Eurispes, gioco pubblico e dipendenze nel Lazio. Focus sulla città di Roma

DOCUMENTO DI SINTESI

Gioco pubblico e dipendenze nel Lazio

Focus sulla città di Roma

Si gioca meno su videolottery e new slot nel Lazio ma aumenta il gioco on line. Distanziometro “inapplicabile”: escluderebbe il gioco dal 99% della Capitale e metterebbe a rischio il 95% dei posti di lavoro. Sono alcune delle stime che emergono dalla nuova ricerca dell’Eurispes “Gioco pubblico e dipendenze nel Lazio”, realizzata attraverso le attività del suo Osservatorio su Giochi, Legalità e Patologie.

La ricerca sul Lazio, che arriva dopo i precedenti studi territoriali in Puglia e Piemonte, si apre con l’illustrazione dell’evoluzione dei consumi delle diverse tipologie di gioco sul territorio regionale e, in particolare, su quello di Roma Capitale. Viene riproposto il quadro normativo che discende dalla legge regionale 5 agosto 2013 (e successive modifiche), Disposizioni per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico (GAP), dal Regolamento sulle sale da gioco e i giochi leciti (n. 31 del 2017) di Roma Capitale, e dall’Ordinanza della Sindaca (n. 111 del 26 giugno 2018). Si passa poi al bilancio dell’attività dei Dipartimenti delle Dipendenze Patologiche gestiti dalle Asl regionali, aggiornato al 2018. Si riportano, inoltre, le linee di intervento recentemente (ottobre 2019) illustrate dall’Assessorato regionale alle Politiche Sociali nel Piano di formazione del contrasto al gioco patologico.

In relazione allo strumento del distanziometro vengono forniti i risultati di un’analisi sul territorio di Roma Capitale che intreccia i “luoghi sensibili” (così come identificati nel Regolamento del 2017), e la distanza di “500 metri” indicata nelle modifiche della legge regionale (ottobre 2018) che supera quella di 350 metri indicata nel medesimo Regolamento comunale, entro la quale non è possibile l’offerta di gioco legale.

Per quanto riguarda l’efficacia della compressione degli orari di offerta derivante dall’Ordinanza della Sindaca n. 111, dal confronto dei volumi di gioco precedenti e successivi alla sua entrata in vigore risulta evidente che le diminuzioni riscontrate siano da accreditare ad un consumo di gioco più ridotto da parte dei giocatori così detti “sociali”, e non alla contrazione del gioco da parte di quelli problematici o patologici.

Lo studio produce, poi, la prima realistica lettura della dimensione occupazionale della filiera del gioco pubblico nella Ragione Lazio.

Passando al decisivo tema dell’illegalità, lo studio illustra i comportamenti della criminalità organizzata rilevati dalla Direzione Nazionale Antimafia (DNA), e presenta i risultati della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e del III Reparto della Guardia di Finanza, relativamente al territorio laziale. Si propone, inoltre, un’intervista in profondità al Magistrato Stefano Musolino, Sostituito Procuratore della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e della Direzione Distrettuale Antimafia, e membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Eurispes su “Giochi, Legalità e Patologie”, attraverso la quale si illustrano le modalità operative della criminalità organizzata nell’area del gioco.

Il “caso Lazio” può essere considerato pienamente rappresentativo di quello che è il quadro nazionale, caratterizzato da un confuso federalismo del gioco pubblico che genera spinte contrastanti che minano gli stessi obiettivi di chi correttamente denuncia le problematiche socio-sanitarie connesse al DGA, ma anche le prospettive imprenditoriali della filiera.

IL GIOCO PUBBLICO NEL LAZIO: VLT E AWP IN FORTE CONTRAZIONE, MA AUMENTA L’ON LINE

Secondo i dati pubblicati nel Libro Blu 2018 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, il volume complessivo delle giocate su rete fisica nel Lazio nel 2018, pari a 7.926 milioni, colloca questa Regione al secondo posto di un “podio” che vede sul primo gradino la Lombardia con 14.645 milioni, e al terzo la Campania con 7.690 milioni.

La maggior parte delle Regioni hanno segnalato nel 2018 un leggero aumento di volumi, con l’eccezione proprio del Lazio e del Piemonte, per le quali sono intervenuti alcuni provvedimenti relativamente agli orari e alle limitazioni dell’offerta nel territorio (Piemonte), e relativamente ai soli orari (Lazio).

Nel Lazio nel 2018 i volumi di gioco fisico si sono ridotti rispetto al 2017 di 73 milioni di euro, e la spesa dei giocatori di 42 milioni di euro.

Il numero degli esercizi con AWP sono passati da 7.554 del 2016 a 5.896 del 2018; le sale con VLT sono passate da 557 del 2016 a 535 del 2018.

Per quanto attiene agli esercizi con AWP questi trend sono da mettere in relazione alla diminuzione del 35% degli apparecchi AWP determinata dal MEF tra 2016 e 2018. Per quanto riguarda le sale VLT, la diminuzione riguarda in massima parte il territorio di Roma Capitale, e risente della riduzione dei margini operativi per questa tipologia di negozi generata dalla compressione degli orari di offerta del gioco pubblico nel territorio comunale avvenuta nella seconda metà del 2018.

I volumi di gioco su rete fisica a Roma Capitale (che rappresentano i quasi due terzi di quelli regionali) tra il 2017 ed il 2018 sono passati da 4.215,399 milioni di euro a 4.099,479, con una diminuzione di circa 116 milioni di euro.

Per quel che riguarda specificamente il gioco attraverso apparecchi (AWP, VLT), i volumi sono discesi tra 2017 e 2018 rispettivamente da 1.012,5 milioni di euro a 916 (AWP), e da 1.688,2 milioni di euro a 1.628,9 milioni di euro (VLT).

Complessivamente il gioco attraverso apparecchi ha riscontrato tra 2017 e 2018 una diminuzione di circa 155.8 milioni di euro, e la spesa è scesa dai circa 516 milioni del 2017, ai circa 414 del 2018. Le altre tipologie di offerta hanno segnalato complessivamente un aumento, riducendo di circa 40 milioni di euro il saldo negativo (-155,8 +40 = 116 milioni di euro circa).

Nel solo primo semestre del 2019, rispetto al 31 dicembre 2018, nel territorio di Roma Capitale gli esercizi che offrono gioco con le AWP sono ulteriormente diminuiti di 212 unità, e le sale VLT sono scese di ulteriori 11 unità.

LE POLITICHE SOCIO-SANITARIE DELLA REGIONE LAZIO. I “NUMERI” DEI DIPARTIMENTI DELLE DIPENDENZE PATOLOGICHE

Secondo la Relazione 2018 sul fenomeno delle dipendenze nel Lazio, gli operatori che operano nei SerD sono 539, a cui vanno aggiunti gli addetti delle strutture del privato sociale che operano in convenzione e che, solo residualmente, trattano il DGA.

Dei 16.822 soggetti presi in carico, 13.060 sono dipendenti da droghe, 2.887 da alcol, 691 sono soggetti con Disturbo da Gioco d’Azzardo, 184 hanno altre dipendenza patologiche.

Dunque, per ogni paziente con DGA preso in carico, ve ne sono 4,18 per alcol, 18,9 per droghe.

Questi dati inducono, per un verso, a ritenere assai scarsa la capacità delle strutture pubbliche di intercettare i giocatori che, una volta diagnosticati in quanto affetti da DGA, devono essere curati secondo il protocollo disposto dai LEA del 2017; per altro verso, suggeriscono che l’allarme sociale intorno alle dipendenze da gioco sia eccessivo, o, quanto meno, sovrastimato rispetto a quello che dovrebbe essere espresso relativamente ad altre e più incidenti dipendenze.

Si segnala, inoltre, che le “nuove dipendenze” (da Internet, da social network, da smartphone, da videogioco, o quelle dei disturbi alimentari) non sembrano entrare nel radar dei SerD.

I presi in carico per DGA nelle strutture del Lazio rappresentano il 5,3% del dato nazionale: una percentuale che, riparametrata al dato complessivo dei residenti (circa 6 milioni su circa 60 milioni) attesta una scarsa efficacia della risposta socio-sanitaria della Regione. Il rapporto maschi/ femmine è 5 a 1.

Il comportamento prevalente (poco meno del 60%), è relativo al gioco attraverso apparecchi (AWP, VLT). Da segnalare un aumento nella platea dei nuovi presi in carico in relazione all’area delle scommesse e del gioco attraverso internet. Più del 30% gioca tutti i giorni. Considerando che dichiarare il ricorso ai circuiti illegali rappresenta una sorta di auto-denuncia, è comunque significativo che il 15% dei soggetti presi in carico ammetta di utilizzare circuiti di gioco illegale.

Interessante il dato che riguarda i fallimenti terapeutici: il 23% degli utenti totali che soffrono di DGA abbandona la terapia, contro il 14% per i pazienti dei SerD in trattamento per alcol e l’8% di dipendenti da droghe.

Volendo trarre un bilancio complessivo dell’attività dei SerD del Lazio, non si può che prendere atto che sia quantitativamente, sia qualitativamente, essa risulta insufficiente. Forse è per questo, in una anche non dichiarata consapevolezza dei limiti dell’offerta socio-sanitaria, che le autorità regionali nelle scorse settimane nell’ambito dell’illustrazione del nuovo Piano Sociale hanno privilegiato una comunicazione incentrata proprio intorno alla lotta al DGA.

DISTANZIOMETRO E COMPRESSIONE DEGLI ORARI: “STRUMENTI INEFFICACI E CONTROPRODUCENTI”

Per l’Istituto Superiore di Sanità, i concittadini che giocano sono nel nostro Paese circa 18 milioni e mezzo, ovvero il 36,4% della popolazione. Per il 43,7% di essi si tratta di uomini, per il 29,8% di donne. Il 26,5% (pari a 13.435.000) rientra nella categoria del giocatore “sociale”, con differenze significative tra maschi e femmine (rispettivamente 30,2% vs 23,1%), ovvero un cittadino che gioca saltuariamente, per puro divertimento.

I giocatori a basso rischio sono circa il 4,1% (2.000.000 di residenti), i giocatori a rischio moderato sono il 2,8% (circa 1.400.000 residenti). I giocatori problematici sono il 3% (circa 1.500.000 residenti). Tra i giocatori problematici la fascia di età 50-64 anni è la più rappresentata (35,5%). Va qui precisato che l’area dei giocatori problematici non coincide con quella dei giocatori patologici, definibili così solo a seguito di una diagnosi medica.

I “presi in carico”, ovvero i cittadini cui è stata diagnosticata una dipendenza patologica da gioco d’azzardo, sono in Italia circa 13.000 e vengono assistiti dai Dipartimenti delle Dipendenze Patologiche delle Asl.

Risulta, quindi, un delta molto alto tra il numero dei giocatori considerati problematici (1.500.000) e quelli diagnosticati patologici (13.000).

L’ISS ha, inoltre, riscontrato le rispettive predilezioni su “vicinanza” o “lontananza” dei punti gioco dall’abitazione e dal posto di lavoro, e anche il valore che le due categorie attribuiscono alla “riservatezza”, corroborando, di fatto, la valutazione che l’Eurispes ha espresso sul distanziometro.

La predilezione da parte dei giocatori problematici dei luoghi lontani da casa e per quelli che garantiscono maggior privacy per quote percentuali in entrambi i casi superiori al 10% (mentre la lontananza dal luogo di lavoro appare meno influente).

I giocatori fortemente problematici preferirebbero privacy e lontananza dai luoghi dove si vive quotidianamente e si è maggiormente conosciuti. L’assunto secondo cui il “distanziometro” non serve in quanto chi manifesta il disturbo non viene dissuaso dal gioco per la distanza, viene così addirittura ribaltato: il “giocatore problematico” ricerca luoghi lontani che garantiscono privacy e occultano in qualche misura la sua condizione di difficoltà. Conseguentemente, si potrebbe affermare che il “distanziometro” non mitiga la pulsione al gioco dei giocatori problematici o patologici, mentre può avere un effetto di dissuasione per quelli “sociali”.

ROMA CAPITALE: LA MAPPATURA DEL TERRITORIO. IL GIOCO PUBBLICO ESCLUSO DAL 99% DELLA CITTÀ

Che cosa accadrebbe “concretamente” se sul territorio di Roma Capitale fosse applicata la norma regionale del distanziometro? L’Eurispes ha analizzato il territorio di Roma Capitale, intrecciando i “luoghi sensibili” (così come identificati nel Regolamento del 2017), e la distanza di “500 metri” indicata nelle modifiche della legge regionale (ottobre 2018) che supera quella di 350 metri indicata nel medesimo Regolamento comunale, entro la quale non è possibile l’offerta di gioco legale. Bisogna specificare che il testo regionale ha immediata validità per le “nuove sale gioco”, ma non indica una scadenza di applicazione per quelle già esistenti. Secondo la mappatura, sul territorio romano ci sono: 326 scuole d’infanzia comunali; 225 scuole d’infanzia statali, 367 scuole primarie statali, 153 scuole primarie non statali, 188 scuole statali di primo grado, 75 scuole non statali di primo grado, 152 scuole statali di secondo grado, 141 scuole non statali di secondo grado, 45 istituti superiore, 133 centri di aggregazione, 2.983 impianti di strutture sportive, 100 ospedali, 152 centri anziani, per un totale di 5.41 luoghi sensibili. È stato calcolato un raggio di 500 metri da ognuno dei siti appena elencati, e sono state escluse dalla valutazione di insediabilità le aree incompatibili con gli strumenti urbanistici (aree agricole, parchi, aree per servizi pubblici, ecc.).

Il risultato è che le aree di residua insediabilità si riducono allo 0,7% del territorio di Roma Capitale. In sostanza, l’offerta di gioco pubblico risulta preclusa per una percentuale del territorio comunale superiore al 99%.

Se si considera che al 30 giugno 2019 operavano in questo territorio 1.972 esercizi con AWP e 246 sale con VLT, risulta evidente che quasi il 100% dell’offerta di gioco pubblico sarebbe espulsa ad opera del distanziometro.

A questo punto è legittimo chiedersi se il legislatore regionale del Lazio – ma ciò vale anche per tutte le altre regioni – abbia avuto o meno consapevolezza degli effetti di uno strumento come il distanziometro, al momento del varo della legge sul gioco.

I DATI OCCUPAZIONALI DELLA FILIERA DEL GIOCO PUBBLICO NEL LAZIO: A RISCHIO IL 95% DEI 16.254 POSTI DI LAVORO

È stata analizza l’evoluzione dei dati riferibili ai negozi generalisti e quelli specializzati che offrono giochi, basandosi sul RIES (Richieste Iscrizione Elenco Soggetti) dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che registra i punti vendita con apparecchi, escludendo quindi solo una parte di punti vendita che offrono solo prodotti di lotteria.

I punti vendita generalisti che hanno effettuato attività commerciale con apparecchi, sono scesi dagli 8.545 totali del 2017 a 6.249 a marzo 2019, in conseguenza delle differenti azioni nazionali (riduzione di oltre il 35% degli apparecchi AWP e aumenti del Preu) e locali (in particolare, limitazioni orarie in molti comuni del territorio laziale tra cui Roma 
Capitale).

Il gioco regolamentato nel Lazio (non considerando gli esercizi che rivendano esclusivamente giochi di lotteria quali Lotto, Superenalotto o Gratta&Vinci) genera attualmente redditi da lavoro per 16.254 addetti (redditi equivalenti). Il valore è sottostimato quanto al numero delle persone percipienti reddito in assoluto, in quanto esso riporta a reddito equivalente anche il contributo al reddito, per esempio, degli esercenti generalisti (quota del reddito del punto vendita prodotto dall’ospitare apparecchi da intrattenimento od altri prodotti di gioco). Il dato non considera, inoltre, i dipendenti delle società affidatarie delle concessioni di gioco, molte delle quali hanno sede nel Lazio.

I 16.254 redditi equivalenti generati dalle 6.359 aziende che operano nel comparto gioco regolamentato nel Lazio – delle quali 4.972 esercenti non specializzati, 1.277 esercenti specializzati e 110 attive nei servizi di noleggio, produzione e manutenzione e assistenza tecnica –, sono così suddivisibili: 11.282 sono redditi da lavoro diretti (2.486 in esercizi non specializzati, 7.916 in esercizi specializzati e 880 nelle società di noleggio, produzione e manutenzione); 
4.972 sono i redditi di lavoro indiretti (quelli di esercizi non specializzati per i quali il gioco pubblico è componente essenziale della redditività; in assenza del contributo al reddito dallo stesso gioco pubblico, larga parte di questi esercizi potrebbero essere a rischio per la crisi economica delle attività).

Nel caso in cui venisse applicato quanto previsto dalla legge regionale dell’ottobre 2018 relativamente al distanziometro, alla pratica espulsione dell’offerta attestata per il territorio di Roma Capitale, corrisponderebbe una equivalente contrazione degli occupati regionali per percentuali certamente superiori al 95%. 


L’AREA DELLA ILLEGALITÀ̀ NEL LAZIO. UNO SGUARDO D’INSIEME: TERRITORIO E INTERESSE DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

Nelle più recenti indagini coordinate dalla DNA è emersa una vera e propria spartizione, da parte di clan riconducibili a tutte le mafie tradizionali, del controllo del mercato della raccolta illecita delle scommesse online, mediante l’utilizzo di un comune know-how. La tendenza delle famiglie appartenenti alle mafie tradizionali è oggi quella di operare illecitamente in modo congiunto e condiviso, quasi “federato”, al fine di massimizzare i profitti.

Se l’interesse della criminalità organizzata verso la gestione del gioco illegale è di vecchia data e negli ultimi decenni si è ulteriormente ampliato (in ragione delle opportunità di riciclaggio ed arricchimento), lo sfruttamento del mercato legale e la sua infiltrazione si realizzano essenzialmente nell’esercizio di forme di controllo sugli esercizi commerciali regolarmente autorizzati, attraverso comportamenti estorsivi, l’imposizione di apparecchi da gioco nei bar e nei tabacchi e nell’apertura di punti di scommesse gestiti attraverso prestanome.

Per la complessità delle modalità operative, alcune attività illecite vengono condotte attraverso professionisti dotati di specifiche competenze tecniche, come nel caso della manomissione degli apparecchi da gioco (schede elettroniche) allo scopo di alterare il collegamento alla rete dei Monopoli di Stato – “registrando” così un numero minore di singole giocate al fine di sottrarsi all’imposizione fiscale, o di alterare le percentuali minime di vincita previste dai regolamenti, in modo tale da introitare maggiori proventi. In alcuni casi, tale modus operandi prevede la collusione di pubblici ufficiali e/o appartenenti alle Forze di Polizia che omettono i previsti controlli amministrativi.

Come emerge dal lavoro di prevenzione e contrasto della Direzione Investigativa Antimafia sul territorio regionale, gli interessi illegali legati al settore del gioco e delle scommesse nel territorio del Lazio, e in particolare a Roma, vanno inquadrati nel contesto di una realtà criminale fortemente articolata.

Il Lazio è infatti un’area in cui la diffusione di ricchezza e le possibilità di investimento costituiscono una potenziale attrattiva per la criminalità organizzata che, anche al di fuori dei territori di originario insediamento, è principalmente interessata a riciclare e reinvestire capitali.

A ciò si aggiunga come la presenza sul territorio delle varie consorterie mafiose (extraregionali ed autoctone), nonché di altre e diverse fenomenologie criminali, è di fatto caratterizzata da un clima di tendenziale pacifica convivenza. Sono rari, infatti, i casi di contrapposizione violenta che, se correlati alla pervasività delle azioni criminali, assumono una rilevanza marginale. Le motivazioni di tale forma di compresenza sul territorio sono da ricercare nella differenziazione delle attività delinquenziali cui si dedicano le varie consorterie, nell’ampiezza e complessità del territorio di riferimento, e nella presenza di un tessuto economico che permette la coesistenza dei vari interessi. La miglior strategia per portare a compimento i propri interessi criminali sembra dunque quella di rendersi di fatto “invisibili”. Le consorterie hanno, quindi, adottato metodi operativi che, per quanto differenti, si caratterizzano tutti per la progressiva limitazione delle componenti violente e “militari”, che hanno ceduto il passo alla ricerca di proficue relazioni di scambio e di collusione finalizzate ad infiltrare economicamente il territorio.

Sono proprio queste caratteristiche di “silente” contaminazione che rendono il fenomeno del gioco illegale fortemente appetibile per le organizzazioni, al punto da avvicinarsi per redditività al narcotraffico e allo spaccio di stupefacenti.

Nella Relazione del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2019, si indica il progressivo affermarsi di un fenomeno nuovo: alla fittizia intestazione di beni ed attività a soggetti “puliti” da parte di esponenti mafiosi e alla compartecipazione sociale “a distanza” si affermano forme complesse di investimento delle ricchezze mafiose. Ciò avviene attraverso la penetrazione di un tessuto socio-economico ricco di potenzialità, come quello romano, le Mafie vi esportano interni pezzi del proprio business, delocalizzando e più spesso replicandovi attività, quali, in particolare, la commercializzazione delle sostanze stupefacenti ovvero la gestione delle sale gioco e delle slot machines. Si crea dunque una rete capillare attraverso di “rapporti di interscambio” tra esponenti di riferimento nei territori di origine e quelli aggregati sul territorio nel quale avviene l’”espansione”.

Tra le diverse organizzazioni nazionali, la Camorra è quella che sul territorio del Lazio sembra aver espresso il maggior grado di infiltrazione e specializzazione, attraverso la diretta gestione (talvolta d’intesa con soggetti criminali appartenenti a matrici diverse) di attività imprenditoriali correlate al settore dei giochi e delle scommesse, costituite o rilevate con il reinvestimento di capitali illeciti. ‘Ndrangheta e Cosa Nostra hanno individuato la Capitale ed il suo hinterland come aree di riciclaggio dei proventi illeciti, provenienti anche dalla raccolta di scommesse esercitata però in altre aree territoriali.

La criminalità pugliese è risultata, invece, presente in posizione di partnership con altre matrici criminali, in particolare quelle di origine campana e con organizzazioni autoctone della Capitale.

Infine, è stato interessante analizzare gli interventi della Guardia di Finanza finalizzati al contrasto del gioco illegale e irregolare, che nel Lazio sono quasi raddoppiati in un anno: da 315 nel 2017 a 566 nel 2018. Allo stesso tempo, aumentano le violazioni riscontrate passate da 123 nel 2017 a 165 nel 2018. I dati relativi ai sequestri restituiscono, invece, un netto divario tra gli apparecchi da gioco sequestrati nel 2017 (139) e quelli oggetto di sequestro nel 2018 (14). Tuttavia, se nel 2017 il PREU “evaso” accertato risulta pari a zero, lo stesso ammonta a euro 71.385 nel 2018.

Sono in aumento i punti clandestini di raccolta scommesse oggetto di sequestro (passati da 11 nel 2017 a 25 nel 2018) mentre riguardo ai cosiddetti “Totem” non si registra alcuna misura cautelare per il 2018 (a fronte di 3 sequestri eseguiti nel 2017). Anche riguardo alla raccolta illegale delle scommesse, l’andamento relativo all’imposta unica “accertata” risulta inverso a quello dei sequestri, evidenziando nel 2017 la somma di euro 34.450 a fronte di alcun importo per il 2018.

Infine, il Libro Blu 2018 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nella sezione Giochi, relativamente ai controlli e accertamenti eseguiti nella Regione Lazio, indica un totale complessivo di 1.569 violazioni amministrative ed un’imposta accertata pari a euro 38.675.562 a fronte di 622 sanzioni irrogate.

Se l’imposta evasa riguarda il settore scommesse per euro 38.459.163 (con un residuo riferibile al segmento AWP di euro 216.399), le violazioni amministrative complessive accertate per le AWP sono pari a 281, rispetto alle 8 comminate nel segmento scommesse. Inferiore il divario delle violazioni penali, che sono 17 nell’area scommesse e 11 nell’area apparecchi da gioco.

Le aree dell’illecito sono state riscontrate nei seguenti comparti: gioco fisico/on line, mediante i cosiddetti “Totem”; gioco on line effettuato mediante i CTD (Centri Trasmissione Dati) o i PDR (punti di ricarica); l’alterazione degli apparecchi da divertimento (slot).

I controlli relativi agli esercizi di gioco hanno evidenziato un trend in costante aumento: nel 2017 l’attività di verifica ha riguardato più di 35.000 esercizi, oltre il 33% del totale, inclusi quelli in cui si effettua gioco senza autorizzazione. In parallelo, l’attività finalizzata all’inibizione dei siti web irregolari registra, nell’arco di tempo dal 2006 al 2018, un totale di siti “oscurati” pari a 8.009, e nel 2018 se ne registrano 1.042, quasi il doppio di quelli del 2017.

CONVERSAZIONE CON STEFANO MUSOLINO, MAGISTRATO IMPEGNATO CONTRO IL GIOCO ILLEGALE

All’interno del Rapporto di ricerca su “Gioco pubblico e dipendenze nel Lazio” è contenuta una approfondita intervista al Magistrato Stefano Musolino, Sostituito Procuratore della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e della Direzione Distrettuale Antimafia, e membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Eurispes su “Giochi, Legalità e Patologie” e componente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Giochi, Legalità e Patologie dell’Eurispes.

Le indagini evidenziano, secondo il Magistrato, una tendenza della criminalità ad indirizzarsi verso il gioco illegale rispetto all’infiltrazione nella filiera legale, «perché sono maggiori i margini di profitto, ma anche perché nel sistema illegale la criminalità organizzata ha una maggiore possibilità di incidere sulle organizzazioni imprenditoriali che vi operano e che, di solito, sono poco strutturate e, perciò, più permeabili». D’altra parte, non bisogna sottovalutare come «spesso la crescita dei fatturati aziendali è il frutto della contestuale gestione legale ed illegale della raccolta di puntate su giochi e scommesse da parte dell’impresa; sicché, quando un brand è cresciuto, grazie al supporto della criminalità organizzata, non è, poi, semplice epurare dall’operatività aziendale, le infiltrazioni mafiose».

Volumi che oramai superano i 30 miliardi, ovvero un terzo dell’intero volume del gioco pubblico, senza considerare l’area del gioco online illegale. È nel comparto del gioco on line, dunque, che si concentrano le maggiori attività criminali «perché tendenzialmente il sistema di raccolta fisica di giochi e scommesse è più facilmente controllabile, sicché è più agevole identificare e reprimere le sue deviazioni dal modello legale, sebbene dei margini di operatività illecita esistano e si annidino nelle pieghe delle restrizioni imposte dal sistema normativo. Ad esempio, a fronte dei limiti imposti al valore delle puntate, il gestore del punto di raccolta può scegliere di accettare la giocata, assumendo personalmente o con altri, il rischio economico del bookmaker, sfruttando l’allibramento ed il palinsesto, garantiti dal brand. L’offerta online, invece, è strutturalmente più evanescente e meno controllabile. In quest’ultimo sistema, poi, va registrata la presenza sempre più diffusa dei cosiddetti PVR (punti vendita ricarica) la cui proliferazione sul territorio (a fronte di un servizio che, se svolto solo nei limiti del perimetro legale, non giustificherebbe una così intensa diffusione), spesso, occulta fenomeni di intermediazione illecita nel rapporto tra giocatore e bookmaker (nazionale o internazionale), attraverso la raccolta fisica di giochi e scommesse».

Al Procuratore Musolino è stato chiesto infine di esprimere un giudizio sugli allarmi sulle dipendenze da gioco, che si concentrano quasi esclusivamente sul gioco attraverso apparecchi e gli strumenti che vengono proposti a livello di legislazioni regionali e di regolamenti comunali (distanziometro, compressione degli orari). Il Magistrato Stefano Musolino, Sostituito Procuratore della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e della Direzione Distrettuale Antimafia, e membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Eurispes su “Giochi, Legalità e Patologie” parla di «una ipocrisia sociale. Di fronte al problema connesso all’eccesso di domanda nel settore economico non si cerca di individuare ed affrontarne le ragioni, ma piuttosto di contenerla, con metodi palliativi (distanze, orari, individuazione di luoghi cosiddetti sensibili), rivelatisi poco efficaci, perché incapaci di alcun autentico effetto contenitivo delle ludopatie, ma anche di costituire deterrenti rispetto all’accesso al gioco dei minori. Insomma, non si tratta di strumenti utili a risolvere i problemi, ma, piuttosto, necessari a tacitare la coscienza istituzionale, senza turbare i flussi erariali».

CONCLUSIONI

Nel presentare la ricerca sulla Regione Lazio, l’Osservatorio dell’Eurispes, supportato dagli elementi che anche essa ha prodotto, conferma che:
– gli strumenti cardine delle legislazioni regionali (distanziometro e compressione degli orari di offerta del gioco pubblico) laddove applicati – nel caso del Lazio al momento relativamente agli orari ‒ non modificano sostanzialmente i complessivi volumi di gioco, in quanto danno vita ad una trasmigrazione tra le diverse tipologie dell’offerta, a vantaggio soprattutto dell’online;
– il distanziometro sconta una sostanziale inapplicabilità, in quanto rispetto alla distribuzione territoriale ad oggi in essere, esso comporta (o comporterebbe) la quasi totale espulsione dell’offerta legale, con percentuali residue di insediabilità comprese tra il 5% e lo 0,7%, come attestato da mappature e studi tecnici che l’Istituto ha realizzato;- l’offerta socio-sanitaria dei Dipartimenti delle Dipendenze Patologiche delle Asl risulta assolutamente insufficiente sia per ciò che concerne i target di giocatori patologici raggiunti e presi in carico, sia per la genericità e aspecificità dei protocolli utilizzati, che risentono delle più tradizionali competenze dei SerT (droghe, alcol);
– la compressione dell’offerta pubblica di gioco sfocia in una intensificazione dell’intervento della delinquenza comune e della criminalità organizzata a conferma che l’area del gioco si presta con grande facilità a scorribande dell’illegalità.

 

Gioco pubblico e dipendenze nel Lazio. Focus sulla città di Roma (2019)


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