Eurispes: Indice sulla corruzione, ovvero come si diffama un paese
Stamane Transparency International ha diffuso il Corruption Perception Index.
L’Eurispes non ha mai inteso sottovalutare il fenomeno corruttivo. Al contempo, non ha mai condiviso conclusioni semplicistiche come quelle poste alla base dell’ormai noto Indice di percezione.
Il Corruption Perception Index conferma una posizione poco lusinghiera per l’Italia: secondo la Ong il nostro Paese si classificherebbe al 52° posto su 180 e, addirittura, pur mantenendo il punteggio (53) attribuitogli nell’edizione 2019, perderebbe, quest’anno, una posizione.
Non possiamo assistere in silenzio ad una simile ennesima manifestazione di distanziamento dalla realtà.
Sull’entità del fenomeno della corruzione nel nostro Paese molti hanno scritto, commentato, dibattuto e polemizzato. Alcuni addirittura sono giunti a fornire grandezze economiche alla misura della corruzione, indicando cifre più che allarmanti, impossibili e indimostrabili, sul piano scientifico.
Simili arditi esperimenti, al di là della loro appropriatezza e attendibilità, hanno comunque contribuito all’edificazione o, quantomeno, al rafforzamento dell’immagine dell’Italia come Paese corrotto, anzi, tra i più corrotti in assoluto.
Il risultato di una simile vulgata, scorretta quanto pericolosa, è stato il progressivo abbassamento dell’appeal del nostro Paese e dei suoi principali attori economici sul piano imprenditoriale e finanziario, con gravi ricadute in termini di crescita e di sviluppo economico ed occupazionale.
E ciò è ancor più grave in un momento difficilissimo come quello che stiamo vivendo. Come possiamo pensare ad una ripresa economica post Covid-19 ed una sicura recovery se tolleriamo una simile ricostruzione della realtà delle nostre Istituzioni?
Al fronte interno di coloro i quali dipingono l’Italia come culla del malaffare si sono infatti troppo spesso uniti – e non poteva che essere così – gli attori internazionali, protagonisti di una vera e propria “ingegneria reputazionale” degli indici percettivi, che fondano le classifiche e graduatorie di merito degli ordinamenti sulla sola percezione soggettiva della corruzione.
L’Eurispes ha sempre approfondito i temi più significativi della realtà sociale e, da ultimo, arato pionieristicamente il campo della lotta alle pratiche di trasfigurazione mediatica della realtà.
Confrontandosi con il tema della “misurazione della corruzione”, basata sostanzialmente solo su indici percettivi, l’Istituto ha inteso approfondire il tema dal punto di vista scientifico, giungendo a conclusioni non scontate.
L’Indice di Transparency International è oggi al centro di gravi critiche in tutto il mondo.
Le Nazioni Unite ne hanno fatto oggetto di una Risoluzione della Conferenza degli Stati Parte nell’ultima riunione globale di Abu Dhabi del dicembre del 2019.
Il Gruppo di Azione contro la Corruzione del Consiglio d’Europa lo conferma. L’Ocse ne ha fatto una battaglia di principio.
Eppure, Transparency International continua a pubblicare questo indice, puntualmente, anno dopo anno, senza specificare nemmeno su quale metodologia lo stesso esattamente si basi (si veda ad esempio in proposito quanto pubblicato per accompagnare il lancio odierno del ranking).
E la nostra non è una manifestazione di difesa della Nazione o di orgoglio campanilistico per reagire alle costanti deprimenti valutazioni sull’Italia in materia di corruzione.
Il nostro intendimento è sempre e solo quello di restituire dignità scientifica al dibattito, sollecitando le coscienze sul paradosso degli indici percettivi e sugli effetti perversi che alcune valutazioni possono comportare.
Teniamo fermi alcuni punti:
a) più si combatte la corruzione, come accade in Italia, più la stessa si rende percepibile. Se non si contrasta la corruzione prediligendo una tolleranza controllata dei fenomeni illeciti come atteggiamento di governance dell’economia affidata in modo estremo al liberismo ed ai mercati, si pratica la tecnica della “polvere sotto il tappeto”: tutto questo sfugge alla percezione;
b) gli indici di misurazione percettivi, come il CPI di Transparency International, non prendono in alcun modo in considerazione i dati ordinamentali, vale a dire che non valutano le contromisure adottate a livello istituzionale e normativo nei Paesi sottoposti a rating (ad esempio, l’obbligatorietà dell’azione penale, l’indipendenza del Pubblico ministero dall’Esecutivo, la libertà di stampa sui fatti di giustizia, ecc.);
c) non solo è in discussione l’Indice di misurazione in sé, bensì l’uso che se ne fa a livello internazionale, attesi gli effetti negativi di un CPI alto sull’economia e sull’affidabilità dei sistemi: non prendere in considerazione il dato istituzionale risulta oltremodo penalizzante per Paesi come il nostro che certamente non hanno atteggiamenti di tolleranza o limitato interventismo sui fenomeni criminali;
d) l’Italia è certamente caratterizzata in negativo dai fenomeni patologici del crimine organizzato e della corruzione; tuttavia, esiste un’Italia dell’anticorruzione e dell’antimafia che non ha pari sul piano internazionale.
La Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo, nel suo settore d’intervento, è un modello globale. E ci piacerebbe vedere questo indicatore inserito nel piano di valutazione.
Così come ci piacerebbe vedere crescere la capacità di autocritica di altri Paesi meno impegnati del nostro sul fronte della prevenzione e della repressione della corruzione e posti da Transparency International addirittura all’apice della graduatoria di quest’anno.
Parlare della funzionalità e dell’efficienza delle nostre Autorità di law enforcement e della tenuta del sistema legislativo italiano significa presentare il meglio del Paese e contrastare così le ricadute reputazionali collegate ad una iper valutazione dell’Indice percettivo.
La legge cosiddetta “spazzacorrotti”, ad esempio, già nei primi commenti internazionali è stata definita un modello all’avanguardia.
Possibile che, invece di spingere la percezione verso una visione più benevola, non abbia avuto alcuna influenza sull’opinione pubblica? Il CPI 2020 segna addirittura un rallentamento del trend positivo che aveva visto l’Italia guadagnare ben 11 punti dal 2012 al 2019.
E non è dato sapere perché.