. Tra le principali fonti di stress dichiarato dal campione, al primo posto troviamo le scadenze e le pressioni sui tempi di consegna (59,5%), segue la mancanza di tempo da dedicare a se stessi (51,7%), e i carchi eccessivi di lavoro (51,5%). Ma anche l’assenza di stimoli professionali può provocare disagio (50,5%). Al contrario, la precarietà lavorativa (28%), i rapporti con i colleghi (27,8%), la scarsa copertura previdenziale e assicurativa (25,2%), e, da ultimo, l’irregolarità nei pagamenti (24,7%), non vengono percepiti come fattori particolarmente critici. “Mobbizzati”… Il mobbing è un fenomeno che, da semplice forma di repressione nei confronti di un lavoratore, si è ormai delineato come problematica complessa e il 23,5% degli occupati intervistati ne riconosce i sintomi, dichiarando di aver subìto almeno una volta forme di sopruso o persecuzione da parte del datore di lavoro. E “mobizzatori”. I principali responsabili di azioni di mobbing sono, per la grande maggioranza dei casi, i superiori (87,6%). Questo tipo di mobbing, definito verticale, è il più frequente ma, allo stesso tempo, non andrebbe sottovalutata l’alta percentuale di quanti si ritengono vittime dei propri colleghi (39,2%). Si tratta del cosiddetto mobbing orizzontale o trasversale che – attraverso atti o pratiche dei pari grado – tende ad isolare il lavoratore. La crisi economica e il lavoro. Alla domanda sulla possibilità di fare progetti, il 64,1% risponde negativamente (24,5% per niente; 39,6% poco) e solo il 35,8% si mostra più ottimista. Ciononostante, il timore di dover cercare una nuova occupazione non appare particolarmente diffuso; infatti, il 64,9% dichiara di essere poco/per niente “costretto a cercare un’altra occupazione”. Quasi due terzi dei lavoratori (61,3%) afferma che l’attuale occupazione non permette loro di sostenere spese importanti quali l’accensione di un mutuo, o l’acquisto di un’automobile (22,2% per niente; 39,1% poco). La famiglia d’origine resta rifugio e fonte di sostentamento per quasi il 30% dei lavoratori (chiede abbastanza aiuto alla famiglia il 19,6%, molto aiuto l’8,6%). Il 53,5% afferma di non essere più in grado di sostenere adeguatamente il proprio nucleo familiare (37,1% poco; 16,4% per niente). Questioni di etica nella società: come vivere e morire
Favorevoli nella larga maggioranza dei casi al divorzio breve, alla pillola abortiva, alla tutela delle coppie di fatto, alla fecondazione assistita, all’eutanasia e al testamento biologico gli italiani mostrano di essere “un passo avanti” rispetto alle leggi vigenti nel nostro Paese su questi importanti temi e sui quali, invece, la politica si divide.
Questione… di diritti. Gli italiani in favore dell’introduzione del divorzio breve sono passati dall’82,2% del 2012 all’attuale 86,3%. La tutela giuridica delle coppie di fatto ottiene il 77,2% dei consensi. Quando, poi, ci si sofferma sulla nascita di una nuova vita, la maggior parte degli italiani si dichiara favorevole alla fecondazione assistita: ben il 79,4% si dimostra propenso ad individuare ulteriori possibilità per realizzare il desiderio di maternità. Di contro, anche l’eventuale interruzione di una gravidanza, attraverso la somministrazione della pillola abortiva registra un aumento dei consensi: dal 58% dello scorso anno all’attuale 63,9%. Questione… di etica. Tra il 2012 e il 2013 aumenta il numero di quanti si dichiarano favorevoli all’eutanasia dal 50,1% all’attuale 64,6%. Al suicidio assistito – che determina la fine della vita con l’intervento di un medico anche in assenza di malattie – è contrario il 63,8% degli italiani (lo scorso anno era convinto di questo il 71,6%), ma ottiene comunque il favore del 36,2% (contro il 25,3% del 2012). Il testamento biologico registra un aumento di consensi oltre dieci punti percentuali: dal 65,8% del 2012 al 77,3% del 2013. No a caccia e vivisezione. Il forte rifiuto verso la vivisezione – 87,3% dei contrari (86,3% nel 2012) – dimostra ancora una volta la particolare sensibilità e il rispetto nei confronti degli animali. Diminuisce, in parallelo, l’opinione favorevole degli italiani sulla caccia (dal 21,4% del 2012 al 19,9% del 2013), considerata in maniera negativa nell’80,1% dei casi. Il profilo del vegetariano. Il 6% degli italiani ha fatto la scelta di diventare vegetariano (4,9%) o vegano (1,1%). Pur essendo un segmento minore rispetto al 94% che persegue l’alimentazione completa, è in aumento di due punti percentuale rispetto alla rilevazione dello scorso anno. Sono soprattutto le donne ad essere disposte a praticare questo stile di vita, in virtù di una più spiccata sensibilità per gli animali (il 66,7% vs 30,8% degli uomini), mentre gli uomini scelgono di essere vegetariani o vegani per il benessere fisico e della salute (42,3% vs 28,2% delle donne). La passione degli italiani per le tecnologie fra tradizione e modernità
I risultati dell’indagine su media e tecnologie dipingono un Paese in parte diviso tra vecchio e nuovo, tra chi sposa rapidamente le nuove modalità di fruizione ed i nuovi strumenti messi a disposizione dal progresso e chi rimane prevalentemente legato alla tradizione. Se pc, Internet e cellulari sono ormai entrati in quasi tutte le case, non si può negare che la televisione, oggetto di tanto allarmismo e tanti elogi funebri, rimane il mezzo più diffuso e popolare. La Rete non è solo entrata a rapidi passi in tutte le case, è riuscita a penetrare inarrestabilmente nelle giornate e nelle abitudini di ciascuno di noi. I Social Network hanno preso in parte il posto dei “vecchi” forum, luoghi di confronto a tema, più limitati e meno accattivanti, dei Blog, e persino delle classiche chat. Proprio perché riuniscono tutte queste funzioni in un unico mezzo e anche molto di più.
Tra tv e cellullare. Tra le apparecchiature prese in esame, quelle il cui utilizzo risulta maggiormente diffuso tra i cittadini italiani sono il telefonino (solo il 5,1% non lo usa mai) e la Tv (il 7,3% non la guarda). Un italiano su 4 (25,5%), invece, non ascolta mai la radio; meno della metà degli intervistati usa il lettore Dvd (il 56,9% mai). La maggioranza degli intervistati non utilizza il lettore MP3/iPod (64,5%), la console per videogiochi (70,6%), l’iPad/tablet (73,2%) e, nonostante la recente diffusione, l’E-Book (80,3%). La frequenza di utilizzo dei singoli apparecchi. Nell’arco della giornata, il primato spetta alla Tv, guardata per più di 4 ore al giorno dal 15,5% del campione e da 2 a 4 ore dal 27,8%; il 31,6% la guarda invece da 1 a 2 ore. Segue, ad una certa distanza, il cellulare, per il quale prevale un consumo giornaliero fino ad un’ora (54,9%). Va però sottolineato che un cittadino su 10 (10,8%) lo usa addirittura più di 4 ore al giorno ed il 9,2% da 2 a 4 ore. Per la radio prevale un consumo contenuto: il 42,2% la ascolta fino ad un’ora al giorno, il 17,5% da una a due ore, il 7,5% da 2 a 4, il 7,3% più di 4; in questo caso il consumo è strettamente legato allo stile di vita. I mezzi di informazione. Per quanto riguarda il quotidiano tradizionale, oltre un terzo del campione (37,9%) afferma di non comprarlo mai, il 26,1% raramente, il 16,9% qualche volta, l’8,5% spesso, solo un soggetto su 10 tutti i giorni (10,5%). Quasi la metà (48,1%) guarda il telegiornale tutti i giorni; il 23,1% spesso, il 15,4% qualche volta, l’8,8% raramente e solo il 4,7% mai. Il 18,1% ascolta il giornale radio tutti i giorni, il 18,3% spesso, ma prevalgono coloro che lo fanno qualche volta (22,5%), raramente (17,2%) e mai (23,9%). Il 22,3% legge i quotidiani online tutti i giorni, il 21,8% spesso, il 22,8% qualche volta, il 16,5% raramente, solo il 16,5% mai. È degna di nota anche la quota di chi legge almeno un Blog: l’11,1% tutti i giorni, il 16,9% spesso, il 25,7% qualche volta. Questo strumento di informazione sull’attualità si affianca ai quotidiani veri e propri ed arricchisce il ventaglio dell’offerta. Il 51,9% utilizza la televisione come mezzo principale per tenersi informato. Al secondo posto, con un forte divario, si collocano i quotidiani online, preferiti dal 18,1%. Il 10,9% sceglie Blog e altri siti Internet d’informazione, il 9,4% si affida in primo luogo ai quotidiani cartacei, l’8,1% alla radio, solo l’1,6% alla free press. Telefono cellulare. La quasi totalità del campione (98,9%), prevedibilmente, utilizza la funzione base ed originaria del telefonino, cioè fare e ricevere chiamate, ed è di poco inferiore la quota di chi invia e riceve sms (92%). La maggioranza degli italiani usa il cellulare anche per fare foto/filmati (59,5%), il 44,1% lo usa per inviare/ricevere foto/video, il 40,1% le applicazioni, il 39% per navigare su Internet, oltre un terzo per lavorare (37,3%) e per ascoltare la musica (37%). Un terzo (32,2%) gioca col telefono, il 29,7% usa i Social Network. I libri. Il 22,9% degli intervistati, quasi uno su 4, afferma di non aver letto nessun libro nel corso dell’ultimo anno. Fra chi ha invece risposto positivamente, – il 77,1% del campione – prevale chi ha letto da 1 a 3 libri (35,9%); il 16,9% ne ha letti da 4 a 6, l’11,1% da 7 a 12, il 13,1% più di 12. La quota di donne che non leggono mai durante l’anno è decisamente più contenuta rispetto a quella maschile: 16,2% contro 29,9%. Nella Rete. L’utilizzo più frequente di Internet da parte degli utenti abituali è la ricerca di informazioni di loro interesse, (97,4%). Di poco inferiore è la quota di chi invia e riceve mail (94,1%). La maggioranza del campione usa i Social Network (71,9%), fa acquisti online (63,4%), guarda filmati su YouTube (60,6%). Quasi la metà degli intervistati legge un Blog (49,3%), il 45,2% chatta, il 40,6% gioca con i videogiochi online, il 38,3% scarica musica/film/giochi/video, il 35,6% legge e scrive su un forum. I Social Network. Facebook si conferma con ampio margine il Social Network più diffuso anche in Italia: lo usa il 97,3% dei navigatori che partecipano a Social Network. Twitter si conferma al secondo posto usato da quasi un soggetto su 3 (31,7%). Al terzo posto si classifica Linkedin (16,1%), meno diffuso è Pinterest (4,5%). Facebook viene utilizzato soprattutto per guardare le attività e le foto dei propri amici (lo fa la quasi totalità degli iscritti: 91,2%) e per tenersi in contatto con i propri amici attraverso commenti (89,1%). Il 69,2% condivide le proprie foto ed i propri video, il 68,1% chatta con gli amici, il 68,1% si tiene aggiornato su eventi/incontri, il 60,4% guarda ed ascolta video, il 57% condivide link, musica e video. Più della metà dei partecipanti si iscrive a pagine su personaggi e argomenti di suo interesse (55,5%), conosce nuove persone (54,8%) e condivide sulla propria bacheca quel che pensa e che fa (52,2%). Gli utenti di Twitter usano questo Social soprattutto per leggere quel che scrivono i personaggi di loro interesse (83,3%); il 74,9% legge quel che scrivono i suoi amici. La maggioranza si tiene aggiornata sulla politica e l’attualità (65,1%), risponde ai tweet degli amici (63,6%), scrive cosa pensa (61,2%), condivide link, articoli, siti (51,9%). Quasi la metà degli iscritti a Twitter conosce anche persone nuove (49%); il 40% condivide le proprie foto e video. Meno frequente è l’abitudine di rispondere ai tweet dei personaggi celebri (36,4%). Il commercio on-line. Il 57% dei navigatori abituali è iscritto ad almeno un gruppo d’acquisto. In particolare, il 29,6% ha fatto anche concretamente acquisti attraverso uno di questi gruppi, il 27,4% si è invece fermato all’iscrizione senza fare acquisti. I prodotti/servizi più acquistati tramite gruppi online sono i pasti (pranzi, cene, aperitivi), comprati dalla metà di chi ha fatto acquisti; seguono apparecchiature tecnologiche (41,2%), trattamenti estetici e pacchetti benessere (40,3%), viaggi (39,2%). Il 26% ha acquistato biglietti per spettacoli/mostre, il 20,3% visite mediche, il 17,5% corsi, il 17,1% prodotti alimentari. Il 17,3% ha comprato altri prodotti/servizi. Gli incontri. Oltre un terzo di chi naviga (34,8%) ha incontrato dal vivo una persona conosciuta su Internet. Il 38,3% è diventato amico di qualcuno conosciuto su Internet, mentre il 16,9% riferisce di aver avuto una storia d’amore con una persona conosciuta in Rete.
Animali domestici, i più cari amici di sempre
Neanche in tempi di crisi gli italiani rinunciano ad avere tra le mura domestiche un animale con cui condividere il tempo quotidiano. Anzi, è in aumento il numero di chi destina un posto della propria “tavola” o del divano ad un amico animale.
Più della metà delle famiglie, il 55,3%, ha in casa uno o più animali domestici, un dato in netta crescita rispetto al 2012 quando la percentuale si attestava al 41,7% (+13,6). Confrontando i risultati della rilevazione dello scorso anno, scopriamo che sono aumentati di 3,5 punti percentuale gli italiani che hanno in casa un animale, passando dal 29,8% dello scorso anno al 33,3% del 2013. L’aumento risulta ancora più consistente, quasi il doppio rispetto al 2012, se si considera il caso di chi ha più di un animale all’interno del proprio nucleo familiare, passando dall’11,9% dell’anno appena trascorso al 22% del 2013, con una differenza di 10,1 punti percentuale. Cani e gatti i più amati. L’animale più diffuso nelle case degli italiani è il migliore amico dell’uomo, il cane, presente nelle dimore del 55,6% degli italiani, seguito al secondo posto dal gatto (49,7%). Pet-cost: curati e coccolati. Il 46,7% di chi possiede un animale riesce a sopperire ai bisogni dei cuccioli con meno di 30 euro al mese. Quasi un terzo del campione (il 32,7%) spende invece per il sostentamento dei propri animali domestici da 30 a 50 euro al mese e il 13,6% da 51 a 100 euro. Il 4,9% li coccola e li accudisce al meglio, viziandoli anche un po’, spendendo da 101 a 200 euro al mese, lo 0,7% affronta una spesa che varia da 201 a 300 euro mensili e l’1,4% destina più di 300 euro delle proprie risorse economiche al proprio beniamino. Nella maggior parte dei casi (52,6%) la spesa per l’alimentazione degli animali si attesta meno di 30 euro al mese; nel 31,6% dei casi varia dai 30 a 50 euro. L’11% dei “padroni” spende invece da 51 a 100 euro, il 3,5% da 101 a 200 euro, lo 0,2% da 201 a 300 euro e l’1,1% più di 300 euro al mese. Prendendo in considerazione un arco temporale non più mensile ma annuale, scopriamo che la maggior parte di chi ha un animale in casa spende meno di 100 euro l’anno per veterinari e medicinali (63,8%), il 24,3% spende da 101 a 200 euro, il 7,7% da 201 a 300 euro e il 4,2% più di 300 euro. La toelettatura dei propri animali può essere affidata a centri specializzati ma avviene spesso che gli stessi proprietari decidano di occuparsene in prima persona, quest’ultima è scelta preferita dal 65,2% che afferma di non spendere nulla per la toletta dei propri animali. Il 34,8% invece si rivolge a specialisti per le operazioni necessarie alla corretta pulizia dei propri cuccioli: il 19,3% lo fa spendendo fino a 50 euro l’anno, il 10,1% spendendo da 51 a 100 euro, il 3% da 101 a 150 euro e il 2,4% oltre i 150 euro di budget. La vanità degli esseri umani coinvolge anche gli animali per mano dei loro padroni. Ed ecco che per rendere i loro amici animali più fashion si acquistano gadget pensati esclusivamente per loro: il 34,7% spende fino a 50 euro l’anno per l’acquisto di abitini, collari e accessori, il 6,3% spende da 51 a 100 euro, l’1,6% rispettivamente da 101 a 150 euro e più di 150 euro, mentre il 55,8% fa volentieri a meno di questi acquisti. Fonte: www.eurispes.eu Vai al Rapporto integrale
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