Melanconia comunicando: la depressione raccontata dai giornali

Il rapporto tra depressione e crisi economica
Melanconia Comunicando

La rappresentazione mediatica della depressione nella stampa quotidiana italiana


 Nell’ambito delle politiche volte alla promozione del benessere, il tema delle rappresentazioni mediatiche collegate alle malattie che minacciano la salute di persone, famiglie e comunità riveste un ruolo di primaria importanza. Tra queste, le patologie legate agli stati depressivi presentano oggi una particolare urgenza. Nel 2009 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato che la depressione sarà la malattia del secolo. Secondo i dati Oms essa è già oggi un male maggiormente diffuso rispetto ad altre patologie come il cancro o l’Aids. Nel prossimo ventennio diventerà la seconda causa di disabilità al mondo, dopo le patologie cardiache, e nel 2030 la prima patologia cronica. Nonostante questo allarmante scenario, la depressione è ancora sottovalutata sia a livello sociale sia da parte dei Governi e delle Istituzioni, con la conseguenza che l’opinione pubblica tende a considerare la depressione ancora come una non-malattia.
L’atteggiamento della stampa nei confronti della depressione. A fronte di questo scenario come area di indagine si è scelto di focalizzare l’attenzione sui media: nell’attuale società dell’informazione e della comunicazione i mezzi di comunicazione di massa (analogici e digitali) giocano un ruolo molto importante nella definizione della realtà e delle malattie percepite come rischiose per la propria salute e la qualità della vita. La scheda che viene presentata analizza il ruolo svolto dai mass media nella diffusione di narrazioni e rappresentazioni sociali degli stati depressivi ed il tipo di impatto che essi hanno nella pubblica opinione in termini di percezione sociale del fenomeno.
Il ruolo della comunicazione. Nonostante il fenomeno nel suo spettro di manifestazioni sia ormai conosciuto da molti decenni, suscita ancora scarso interesse nell’opinione pubblica. In Italia la televisione rappresenta ancora uno tra i principali strumenti attraverso i quali avere accesso alle notizie, e l’entrata dei nuovi media (web 2.0, Social Network) ha contribuito in maniera significativa ad allargare l’orizzonte dei temi dell’agenda setting all’ordine del giorno; eppure, la stampa quotidiana, continua a giocare un importante ruolo di mediazione tra l’evento/fenomeno sociale e la sua rappresentazione. Oltre al potere nel definire l’orizzonte tematico sul quale riflettere, i quotidiani hanno una rilevante esperienza nel definire il framing, ovvero la cornice interpretativa attraverso la quale leggere il tema stesso. Il potere dei media si delinea quindi in maniera tale da suggerire alle persone non solo intorno a quali argomenti pensare ma anche come pensare ad essi e attraverso quali attributi di significato.
Tra male oscuro e male “oscurato”. La ricerca, realizzata dall’Eurispes e dal Dipartimento Comunicazione e Ricerca Sociale di Sapienza, Università di Roma, e condotta tra il 1° gennaio 2009 e il 31 settembre 2012, ha preso in considerazione due principali quotidiani italiani tra quelli più letti, “la Repubblica” ed il “Corriere della Sera”. Le caratteristiche morfologiche, le modalità di presentazione e quelle comunicative, degli articoli analizzati (61 de la Repubblica; 77 del Corriere della Sera), mostrano che non ci sono state grandi differenze tra le due testate sulla modalità di affrontare la tematica e la cornice interpretativa dell’evento: dei 138 articoli in cui il termine depressione viene utilizzato in senso medico-scientifico, solamente 20 articoli trattano specificamente il tema. Questo dato evidenzia un sostanziale calo di interesse per lo stesso da parte delle redazioni giornalistiche, trasformando un male oscuro in un male principalmente “oscurato”.
La collocazione e il titolo degli articoli. Gli articoli, per quasi la metà dei casi, il 48%, si collocano in apertura, per il 22% hanno un taglio basso, mentre per il 17% dei casi osservati, si trovano a “spalla” della pagina. Un dato interessante emerge dall’analisi della titolatura. Il 29% degli articoli presenta un richiamo di forte effetto su a fatti di cronaca nera che vedono come protagonisti persone, con l’aggettivo “depresse”, che si macchiano di omicidi o suicidi. L’associazione del termine “depresso” con la narrazione di fatti di cronaca nera riportati con un certo stile cruento, se da un lato è una classica modalità per catturare l’attenzione del lettore, dall’altro ripropone la logica sensazionalistica dei media.
Cronaca nera e gossip. Il tipo di testo ai quali gli articoli fanno riferimento è prevalentemente quello della cronaca nera (24%) e della cronaca in generale (19%). Un dato da evidenziare è l’alta incidenza che il tema trova negli articoli di gossip. L’8% degli articoli analizzati, infatti, parla di depressione per riportare il vissuto della malattia da parte di alcune “star”, tra queste: Vasco Rossi, Gwyneth Paltrow, Morgan, Gigi Buffon, Jim Carrey, perfino Silvio Berlusconi. In questi articoli la vicenda personale viene rappresentata con un certo stile voyeuristico tale da solleticare gli appetiti da gossip del lettore.


“La parola all’esperto”. Gli articoli focalizzati su elementi divulgativi e di informazione scientifica fanno principalmente riferimento a due tipologie: articoli di divulgazione di esponenti della comunità scientifica – i quali riportano il classico “parere dell’esperto” sulle questioni affrontate – e articoli di informazione scientifica collegati a fenomeni contemporanei quali lo stress, la depressione post-partum, la condizione senile, la condizione delle carceri, l’anoressia/bulimia. Le interviste sono rivolte, in genere, a due figure professionali: lo psichiatra e lo psicologo (il più delle volte abbinati per commentare i fatti di cronaca riportati ed i punti di vista degli interpellati sono spesso divergenti). Attraverso tale modalità di presentazione le due prospettive, piuttosto che venire illustrate alla luce di un approccio interdisciplinare e integrato, vengono a delinearsi come opposte e non conciliabili.
La depresssione e la crisi economica. La maggior parte degli articoli tratta delle conseguenze della depressione nella vita quotidiana delle persone e delle famiglie (24%). Inoltre, il tema trova una presentazione trasversale a diversi aspetti connaturati a fenomeni sociali e di costume. Tuttavia, era inevitabile che il tema della depressione trovasse una collocazione mediatica con la crisi economica in atto; l’11% degli articoli riconduce il tema della depressione agli effetti della crisi economica. In altri vengono riportati studi e ricerche non riferiti alle malattie mentali di per sé, bensì principalmente a nuove scoperte attinenti la genetica e la biologia molecolare. Un’attenzione particolare viene riservata alla drammatica condizione carceraria e alle sue conseguenze sulla salute fisica e mentale dei detenuti (7%). Gli aspetti politici e socio-sanitari rappresentano, infine, una piccola parte (5%). Gli articoli fanno riferimento più che altro a pastoni riguardanti la legge 180 o la valutazione degli scarsi servizi socio-assistenziali nel territorio.

Qualità, completezza e approfondimento dell’informazione. In genere l’approfondimento scientifico dedicato ai temi riportati nella stampa è piuttosto scarso e gli articoli inerenti la depressione non fanno eccezione. Tuttavia, la percentuale rispetto ad altre tematiche non è del tutto irrilevante: per il 17% degli articoli al tema viene dedicato un approfondimento.
Il tema della depressione ottiene scarsa copertura specifica nell’agenda setting dei principali quotidiani italiani, ma l’argomento trova una considerevole collocazione tra le notizie di cronaca (nera) ed il gossip, con una forte prevalenza di temi sensazionalisti e con poco approfondimento scientifico. Tenendo conto che i quotidiani costituiscono solamente un tassello della rappresentazione mediatica della depressione – in un “puzzle narrativo” molto più vasto che comprende il web, il cinema, la televisione, la radio – i risultati portano ad ipotizzare che il livello di incidenza dei media impact è tanto più forte quanto più questi messaggi si rivolgono a cittadini con una bassa cultura della salute; viceversa è più debole quando si rivolge ad un pubblico con una cultura alta della salute. Il ricorrente accostamento del tema della depressione con temi di cronaca nera o di gossip rischia di generare nella percezione collettiva una tendenza di attribuzione sociale delle patologie depressive a determinate e specifiche categorie sociali isolate, riferibili a personalità criminose oppure ad élite del mondo dello spettacolo. Limitare la malattia a determinati gruppi potrebbe generare in persone con bassa cultura della salute una attenuazione della percezione sociale del rischio di incorrere in tali problematiche. La creazione di una distanza sociale tra la persona affetta da patologie depressive ed il resto della società
è un altro possibile effetto sociale che andrebbe monitorato e risulta utile, inoltre, per osservare un altro fenomeno che potrebbe colpire le persone affette da disturbi mentali ed i familiari: la stigmatizzazione da parte di alcune fasce della popolazione. Infine, l’uso del termine depressione in diversi contesti semantici, attribuibili a diverse sfere di significato e mondi vitali, senza un approfondimento scientifico, porta con sé il rischio di generare un inflazionamento del concetto stesso, utilizzato in tutte le circostanze piuttosto che quelle specificamente medico-sanitarie.

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