Outlet Italia. Cronaca di un Paese in (s)vendita | Eurispes UIL-PA
COMUNICATO STAMPA
OUTLET ITALIA. CRONACA DI UN PAESE IN (S)VENDITA
Vendute, ricomprate, spesso passate da una proprietà all’altra, da un paese all’altro. È la storia di molti marchi d’eccellenza nati in Italia, ma che di italiano oggi hanno ben poco. Lo studio sulla vendita di aziende simbolo del Made in Italy, che Uil Pubblica Amministrazione ed Eurispes hanno deciso di realizzare consapevoli della criticità del momento storico nel quale viviamo, vuole stimolare l’attenzione e la riflessione del sistema politico e istituzionale su un tema forse per troppo tempo trascurato ma che sarà decisivo per il futuro stesso del nostro Paese.
Sono state identificate quelle aziende fondate in Italia, simbolo della nostra migliore produzione artigianale e che hanno vissuto momenti di successo e di crisi, fino a cambiare proprietà e bandiera. Un database che raccoglie una selezione di 130 importanti marchi che soprattutto negli ultimi 20 anni per motivazioni differenti hanno registrato cambiamenti nella proprietà.
La lettura dei dati raccolti nel database è affrontata prendendo in considerazione le quattro macro aree del Made in Italy: alimentare-bevande (43), automazione-meccanica (16), abbigliamento-moda (26) e arredo-casa (9); sono state registrate altre 36 aziende nella categoria “altro”, riguardanti i comparti della chimica, edilizia, telecomunicazioni, design, energia e gas, ecc.
«Molte delle nostre migliori realtà imprenditoriali – spiega Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes – sono state schiacciate dalla congiuntura economica negativa, unita all’iperburocratizzazione della macchina amministrativa, a una tassazione iniqua, alla mancanza di aiuti e di tutele e all’impossibilità di accesso al credito bancario. L’intreccio di tali fattori ha inciso sulla mortalità delle imprese creando una sorta di mercato “malato” all’interno del quale la chiusura di realtà imprenditoriali importanti per tipologia di produzione e per know-how si è accompagnata spesso a una svendita (pre o post chiusura) necessaria di fronte all’impossibilità di proseguire l’attività.
L’afflusso di capitali esteri nel nostro Paese non è quindi avvenuto secondo le normali regole di mercato e le aziende si sono dovute piegare a una vendita “sottocosto” rispetto al loro reale valore. E per quanto ci si sforzi di imputare al mercato globalizzato tutte le colpe di una simile situazione, è ormai chiaro che qualcosa non quadra e che i conti di certo non tornano. Come non torna l’assenza dello Stato e della politica e, insieme, di quella classe dirigente generale che non ha preso una posizione forte rispetto al progressivo sfaldamento della nostra economia preferendo un atteggiamento silenzioso, e per questo in qualche modo complice. Nonostante si parli ormai da anni della vendita a prezzi stracciati del “prodotto Italia”, infatti, nessuno ha mai voluto davvero dire la verità e cioè che nulla è stato fatto per contrastare lo stato delle cose.
In più, occorre sottolineare come si assista di frequente a un’altra deriva particolarmente preoccupante. Spesso le nostre aziende vengono acquistate da altre aziende di paesi stranieri, vengono svuotate dei macchinari e del know-how, e mai riaperte. Anzi – aggiunge il Presidente dell’Eurispes – un’azienda può vivere la strana condizione di soggetto “perennemente sul mercato” poiché la proprietà passa da un’azienda all’altra, da una società all’altra, da un paese all’altro, in un giro vorticoso che lascia quanto meno perplessi dal punto di vista della trasparenza. D’altra parte, in un mercato globalizzato all’interno del quale la lotta diventa ogni giorno più dura e senza esclusione di colpi, la concorrenza non si fa più solo attraverso l’innovazione di processo e di prodotto, ma anche o forse soprattutto, attraverso l’eliminazione dell’avversario diretto acquistandone l’azienda e dismettendone la produzione».
«All’interno di un sistema finanziario sempre più immateriale e senza patria – sottolinea Benedetto Attili, Segretario Generale UIL-PA – diventa ancora più arduo ricostruire l’origine e i percorsi dei capitali impiegati così come dei vari interessi a essi riconducibili. È certo però che questi interessi, il più delle volte, non corrispondano a vere vocazioni imprenditoriali, ma siano organizzati secondo la logica del massimo profitto.
La svendita della nostra rete produttiva quindi ci impoverisce sia dal lato economico – poiché siamo costretti giocoforza a vendere a un prezzo inferiore rispetto a quello reale – sia per la perdita di asset immateriali, a volte di difficile quantificazione economica, perché vengono meno la tradizione, l’esperienza e la storia insita in ciascuna delle aziende di cui ci priviamo. In questo senso, va ricordato che la nostra imprenditoria è fatta di imprese, costruite nel corso degli anni esaltando il concetto di qualità. Non solo. Accanto a questi problemi non si può tacere sulla condizione nella quale versano migliaia di lavoratori che si ritrovano in cassaintegrazione e, probabilmente invano, attendono la possibilità di un reintegro a ogni nuovo cambio di proprietà. E neanche è più possibile sottacere il dramma di quanti si sono trovati improvvisamente senza lavoro e senza alcuna tutela. Sempre sul versante dell’occupazione – conclude il Segretario Generale UIL-PA –, quello che può accadere è purtroppo che, rilevata un’azienda che prima produceva in Italia, si trovi più conveniente delocalizzare la produzione in paesi con minor costo del lavoro, meno barriere burocratiche, ma anche normative assai diverse dalla nostra sia sul piano della sicurezza sul lavoro sia su quello della tutela della salute dei consumatori. Le conseguenze di ciò sono ben note: perdita di posti di lavoro, di personale specializzato e, inevitabilmente, abbandono degli standard di qualità del prodotto».
Di seguito alcuni esempi della storia delle più importanti aziende italiane vendute all’estero.
Gusto all’italiana: il settore agroalimentare
Un settore di particolare interesse per gli investitori esteri è sicuramente quello dell’alimentare-bevande. Molti sono i marchi di prodotti rinomati della cucina italiana attualmente di proprietà straniera; curiosamente alcuni sono passati da una proprietà all’altra per poi tornare italiani. Il fenomeno della (s)vendita delle aziende italiane alimentari inizia a partire dagli anni Settanta.
Unilever. È nel 1974 che la Unilever, multinazionale anglo-olandese, attualmente quarta azienda del largo consumo in Italia con un giro d’affari di 1,4 miliardi acquisisce la Algida, fondata a Roma nel 1945 da Italo Barbiani, attualmente una delle eccellenze del portafoglio di marchi della multinazionale. Sempre nel settore dei gelati acquisisce la Sorbetteria Ranieri, ormai chiusa da 10 anni. Ma la Unilever acquista nel corso degli anni marchi storici italiani anche in altri settori del mercato alimentare: nel settore del riso acquisisce la Riso Flora, azienda specialista del Riso Parboiled nata sul finire degli anni Sessanta (riacquistata successivamente dalla Colussi); nel settore dell’olio invece acquista nel 1993 la Bertolli, azienda alimentare fondata nel 1865 a Lucca specializzata nel settore dell’olio d’oliva, in seguito ceduta al Gruppo spagnolo Deoleo SOS; infine, nel settore confetture e conserve acquisisce la Santa Rosa, azienda nata a Bologna nel 1968 produttrice di confetture e conserve di pomodoro, la quale tuttavia ritorna ad essere italiana insieme a Pomodorissimo nel 2011, grazie alla loro acquisizione da parte di Valsoia, società bolognese fondata nel 1990 specializzata nella produzione di alimenti vegetali e salutistici.
Kraft Foods. La più grande azienda alimentare dell’America settentrionale e la seconda multinazionale alimentare al mondo, acquista inizialmente diverse realtà italiane del settore lattiero-caseario: nel 1984 l’azienda Fattorie Osella, nata nel 1925 presso Caramagna in Piemonte e nel 1985 il marchio Invernizzi, rivenduto nel 2003 alla francese Lactalis. Successivamente, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, acquisisce diverse aziende fondamentali nei settori dei salumi e della pasta: la Negroni, azienda cremonese produttrice di salumi fondata a Cremona nel 1907 (tornata italiana nel 2002 grazie al Gruppo Veronesi), il marchio Simmenthal, fondato nel 1923 a Monza, e il Gruppo Fini, fondato a Modena nel 1912 specializzato nella produzione di pasta ripiena e salumi. In seguito, ognuna di queste tre società tornerà ad essere italiana. La Kraft nel 1992 infatti acquista la Splendid, marchio di caffè espresso fondato a Torino nel 1969 presso la torrefazione Società Generale del Caffè, già rilevata nel 1972 dall’americana Procter&Gamble; nel 2007 acquisisce la Saiwa, marchio alimentare fondato a Genova nel 1900 specializzato in cracker, patatine e biscotti, dopo che era passata sotto il controllo della multinazionale americana Nabisco nel 1965 e successivamente, nel 1989, del francese Gruppo Danone.
Nestlé. L’azienda svizzera, la più grande al mondo nel settore alimentare, amplia la sua presenza in Italia già nell’immediato dopoguerra acquistando nel 1948 la Maggi, nota per i dadi e l’omonimo brodo, mentre nel 1961 acquisisce la Locatelli, azienda di prodotti caseari nata nel 1860 e rivenduta alla Lactalis nel 1998, e La Gragnanese, azienda specializzata nella produzione di conserve vegetali. Nel 1988 acquista il Gruppo Buitoni, quattro anni dopo essere passato sotto il controllo della CIR di De Benedetti. Per quanto riguarda il settore dolciario, fondamentale è l’acquisto nel 1988 della Perugina, nata a Perugia nel 1907, marchio storico di prodotti dolciari italiani conosciuto in tutto il mondo grazie soprattutto al famoso Bacio Perugina. Nel settore della salumeria acquisisce Vismara, nata a Casatenovo nel 1898 e specialista del prosciutto cotto e del prosciutto crudo stagionato (passata poi alla Ferrarini). Le acquisizioni continuano nel settore dell’olio d’oliva con l’inglobamento della Sasso, azienda nata a Oneglia nel 1860, la quale, dopo essere passata alla Nestlé, torna ad essere italiana nel 2003 con la sua acquisizione da parte dell’azienda ligure Minerva Oli S.p.A., la quale però diventerà spagnola nel 2005 perché acquistata a sua volta dalla Deoleo, mentre nel settore della pasta la Nestlé acquista Pezzullo, il pastificio nato a Eboli nel 1940, ma anch’esso come la Buitoni viene acquisito dal Gruppo TMT nel 2005. Nel settore dei sughi e delle conserve la più importante acquisizione da parte della Nestlé è quella riguardante la Berni (oggi Co.Pad.Or.), azienda specializzata nella produzione e nella grande distribuzione di mostarde, di vegetali sottaceto e di aceti speciali a marchio Louit Frères, sottoli, salse, sughi, passate, e della nota linea di prodotti Condiriso, Carciofotto e Condipasta. Nel 1993 la Nestlé acquisisce tramite privatizzazione la Italgel, azienda italiana nata nel 1960 e specializza nel settore della pasticceria e alimenti surgelati, proprietaria dei marchi Gelati Motta, Valle degli Orti, Surgela, la Cremeria, Maxicono, Marefresco, Voglia di Pizza, Oggi in Tavola, Antica Gelateria del Corso, il Gruppo Dolciario Italiano e il marchio Alemagna, i quali torneranno nel 2009 ad essere italiani con il loro acquisto da parte della Bauli. Infine, nel 1998 è il turno del settore bevande, e quindi della Sanpellegrino, azienda nata nel 1899 a San Pellegrino Terme e specializzata nella produzione di acqua minerale e bibite analcoliche, acquisita insieme ai suoi marchi Levissima, Panna, Recoaro, Pejo, San Bernardo, la Claudia.
Bsn-Gervais-Danone. Durante gli anni Ottanta e Novanta la Kraft e la Nestlé anche il Gruppo francese Bsn-Gervais-Danone acquisisce marchi importanti dell’industria alimentare italiana come la Saiwa, la Galbani, acquisita nel 1989 e rivenduta nel 2002 al fondo di private equity BC Partners che a sua volta la cede al Gruppo francese Lactalis nel 2006; il marchio Agnesi, il più antico pastificio d’Italia nato nel 1824 nella provincia di Imperia, progressivamente inglobato dalla Bsn-Gervais Danone tra gli anni Ottanta e Novanta per poi essere riacquistato nel 1999 dal Gruppo italiano Colussi. Il settore maggiormente interessato dalla politica di acquisizioni aziendali della Bsn-Gervais Danone è quello delle bevande analcoliche: nel 1987 il Gruppo francese acquisisce il Gruppo Sangemini-Ferrarelle, comprendente i marchi Sangemini, Ferrarelle, Fabia, Boario, Fonte di Nepi. Oggi il Gruppo è passato all’italiana Italacqua.
Sperlari. Nel 1982 la Pernigotti cede la Sperlari alla multinazionale statunitense Heinz, che nel 1993 la cede a sua volta alla Hershey Foods Corporation. Nel 1997 la Sperlari viene nuovamente venduta alla finlandese Huhtamaki OYJ e nel 1999 passa all’olandese CSM NV. Attualmente la Sperlari, insieme alle italiane Saila, Dietorelle, Dietor e Galatine, fa parte della Leaf Italia S.r.l., società controllata dall’olandese Leaf International BV, azienda leader del mercato delle caramelle in Svezia, Olanda, Finlandia e Belgio e al secondo posto in Norvegia, Danimarca e Italia.
Martini & Rossi. Nel 1993 il Gruppo Bacardi, produttore e distributore statunitense di alcolici, soprattutto rum, acquisisce la Martini & Rossi, azienda fondata nel 1863 a Torino, leader nel settore italiano di aperitivi e spumanti e famosa in tutto il mondo per i suoi prodotti che vanno dal vermut ai vini liquorosi, dallo spumante al gin, dal calvados al cognac e alla vodka, dando vita al Gruppo Bacardi-Martini.
Cinzano. Nel 1992 la Cinzano, azienda produttrice di alcolici specializzata in vermouth e spumanti con origini antichissime, risalenti al 1568, viene acquistata dalla “International Distillers Vintners” del Gruppo americano Grand Metropolitan, tornando italiana nel 1999 con il Gruppo Campari.
Vecchia Romagna. Anche il marchio Vecchia Romagna passa nelle mani della Grand Metropolitan durante i primi anni Novanta, ma anch’esso tornerà ad essere italiano, entrando a far parte dal 1999 del Gruppo Montenegro.
Caffarel. Nel 1997 la svizzera Lindt&Sprüngli, multinazionale specializzata nella produzione di cioccolato di lusso, acquisisce la Caffarel, azienda dolciaria fondata nel 1826.
Stock S.p.A. Nel 1995 la Stock, storica azienda triestina di liquori e distillati nata nel 1884, diventa di proprietà della tedesca Eckes AG, società leader in Germania nella produzione e distribuzione di alcolici e succhi di frutta. Successivamente, nel 2008 la società tedesca cede la Stock al fondo di investimento statunitense Oaktree Capital Management, che comunica nel 2012 la chiusura dello storico stabilimento triestino dell’azienda per trasferire la produzione nella Repubblica Ceca.
Lactalis. La multinazionale francese Lactalis, gruppo industriale operante nel settore lattiero-caseario, con le acquisizioni dell’ultimo decennio è riuscita a raggiungere una posizione di quasi monopolio nel settore lattiero-caseario italiano. Già nel 1998 la multinazionale francese inizia la scalata del settore comprando la Locatelli dalla Nestlé; sempre dalla Nestlé, acquista nel 2003 la Invernizzi; nel 2005 acquista la Cademartori, uno dei marchi più antichi tra i formaggi italiani, da un altro grande Gruppo francese, Fromageries Bel, entrato in possesso dell’azienda nel 1994, diventando così in quegli anni il secondo operatore del settore in Italia dopo la Galbani. Ma proprio l’anno successivo all’acquisizione della Cademartori, nel 2006, la Lactalis ingloba anche la Galbani, ceduta dal fondo di private equity BC Partners; infine, nel 2011 conquista l’83% dell’intero Gruppo Parmalat diventando così leader mondiale nel settore dei latticini con un fatturato di 14,7 miliardi di euro, superando la Nestlé (10 miliardi) e la Danone (9,7 miliardi).
Deoleo S.A. Anche l’azienda spagnola Deoleo S.A. è molto attiva negli anni Duemila, tanto che le acquisizioni di questo periodo le permetteranno di raggiungere una quota fondamentale del mercato dell’olio d’oliva a livello mondiale, pari al 22%, e una posizione dominante nel mercato italiano, con una quota del 50% nel settore dell’olio d’oliva e del 33% in quello extravergine: nel 2005 il Gruppo spagnolo acquisisce la Minerva oli S.p.A. e quindi il prestigioso marchio Sasso; nel 2006 la Carapelli, dal 2002 in mano ai fondi di investimento italiani B&S Private Equity Group, Arca Imprese Gestioni S.n.c. e Monte dei Paschi di Siena Venture; nel 2008 acquisisce il marchio internazionale Bertolli unitamente alle licenze per la produzione di olio e aceto balsamico e i marchi Maya, Dante e San Giorgio.
Birra Peroni. Nel 2003 la Birra Peroni S.p.A., nata a Vigevano nel 1846, comprendente i marchi Peroni e Nastro Azzurro, entra a far parte del colosso sudafricano SABMiller plc, tra i più grandi produttori di birra al mondo con oltre 200 marchi e circa 70.000 dipendenti in 75 paesi.
Scaldasole. Nel 2005 la Scaldasole, azienda simbolo della cultura biologica in Italia, in mani straniere già dal 1995 quando viene acquistata dalla statunitense Heinz attraverso la sua controllata Plasmon, azienda leader degli omogeneizzati e dei biscotti per neonati, viene comprata dal Gruppo francese Andros, il quale nel 2007 amplia ulteriormente la sua presenza in Italia acquistando anche Solo Italia, azienda nata negli anni Novanta e specializzata nel settore dei dessert freschi.
Star. Nel 2006 la Star, azienda alimentare brianzola fondata nel 1948 specializzata nella produzione di ragù e brodi e proprietaria di diversi marchi come Pummarò, Sogni d’oro, GranRagù Star, Orzo Bimbo, Risochef, Mellin, viene acquistata dalla spagnola Gallina Blanca del Gruppo Agrolimen.
Italpizza. Nel 2008 la Italpizza, azienda modenese fondata nel 1991 e specializzata in pizza surgelata, viene ceduta alla multinazionale inglese del settore dei congelati Bakkavor Acquisitions Limited.
Delverde Industrie Alimentari. L’argentino Molinos Rio de la Plata, uno dei Gruppi alimentari maggiori del Sud America, leader nel settore della soia, acquista nel 2008 una quota di minoranza di Delverde Industrie Alimentari S.p.A, pastificio fondato nel 1967 presso Fara San Martino in provincia di Chieti, per poi rilevare nel 2009 il 99,5% dell’azienda italiana.
Eridania. Il 49% delle quote di Eridania Italia S.p.A., la più grande società saccarifera italiana fondata nel 1899 a Genova, viene acquistato nel 2011 dalla francese Cristalalco Sas, gruppo operante nel settore dello zucchero, dei prodotti alcolici, dell’alimentare e dei cosmetici.
Norcineria Fiorucci. Nel 2011 la Norcineria Fiorucci, azienda nata nel 1850 e specializzata in salumi, pasta, formaggi e aceto balsamico, dopo aver ceduto nel 2005 il 65% delle partecipazioni al fondo statunitense Vestar, viene venduta al Gruppo spagnolo Campofrio Food.
Ruffino e Gruppo Gancia. La Ruffino, azienda fondata nel 1877 e produttrice di vini di grande qualità esportati in tutto il mondo, vende progressivamente le proprie quote dal 2004 alla multinazionale americana Constellation Brands; il controllo del Gruppo Gancia passa invece nelle mani della multinazionale russa, leader nel mercato della vodka, Russian standard corporation.
Casa Nova. L’azienda vinicola Casa Nova presso Greve, tra Firenze e Siena, una delle 600 aziende socie (di cui, attualmente, due terzi sono di proprietà straniera occidentale e pochissime sono rimaste toscane) del Chianti Classico Gallo Nero, è acquistata da un imprenditore della farmaceutica originario di Hong Kong, che ha voluto mantenere segreta l’identità.
Motori di lusso e non solo; il settore dell’automazione e della meccanica
Le macchine e le moto da corsa italiane, così come i veicoli eleganti o sportivi, hanno da sempre affascinato gli appassionati di tutto il mondo. Se nell’immaginario collettivo i motori efficienti ed eleganti Made in Italy sono sinonimo di raffinatezza e qualità, volendo approfondire che cosa racchiude il settore dell’automazione-meccanica, si scopre un mondo fatto di tecnologia, innovazione e cura del dettaglio di cui il comparto veicoli, prestigiosissimo, è solo la sua manifestazione più accentuata. È proprio per le peculiarità tecniche della progettazione e della realizzazione dei loro prodotti che le aziende italiane suscitano l’interesse degli imprenditori stranieri, a partire dagli anni Ottanta.
Zanussi. Nel 1984 l’azienda, fondata a Pordenone nel 1916, e tra le migliori nella produzione degli elettrodomestici in Europa, viene acquistata dal Gruppo svedese Electrolux. L’acquisizione permise a Electrolux di applicare economie di scala più sensibili, ampliando la gamma di prodotti commercializzati e acquisendo una posizione predominante in Europa e in Italia all’interno del settore. Con questa operazione la Electrolux arriva anche al marchio Rex, creato nel 1933 all’interno della Zanussi e infine i marchi italiani acquisiti dalla Zanussi tra il 1967 e il 1970: Becchi, Zoppas e Castor.
F.I.V.E. Bianchi S.p.A. L’azienda milanese, conosciuta in particolar modo per la qualità delle bici da corsa prodotte, utilizzate soprattutto dai grandi campioni del passato come Girardengo, Gimondi e Coppi, viene acquisita nel 1997 dalla Cycleurope A.B., compagnia svedese appartenente al Gruppo Grimaldi, riconosciuta come la più importante holding mondiale nel settore ciclismo.
Pirelli Optical Technologies. La Pirelli & C. S.p.A. vende nel 2000 questa divisione specializzata nella produzione di componenti ottici, alla statunitense Corning Incorporated, impresa produttrice di vetro, ceramiche, materiali per impiego industriale e scientifico, mentre nel 2005 cede la Pirelli Cavi alla banca statunitense Goldman Sachs, la quale, successivamente all’acquisizione, cambia il nome della società in Prysmian.
Saeco. Alla fine degli anni Ottanta, la proprietà dell’azienda produttrice di macchine per caffè e distributori automatici fondata nel 1981 a Bologna, passa all’uomo di affari austro-statunitense Gerhard Andingler per poi essere riacquistata dai vecchi proprietari e da altri partner italiani nel 1993. Nel 2004 le quote di maggioranza vengono acquisite dalla francese Pai Partners, che rivenderà l’azienda nel 2009 all’olandese Royal Philips Electronics, tra le più importanti al mondo nel settore dell’elettronica e leader in Europa nella produzione di macchine da caffè, con una quota di mercato del 30%.
Cantiere del Pardo. Uno dei marchi storici della vela italiana, costruttore di imbarcazioni apprezzate in tutto il mondo come icone del design Made in Italy, fondato a Bologna nel 1974, viene acquistato nel 2011 dal Gruppo tedesco Bavaria insieme al marchio Grand Soleil e la francese Dufour, posseduta dall’azienda bolognese. Il primo luglio di quest’anno il Gruppo tedesco ha ufficialmente messo in vendita la prestigiosa azienda italiana.
Gruppo Ferretti. La partecipazione straniera nel capitale sociale del Gruppo nato nel 1968 a Bologna risale al 1998. Da questo punto in poi il Gruppo Ferretti, la holding industriale italiana famosa in tutto il mondo, gioiello mondiale dell’ingegneria e delle competizioni sportive navali, ha subito continui cambiamenti di proprietà. L’ultimo nel 2012, quando il 75% delle quote azionarie passa al colosso cinese SHIG-Weichai Group, e le restanti quote vengono ripartite tra la RoyalBank of Scotland (12,5%) e il fondo di investimento statunitense Strategic Value Partners LLC (12,5%).
Atala. La famiglia Rizzato, fondatrice di Atala, azienda di biciclette e motocicli di piccola cilindrata creata nel 1921 a Monza dovette cedere la propria azienda nel 2002. In una prima fase rimane italiana, sotto la proprietà di un gruppo di imprenditori milanesi della Banca Antonveneta. Ma nel 2005 il 50% delle azioni vengono acquistate dalla turca Bianchi Bisiklet, a sua volta inglobata nel 2011 dal Gruppo olandese Accell e rinominata Accell Bisiklet. Il restante 50% delle azioni rimane tuttora in mani ad azionisti italiani che gestiscono l’azienda in piena autonomia.
Dytech-Dynamic Fluid Technologies S.p.A. La storica impresa piemontese è attiva nel settore della progettazione, produzione e vendita di componenti automobilistici, specialmente per la gestione dei fluidi vanta un fatturato di 312 milioni di euro, 3.300 dipendenti in tutto il mondo, ed è presente in Brasile, Argentina, Tunisia, Turchia, Russia, Serbia, Cina. L’azienda viene acquisita nel 2013 dai giapponesi della Tokai Rubber Industries Ltd.
Ducati Motor Holding S.p.A. La casa motociclistica italiana, tra le più famose al mondo, riesce a rimanere italiana fino al 1996 quando viene acquistata dal fondo di investimenti americano Texas Pacific Group. La Ducati torna ad essere italiana nel 2005 grazie all’acquisizione delle quote di maggioranza da parte di Investindustrial Holding S.A., ma nel 2012 la società Audi AG del Gruppo tedesco Volkswagen assorbe definitivamente l’azienda.
Lamborghini. Uno dei prodigi ingegneristici italiani, nato negli anni Sessanta viene ceduto verso la fine degli anni Ottanta, in seguito alla crisi del petrolio e dell’industria dell’automobile, alla statunitense Chrysler, per poi diventare indonesiana dal 1994 al 1998 e infine essere acquisita dal Gruppo tedesco della Volkswagen.
La moda, il lusso e lo stile italiano
Il settore della moda e del lusso Made in Italy ha da sempre contribuito a diffondere nel mondo l’immagine della produzione industriale italiana creativa e di qualità. Simboli di eleganza, raffinatezza e di una lavorazione artigianale, gli abiti e gli accessori di moda realizzati dalle grandi maison o dalle prestigiose aziende italiane sono diventati oggetto di interesse di grandi gruppi stranieri. Le operazioni di cessione dei brand, a parte qualche caso registrato nei primi anni Novanta, sono avvenute in maniera più continuativa a partire dai primi anni del Duemila, e con un enfasi ancora maggiore dal 2010 a oggi.
Fiorucci. Nel 1990 la giapponese Edwin International acquista l’azienda di abbigliamento, jeans e abiti per il tempo libero Fiorucci, inaugurata nel 1967 e capace, grazie anche al design e alla creatività di un brand fresco e giovane, di innovarsi e di farsi apprezzare a livello mondiale.
Mila Schön. La società giapponese Itochu Corporation, tra le imprese a più alto fatturato riconosciute nella rinomata lista Fortune Globe 500 nel 2013, rileva nel 1992 l’italiana Mila Schön un piccolo atelier d’Alta Moda inaugurato nel 1958 a Milano. E poi ancora: Conbipel (passato nel 2007 agli statunitensi dell’Oaktree Capital Management), Sergio Tacchini (2007 ai cinesi dell’Hembly International Holdings), Fila (2007 ai sudcoreani di Fila Korea), Belfe e Lario (2010 ai sudcoreani di E-Land), Mandarina Duck (2011 ai sudcoreani di E-Land), Coccinelle (2012 ai sudcoreani di E-Land), Safilo (2010 agli olandesi della Hal Holding), Ferrè (2011 ai francesi del Paris Group International), Miss Sixty-Energie, Lumberjack e Valentino S.p.A. (passate tutte nel 2012 al Crescent Hidepark con sede a Singapore).
Gruppo Kering. Il Gruppo Kering-ex PPR fondato nel 1963 da François Pinault, inizialmente impegnato nella produzione di materiali da costruzione e che dalla metà degli anni Novanta diventa uno degli attori di maggior rilievo nel settore della distribuzione. La multinazionale si fa notare per l’acquisto di prestigiosi marchi italiani. Nel 1999 preleva la casa di moda Gucci, nata a Firenze nel 1921 e specializzata in pelletteria artigianale. Nel 2001 il Gruppo Gucci rileva Bottega Veneta, famosa in tutto il mondo per la creazione di beni di lusso caratterizzati da creatività, artigianalità e alta qualità. Un altro brand di successo oggi in mano al Gruppo Kering è Brioni, azienda romana leader nell’abbigliamento maschile su misura di qualità e successo in tutto il mondo. Nel 2013 il Gruppo Kering diventa l’azionario di maggioranza della Pomellato, al 4° posto nel panorama europeo gioielli-making presente nel mondo con 80 monomarca e circa 600 punti vendita.
Lvmh Moët Hennessy-Louis Vuitton. Diretto concorrente è il Gruppo Lvmh che dal 1987 ha registrato una crescita esponenziale, conseguenza di una strategia di sviluppo del marchio e dell’espansione della propria rete di vendita internazionale. Tra i settori del Gruppo Lvmh di interesse del fenomeno oggetto di esame vi sono quelli della moda e pelletteria, orologi e gioielli, selettivamente del comparto moda e lusso. Il leader mondiale del lusso nel suo processo di internazionalizzazione negli anni ha rilevato importanti griffe della moda. Tra i più recenti e rinomati si ricorda nel 2000 l’acquisto dell’azienda del Marchese Emilio Pucci di Barsento, stilista dell’elegante abbigliamento femminile. L’anno successivo è la volta della maison di moda di lusso Fendi, creata nel lontano 1925 da due artigiani pellettieri romani, rinomata per la qualità e il design delle borse e delle pellicce e acquistata da una joint venture paritetica fra la Lvmh appunto e il Gruppo Prada. Gli ultimi anni sono caratterizzati da due importanti acquisti da parte del Gruppo Lvmh. La storica azienda orafa fondata nel lontano 1884 da Sotirio Bulgari in via Dei Condotti a Roma, viene rilevata nel 2011 dal Gruppo Lvmh con un’operazione dal valore di circa 4,3 miliardi di euro. Nel luglio del 2013 il Gruppo Lvmh rileva il celebre marchio del cachemire Loro Piana per due miliardi di euro. L’azienda familiare ha ceduto l’80% delle sue quote al Gruppo francese, conservando una partecipazione nella società pari al 20% e mantenendo le funzioni alla guida dell’azienda.
La raffinatezza dell’arredamento affascina gli imprenditori del mondo
Le acquisizioni per il settore manifatturiero dell’arredo-casa riguardano soprattutto i sotto-settori della ceramica, dell’illuminazione, e dei mobili da cucina, tre dei comparti di maggior eccellenza del Made in Italy. Negli anni Novanta le acquisizioni più importanti coinvolgono la Pozzi-Ginori, la Ceramica Dolomite e le Ceramiche Senesi, mentre più recente (2013) la cessione in mani straniere del Gruppo Marrazzi, leader internazionale nel settore delle piastrelle di ceramica.
Per quanto riguarda il settore dei mobili da cucina, nel 2009 il sammarinese Gruppo Colombini, leader in Italia nel settore delle camere singole, acquisisce la partecipazione totalitaria di Febal Cucine S.p.A. e di Rossana RB S.r.l., due dei più importanti marchi italiani per notorietà.
Infine, nel settore dell’illuminazione da design è l’olandese Royal Philips Electronics ad aggiudicarsi due delle migliori aziende italiane del settore, sia dal punto di vista tecnico che artistico: nel 2009 la Ilti Luce S.r.l., fondata a Torino nel 1989, che in pochi anni diviene leader nell’applicazione delle tecnologie luminose Led all’architettura d’interni; nel 2010 la Luceplan, fondata nel 1978 con sede a Milano, uno dei marchi icona del design italiano da illuminazione.
Secondo il Presidente dell’Eurispes: «Sembra che il nostro Paese faccia di tutto per negare il proprio valore e che a noi manchino il gusto e il piacere di sentirci italiani, sottovalutando quelle prerogative che ci distinguono. Si è esaurita la spinta che aveva consentito alle generazioni precedenti di trasformare un Paese arretrato, agricolo, in una moderna democrazia industriale, sia pure segnata da ritardi e contraddizioni. E nello stesso tempo, non siamo stati capaci di raccogliere l’eredità, consolidarne i risultati e utilizzarli come piattaforma per il raggiungimento di nuovi traguardi, per la messa a punto di un nuovo progetto. Abbiamo pensato, stoltamente, che si potesse vivere di rendita all’infinito in un mondo in continuo mutamento. E così ci siamo fatti trovare impreparati dalle nuove sfide economiche e dai cambiamenti epocali. Ma anche questo, se si guarda alla storia più o meno recente, è tipico del nostro Paese e della sua classe dirigente».
«Nonostante i problemi e le difficoltà, l’Italia continua a essere un grande incubatore di eccellenze e le nostre aziende, sia pure nuotando controcorrente, riescono a farsi valere anche in campo internazionale. Ma questa capacità, per quanto performante, deve essere accompagnata e sostenuta attraverso una serie di azioni che creino intorno alle nostre imprese le migliori condizioni di crescita, di sviluppo e di proiezione verso l’esterno.
Occorre – secondo il Segretario Generale della UIL-PA – una rete di servizi di qualità che, al di fuori di ogni spirito protettivo di carattere pubblico, ponga le nostre imprese nella condizione di potersi confrontare ad armi pari almeno con quelle degli altri paesi europei. Non si tratta quindi di immaginare una nuova “stagione assistenzialista” alla quale destinare risorse che, tra l’altro, neppure ci sono. Ma di rendere più efficiente la rete di servizi frammentata e autoreferenziale, che pure esiste a livello centrale e periferico, attraverso una profonda riforma che ne riqualifichi la prospettiva».