Il punto su Europa e Italia. Resoconto del convegno del Laboratorio Europa Eurispes

È un’Europa ad un passo dalla svolta quella uscita dal negoziato più lungo e complesso della sua storia. L’accordo raggiunto tra i 27 Stati membri dovrebbe assicurare l’uscita dalle sabbie mobili della pandemia e un nuovo rilancio – grazie ad un colossale aiuto da 750 miliardi di euro per le economie europee. L’Italia si porterebbe a casa 208,8 miliardi di cui 81,4 di trasferimenti e 127,4 di prestiti. Ma il cambiamento dell’Unione europea, per essere tale, richiede altri passaggi importanti, a partire dalla revisione delle politiche economiche dell’Eurozona. Il Laboratorio Europa dell’Eurispes ha organizzato un webinar dal titolo Il punto su Europa e Italia, per mettere a confronto riflessioni, domande, dubbi di esperti, posizioni di alcuni esponenti politici che hanno partecipato al negoziato e “dato battaglia” sulla trincea della trattativa.

Spiega Carmelo Cedrone, Responsabile Laboratorio Europa dell’Eurispes: «La prossima “Generazione Ue”, che prevede prestiti e aiuti, rappresenta un salto di qualità molto importante, ma contiene anche dei limiti rilevanti, come ha fatto notare il Parlamento europeo. Perciò, è ancora presto per dire se si tratta di una scelta dirimente o meno, anche se è stato rotto un tabù. Dipenderà dalla sua gestione da parte della CE, dalla possibilità di poterlo reiterare, nonché, ancora più importante, dalla volontà e capacità di prendere atto, realisticamente, delle faglie politiche che si sono aperte durante la trattativa – a Nord e ad Est – con motivazioni diverse, tutte molto gravi, mentre si è consolidato il nucleo Centro-Mediterraneo, che può rappresentare il cuore della Nuova Europa politico-culturale, un’Europa dei valori».

Al dibattito hanno partecipato: Pierpaolo Baretta, Sottosegretario al MEF; Sandro Gozi, Parlamentare europeo e Presidente dell’UFE; Tommaso Nannicini, Intergruppo Europeo, Senato; Irene Tinagli, Presidente ECON, Parlamentare europeo. Gli ospiti sono stati sollecitati rispetto a questioni poste da alcuni esperti che collaborano con il Laboratorio Europa dell’Eurispes: l’Ambasciatore Rocco Cangelosi è intervenuto sulla necessità di adeguare le Istituzioni e le politiche dell’Unione a seguito dell’approvazione del Recovery Fund, per costruire e dare senso alla Conferenza sul futuro dell’Unione; Enzo Cannizzaro, Ordinario di Diritto Europeo, Sapienza Università di Roma, ha sollevato la necessità di coordinare e gestire l’utilizzo dei fondi “Generazione Ue” tra la CE e i paesi membri; Umberto Triulzi, Ordinario Politica Economica Internazionale ed Europea, Sapienza Università di Roma, ha evidenziato le modalità per mettere in condizione l’Italia di utilizzare al meglio i fondi europei, di attrarre investimenti e tornare a crescere (la teoria del doppio binario); Marco Ricceri, Segretario generale dell’Eurispes, ha focalizzato l’attenzione su come superare la disattenzione italiana verso l’Unione, sui suoi programmi e la molteplicità di risorse che mette a disposizione. L’incontro è stato coordinato da Giampiero Gramaglia.

Il video della conferenza è al seguente link https://www.facebook.com/watch/?v=1476335955894239

 

Commentando i risultati del Recovery Fund – ottenuti grazie ad un lungo e faticoso negoziato che è stato «da un lato un esercizio di diplomazia, dall’altro un rapporto di forza e un sistema di alleanze» –, Pierpaolo Beretta ha parlato della necessità di mettere in campo un “Piano-Paese” per utilizzare le risorse del Recovery Fund che si concentri, principalmente, sul rafforzamento del welfare, a partire da quello territoriale, e sulla tutela economica del nostro apparato industriale.

«Poiché il risultato è un sostanziale successo – spiega Beretta – questo metodo di lavoro, cioè una posizione netta e orgogliosa del Governo italiano, con alleanze non marginali come Francia e Spagna, con una dialettica stringente con i paesi contrari, ma anche dialogante con il soggetto principale come la Germania ‒ che ha progressivamente modificato le sue posizioni ‒ mi pare possa essere da considerare valido per gli appuntamenti futuri». Nel corso del suo intervento, il Sottosegretario ha aggiunto che: «Il vero successo di questa operazione è lo spostamento d’asse nel sistema decisionale dell’Unione europea. Quello che conta è l’asse di riferimento. Sono convinto che il dibattito italiano debba caratterizzarsi non solo sul piano quantitativo, ma deve essere accompagnato a una visione strategica nei confronti dell’Europa per rafforzare una politica fiscale e una politica di welfare comune». Ha spiegato, inoltre, quella che secondo lui è la strada da percorrere: «Le due conseguenze principali del Coronavirus sono da una parte un impoverimento generale della popolazione, con situazioni impreviste, fasce di ceto medio improvvisamente private di condizioni essenziali di sopravvivenza; dall’altra, una ristrutturazione molto forte dell’apparato industriale non solo italiano. Quindi, che cosa fare? Innanzitutto decidere gli àmbiti degli interventi che abbiamo di fronte e che dobbiamo sviluppare. Le risorse del Recovery Fund – del pacchetto complessivo che comprende l’insieme di misure – devono essere impiegate per questi due aspetti: rafforzamento del welfare, a partire da quello territoriale, e tutela economica del nostro apparato industriale. Sono tre i settori sui quali concentrare le nostre richieste e il nostro piano: cultura e turismo, manufatturiero, logistica e infrastrutture». Per quanto riguarda il metodo di lavoro ha aggiunto: «Penso che il Parlamento vada coinvolto; spetta al Governo mettere in fila le priorità, predisporre un piano; ma è molto opportuno confrontarsi in Parlamento senza paura e preoccupazione, perché questa è una partita di una tale rilevanza che più ci spendiamo nella fatica della democrazia, più saremo in grado di essere all’altezza del compito. Penso anche che si debba compiere uno sforzo per coinvolgere i territori; deve emergere un “Piano-Paese”, anche con le mediazioni che andranno costruite. Contenuti, metodo e sistema sono le sfide dei prossimi tempi. Ne saremo all’altezza? Non abbiamo alternative, perché un fallimento di questa operazione significherebbe una condizione di marginalità e isolamento. È una battaglia politica all’interno della politica stessa: quindi, tutti coloro che sostengono questa posizione devono fare un patto per portare avanti questa strategia nei prossimi mesi con molta determinazione, nei confronti di coloro che possono avere dubbi. Insomma, costituire un “partito trasversale”, indipendentemente dalle collocazioni politiche».

L’intervento di Irene Tinagli, Presidente della Commissione Economica del Parlamento europeo, si è concentrato, in particolare, sul tema della fiscalità. «Il tema sulla fiscalità europea, e quindi di una possibilità di cominciare a dotare l’Europa di una sua capacità impositiva, non è mai stato così presente e concreto nel dibattito. Fa parte dell’accordo raggiunto il 21 luglio, ed è un tema che si è aperto in modo molto forte in Parlamento. Sicuramente, una delle grandi novità è aver messo, finalmente, sul tavolo la questione. Certamente per la sua attuazione, ci vorrà tempo, ma in Parlamento daremo battaglia perché, se non riusciremo a trovare un accordo decisivo sulle risorse proprie che ci consentiranno di ripagare questo debito, il rischio è che, in futuro, vedremo restringersi lo spazio per sostenere programmi europei che fino ad oggi sono stati molto importanti». L’europarlamentare, sul tema del Recovery Fund, ha spiegato che «nonostante il piano abbia ristretto i tempi – e, questo, sarà un problema per tutti – entro i quali i progetti devono essere messi in campo – 70% dei fondi nei prossimi due anni, il restante 30% entro il 2023 ‒ insieme alle restrizioni, sono stati stabiliti margini di flessibilità nel modo in cui i fondi potranno essere spesi, con procedure più snelle e meno burocratiche».

Messaggio positivo e di fiducia è arrivato, in particolare, da Sandro Gozi, Parlamentare europeo, eletto in Francia, e Presidente UFE, il quale ha sottolineato il fatto che l’Italia abbia portato a casa la parte più sostanziosa del piano. Questo obbliga il nostro Paese a dimostrare di sapere utilizzare al meglio questi fondi. «Se l’idea di un debito comune europeo funziona – vuol dire credere nei progetti comuni che faremo e nell’idea che i profitti che ne otterremo siano più alti del debito ‒ sarà un pezzo di Europa nuova che stiamo costruendo, e che deve dimostrare di essere più efficace di quella che finora abbiamo avuto. Questa è la posta politica più importante. All’interno di questo meccanismo ci deve essere l’altro elemento innovativo, cioè quello delle risorse proprie. Questo meccanismo ha senso se dimostra che non si chiede agli Stati di contribuire di più e ai cittadini di pagare più tasse, ma che si finanzia da solo, con nuove risorse per aiutare il raggiungimento di obiettivi di nuove politiche comuni», ha spiegato Gozi. «Noi vogliamo sostenere la transizione ecologica ‒ ha proseguito ‒ vogliamo arrivare all’economia circolare; vogliamo portare avanti la rivoluzione digitale. L’Italia ha una responsabilità politica particolare. Il nostro Paese ha avuto un grande alleato nel negoziato. Mi riferisco alla dignità con cui gli italiani hanno affrontato la crisi del Covid. Si è aperto un dibattito che prima non c’era. C’è stata una svolta imprevista di Angela Merkel». L’europarlamentare ha poi messo l’accento su un tema poco dibattuto in Italia, quello dello Stato di diritto: «Abbiamo, finalmente, collegato formalmente l’utilizzo dei fondi allo Stato di diritto, e inserito un meccanismo per sospendere i fondi ai paesi che vìolano lo Stato di diritto e le libertà fondamentali. Si tratta di un aspetto molto innovativo, finora passato inosservato, una battaglia che l’Italia fino ad ora non ha fatto e che, invece, sarebbe bello facesse».

Improntato all’ottimismo anche l’intervento di Tommaso Nannicini, Senatore e Presidente dell’Intergruppo Europeo: «Era impensabile, fino a pochi mesi fa, fare un passo così forte verso un embrione di unione fiscale. Penso che la novità del Recovery Fund sia così grande, che una volta messo in moto l’ingranaggio, sarà difficile tornare indietro; è chiaro che questo è un ingranaggio che va verso l’unione fiscale. C’è una logica politica ed economica che spinge verso un’unione fiscale più strutturata». Il Senatore ha introdotto anche un importante tema di critica e riflessione: «Il dibattito che mi interessa è che anche dall’Italia arrivi con più forza l’idea che vogliamo andare in quella direzione. Verso un’unione fiscale e un bilancio europeo con entrate proprie, perché vogliamo risolvere problemi che da soli i singoli paesi non sono in grado di risolvere, costruendo una nuova sovranità economica a livello europeo. A mio giudizio, dobbiamo uscire dalla logica dell’Europa-bancomat, da cui prelevare soldi senza condizioni. L’Italia deve stare nel contesto europeo non per prendere soldi senza condizioni, ma per decidere quali sono le priorità e le condizionalità con cui utilizzarli, per affermare l’idea di unione economica, sociale e fiscale che vogliamo, e per superare l’idea di una competizione fiscale oggi presente all’interno dell’Unione».

 

Social Network