Cyberbullismo, l’Indagine nelle scuole della Sardegna. I risultati

L’indagine conoscitiva sul Cyberbullismo nelle scuole della Sardegna realizzata dall’Eurispes, con il contributo dell’Assessorato Regionale alla Programmazione e al Bilancio, e grazie alla preziosa collaborazione dell’Assessorato Regionale alla Pubblica Istruzione, ha avuto il non facile compito di offrire alla società civile, alla comunità scolastica, agli esperti del settore, alle Istituzioni e ai decisori politici, le coordinate necessarie alla riflessione e alla programmazione degli interventi relativi all’universo giovanile.

I giovani, oggi, nascono già immersi nella tecnologia e vivono in totale sintonia con gli strumenti di comunicazione.

Un ambiente così caratterizzato incide profondamente su tutti gli aspetti del vivere quotidiano: cambia il linguaggio, cambiano i tempi e insieme anche il modo di apprendere e di conoscere.

L’attuale società, basata sulla tecnologia, crea grandi opportunità, a patto, ovviamente, che venga fatto un uso consapevole e corretto degli strumenti a disposizione dei ragazzi.

I nuovi mezzi di comunicazione possono infatti generare problemi collegati proprio al loro utilizzo, che vanno necessariamente analizzati.

Comunicare, attraverso le tecnologie, consente ai ragazzi di interfacciarsi fra di loro a distanza e in forma anonima, con tutte le conseguenze, anche negative, che possono crearsi sulla formazione della personalità degli adolescenti. Oggi, ci si interroga sempre di più sulle possibili conseguenze che lo sviluppo tecnologico-scientifico può avere sulla vita dei giovani.

Infatti, la distanza e l’anonimato possono generare comportamenti, i cui effetti contrastano con i princìpi che sono alla base del convivere civile, come il Principio di Responsabilità, secondo il quale «ogni persona si impegna a rispondere, a qualcuno o a sé stessa, delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano».

In questo contesto, tali condizioni possono rendere i ragazzi insensibili alle sofferenze altrui, in quanto l’assenza della percezione del danno causato dalle proprie azioni, li porta ad ignorare gli effetti negativi sul vissuto dell’altro.

La tecnologia consente, infatti, ai cosiddetti bulli di infiltrarsi nelle case altrui, di materializzarsi in ogni momento della vita della vittima prescelta, perseguitandola con i nuovi strumenti high-tech e dando così vita al fenomeno del Cyberbullismo.

La legge 29 maggio 2017, n.71, volta a prevenire il Cyberbullismo in Italia, presenta il fenomeno in maniera dettagliata, riferendosi a «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione e trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online, aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore, il cui scopo intenzionale e predominante è quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo».

Le conseguenze psicologiche per chi è vittima di atti di Cyberbullismo sono facilmente deducibili, e spaziano dalla vergogna e dall’imbarazzo all’isolamento sociale della vittima, senza tralasciare, oltre a varie forme depressive, attacchi di panico e atti estremi come le azioni suicidarie o autolesioniste.

A seguire una sintesi dei risultati. L’indagine in versione integrale e visualizzabile online al seguente link  https://eurispes.eu/ricerca-rapporto/indagine-sul-cyberbullismo-nelle-scuole-della-sardegna-2022/
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Lo scopo della ricerca

Considerato che la scuola rappresenta uno dei luoghi in cui gli atti di bullismo si ripetono con maggiore frequenza, l’Eurispes, mediante questa indagine, ha inteso fornire un quadro aggiornato e il più completo possibile del problema, anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie e dei docenti.

Gli insegnanti affrontano ogni giorno situazioni conflittuali tra gli alunni, di fronte alle quali è spesso difficile stabilire i confini tra manifestazioni di ostilità o prepotenza episodica ed atti di bullismo vero e proprio.

L’indagine è stata finalizzata ad individuare le seguenti tipologie di fenomeni attribuibili al Cyberbullismo:

  • Battaglie verbali on line (Flaming)
  • Molestie (Harassment)
  • Cyberpersecuzione (Cyber-stalking)
  • Denigrazione (Denigration)
  • Sostituzione di persona (Impersonation)
  • Inganno e diffusione di informazioni (Outing and Trikery)
  • Esclusione (Exclusion)
  • Violenza diffusa sul web (Cyberashing o Happy Slapping)
  • Sexting

All’interno del concetto di Cyberbullismo rientra anche il sexting; quest’ultimo, molto praticato dai giovanissimi, consiste nell’invio digitale di messaggi e immagini sessualmente espliciti.

Lo scopo della presente ricerca è stato non soltanto quello di determinare l’entità del fenomeno del Cyberbullismo e delle sue molteplici dinamiche, ma anche quello di fornire strumenti utili all’individuazione di interventi mirati alla crescita personale, etica e sociale dei giovani.

Metodologia

L’indagine è stata realizzata su un campione probabilistico a grappoli, tenendo conto delle seguenti variabili: sesso, età, area geografica, tipologia di scuola e di Istituto, classe frequentata.

La rilevazione è avvenuta tramite la somministrazione di questionari anonimi, semi-strutturati ad alternative fisse predeterminate, composti da domande a risposta chiusa. La modalità delle domande, chiuse o ad alternativa fissa predeterminata, ha consentito di ottenere, oltre ad un elevato tasso di risposta al questionario, una più efficace standardizzazione ed una maggiore facilità di codifica e di analisi delle risposte fornite dagli intervistati.

Sono stati predisposti e somministrati tre modelli di questionario, uno destinato ai ragazzi, uno ai genitori e uno ai docenti.

I risultati dell’indagine Eurispes

Nella rilevazione sono state coinvolte 48 Scuole Secondarie di primo grado e 49 Scuole Secondarie di secondo grado, per un totale di 97 Istituti, distribuiti proporzionalmente in tutta l’Isola.

Sono stati compilati 5.784 questionari, di cui 3.586 dai ragazzi, 1.361 dai genitori e 837 dal corpo docente. La massiccia partecipazione alla ricerca, da parte non solo dei ragazzi ma anche dei genitori, è un dato che ha evidenziato un attento interesse e una grande sensibilità verso il fenomeno del Cyberbullismo in Sardegna. I dirigenti e il personale docente hanno compilato, invece, un numero inferiore di questionari rispetto ai ragazzi e ai genitori.

L’analisi dei questionari somministrati ha permesso di individuare le caratteristiche peculiari dei Cyberbulli, di coloro che ne sono stati vittime, degli spettatori, e di rilevare il parere e il ruolo dei genitori e del personale docente nel contesto delle vessazioni digitali.

I Cyberbulli

Attraverso le risposte date dai ragazzi è stato possibile, dunque, delineare un quadro abbastanza preciso delle dinamiche che si vengono a creare intorno al fenomeno del Cyberbullismo.

Innanzitutto, i bulli non hanno genere, ossia, sono, nella stessa misura, ragazze o ragazzi: dalla ricerca è emerso, infatti, che il 50,3% degli autori di atti di vessazioni digitali sono di genere maschile e il 49,7% femminile. Hanno un’età compresa tra i 13 e i 19 anni e le azioni che hanno compiuto con più frequenza sono state quelle relative alle telefonate mute, agli scherzi telefonici o, in alternativa, hanno escluso intenzionalmente qualcuno da gruppi on line. Per fare ciò, hanno usato prevalentemente chat di gruppo e messaggi individuali (WhatsApp, Telegram e applicazioni simili).

Coloro che compiono tali azioni, secondo il parere degli intervistati, sono ragazzi ansiosi, insicuri e fanno, generalmente, parte di una cerchia di ragazzi conosciuti, che prendono di mira soprattutto chi non è in grado di difendersi o chi ha un handicap fisico.

Secondo i risultati dell’indagine, l’opinione predominante dei ragazzi è che identità reale e identità virtuale siano due cose diverse, così come la realtà e la realtà virtuale. Questo sdoppiamento della personalità, in cui le conseguenze delle proprie azioni vengono attribuite esclusivamente al profilo utente creato on-line, giustifica, in un certo senso, i comportamenti riconducibili al Cyberbullismo.

Si può ritenere, a questo punto, che l’identità virtuale è il sistema complesso di immagini, video e informazioni scritte che l’internauta ha pubblicato in un social network per rappresentarsi come individuo digitale unico e inconfondibile; i post, le foto e i video che si condividono sono, pertanto, l’Identità Virtuale e dicono qualcosa sulla personalità, sul carattere, sui valori e sul modo di pensare. dell’internauta.

La realtà virtuale, inoltre, insieme agli oggetti, alle persone, agli animali, alle piante, alle cose, alle emozioni e ai desideri, è un elemento della “classe realtà”.

La difficoltà dei ragazzi di concettualizzare la realtà virtuale si manifesta nonostante l’89,1% (3.196) degli studenti ritenga che il Cyberbullismo sia un reato, l’80,3% (2.879) abbia affrontato a scuola il problema delle vessazioni digitali e che quasi il 50% delle vittime di prevaricazioni digitali riferisca di avere vissuto emozioni molto negative. Insomma, la concretezza del fenomeno, rappresentata dalle sue ripercussioni esterne (disciplinari e giudiziarie) e interne (gli stati emotivi negativi), non ha comunque aiutato a comprendere che il termine realtà virtuale non è un ossimoro, né soprattutto sinonimo di realtà finta o artificiale.

Va detto inoltre che neanche l’esperienza della DAD a scuola (il docente che parla tramite uno schermo è virtuale e quindi reale) o i casi riferiti dalla stampa di persone processate per reati commessi nel virtuale (dalla diffamazione, alle minacce sino ad arrivare alla diffusione non autorizzata di contenuti intimi/sessuali), hanno permesso a docenti, genitori e studenti di comprendere che il virtuale non è una classe alternativa alla classe realtà, ma un suo elemento, insieme agli oggetti, alle persone, agli animali, alle piante, alle emozioni e ai desideri. Di conseguenza, ritenendo il virtuale uno spazio finto, irreale, artificiale, molti giovani possono più facilmente manifestare condotte cyberbullistiche

Le Vittime

Sono state soprattutto le ragazze tra i 15 e i 19 anni ad essere vittime di episodi di Cyberbullismo. Un giovane su cinque (19,6%) ha dichiarato di avere subìto atti di Cyberbullismo, “raramente” nel 10,3% dei casi, “qualche volta” nel 7,8% o “spesso” nell’1,5%. I comportamenti vessatori più frequenti sono stati le telefonate mute, gli scherzi telefonici e l’esclusione intenzionale di qualcuno da gruppi online. A seguito di uno o più di tali episodi, che sono capitati molto spesso anche ai ragazzi, le vittime si sono sentite sole, hanno perso autostima, hanno vissuto nell’ansia, si sono isolate. Come conseguenza, chi ha subito tali azioni, ha provato rabbia, ha perso la voglia di andare a scuola e ha iniziato a sentirsi sempre depresso. In questi casi, i ragazzi avrebbero voluto consigli da parte dei genitori, ma non sempre sono riusciti a comunicare con loro; ne hanno parlato, invece, con amici e compagni di scuola.

Gli Spettatori

Come per il bullismo, anche per le azioni di Cyberbullismo esiste un pubblico, in questo caso virtuale, che ne è testimone. Dalle interviste effettuate è emerso che sono state soprattutto le ragazze tra i 15 e i 19 anni che hanno assistito a tali episodi. Hanno provato pena e rabbia per la vittima e hanno disapprovato – incapaci di prendere posizione – senza intervenire. Sono stati, altresì, consapevoli che tali atti costituiscano un reato.

I Genitori

I risultati dell’indagine, che ha coinvolto 1.361 genitori in tutta l’Isola, pur non essendo privi di contraddizioni, hanno descritto un contesto estremamente interessante sul tema. Gli intervistati hanno affermato di concedere il cellulare per la prima volta ai propri figli tra i 6 e gli 11 anni, controllandone spesso i contenuti. Inoltre, hanno messo loro a disposizione un computer connesso a Internet in un’area comune della casa; in questo caso, il dispositivo è stato sorvegliato anche attraverso il “Parental Control”, ossia lo strumento che permette di monitorare o bloccare l’accesso a determinate attività on-line.

Quando i figli sono stati vittime di episodi di Cyberbullismo, hanno adottato una serie di comportamenti. I più frequenti:

  • hanno suggerito loro di ignorare i comportamenti vessatori;
  • ne hanno parlato col personale scolastico;
  • si sono rivolti direttamente ai genitori dei responsabili;
  • hanno cercato di capire meglio la situazione parlandone coi propri figli.

L’opinione comune, tra tutti i genitori intervistati, è stata che tali episodi richiedano l’intervento degli adulti e che questo sia un fenomeno preoccupante e in crescita. Sono stati anche molto proibitivi per quanto riguarda l’uso di Internet: hanno impedito loro di comunicare con persone sconosciute, di rivelare in Rete dati personali, di incontrare persone conosciute on-line, di rimanere connessi troppo a lungo, di accedere ad alcuni siti web, ecc.

Ciò che però è emerso con più forza dalle interviste è stata l’opinione predominante secondo cui identità virtuale e identità reale non siano la stessa cosa. I genitori sono stati anche del parere che, realtà e realtà virtuale siano due cose diverse. È mancata cioè la consapevolezza di fondo che ciò che viene fatto all’identità in Rete corrisponda esattamente alla realtà. Complessivamente, il deficit di concettualizzazione della realtà e dell’identità virtuale ha permesso non solo ai giovani cyberbulli di costruirsi una sorta di immunità digitale psicologica che li ha protetti dalla presa di consapevolezza degli effetti dannosi che le vessazioni digitali hanno prodotto sulla vita dei coetanei, ma ha permesso anche ai genitori delle vittime di sottostimare gli effetti del Cyberbullismo, se consideriamo che il suggerimento più frequente dato ai figli è stato quello di “ignorare questi comportamenti”.

I Docenti

Dalle interviste effettuate ai docenti è emerso che una esigua parte degli stessi intervistati è stata vittima di episodi di Cyberbullismo e si è rivolta al personale scolastico. Quando sono stati, invece, gli alunni a subire atti di Cyberbullismo, gli insegnanti hanno suggerito loro di rivolgersi ai propri genitori, o, in alternativa, i docenti si sono rivolti direttamente al responsabile o ai responsabili. Quando si sono verificati questi episodi, i docenti hanno trovato grosse difficoltà nel rendere consapevoli gli alunni della gravità delle loro azioni, poiché hanno sostenuto che gli autori di tali atti non siano stati coscienti della gravità della situazione, ritenendoli soltanto degli scherzi tra ragazzi.

Il parere predominante, tra gli intervistati, è quello che il Cyberbullismo sia un fenomeno preoccupante e in crescita, e che richieda sempre l’intervento degli adulti. Hanno affermato, inoltre, che il modo migliore per difendere i ragazzi dalle insidie della Rete sia quello di parlare in classe dei rischi del web. Hanno sostenuto, però, che identità reale e identità virtuale siano due concetti diversi e che la realtà e la realtà virtuale non siano la stessa cosa. Non solo i giovani, ma anche gli adulti, quindi, hanno ritenuto erroneamente che solamente nel web sia possibile alterare caratteristiche di riconoscibilità e palesare tratti di personalità che non si possiedono. Come conseguenza, da ciò, può derivare la regola generale che identità reale e identità virtuale siano differenti.

Possibili interventi

Dalla ricerca sono emerse, più di altre, alcune delle caratteristiche tipiche del fenomeno, ossia:

  • la percezione dell’invisibilità attraverso azioni che si celano dietro la tecnologia;
  • l’assenza di reazioni visibili da parte della vittima, per cui non è possibile, per chi compie tali atti, vedere gli effetti delle azioni commesse;
  • lo “sdoppiamento della personalità” che ha come conseguenza l’attribuzione delle azioni al profilo utente creato on-line.

Tali peculiarità sono state rafforzate e, in un certo senso, giustificate dalla convinzione, non solo dei ragazzi, ma anche dei genitori e degli insegnanti, che realtà e realtà virtuale siano due cose diverse, così come accade per identità virtuale e identità reale.

Partendo, dunque, da questa considerazione si può affermare che il contrasto al Cyberbullismo potrebbe avvalersi di strumenti quali, ad esempio: attività di formazione rivolte ai docenti e agli studenti, eventi periodici di informazione riservati ai genitori da parte di esperti del settore per fornire agli agenti della socializzazione e ai ragazzi le indicazioni per riconoscere e far fronte a tutte le dinamiche che possano sfociare in comportamenti vessatori.

Sarebbe auspicabile, inoltre, che tale formazione avvenisse all’interno degli Istituti scolastici che, come emerso anche dall’indagine, rappresentano i luoghi non solo dove il fenomeno ha origine, ma anche dove è più opportuno contrastarlo. La legge 71/2017, infatti, attribuisce all’Istituzione Scolastica un ruolo fondamentale nella prevenzione, in stretta alleanza educativa con la famiglia.

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