Città Circolari, la via alla sostenibilità urbana

Città Circolari, la via alla sostenibilità urbana

Intervento del Prof. Fabrizio Zucca, coordinatore Laboratorio Eurispes sulla Sostenibilità

Incontro “Il futuro delle metropoli occidentali: what’s next?”

Milano, 20 ottobre 2022 – Università Cattolica del Sacro Cuore

Promosso da Centro Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa, Fondazione Sinderesi e Konrad-Adenauer-Stiftung

 

Nel 1900 la popolazione mondiale non superava 1,7 miliardi di persone, di queste solamente 0,7 erano urbanizzate e vivevano in città. Le proiezioni demografiche ci dicono che nel 2050 saremo in 10 miliardi, anno che potrebbe rappresentare anche il “picco” demografico mondiale prima di una fase di assestamento e di calo. Su 10 miliardi di persone si stima che un numero compreso tra i 7,5 e gli 8 miliardi vivranno in aree urbane. Un incremento che non può essere solamente letto attraverso questi pochi numeri, ma anche in virtù di come le città siano cambiate nel corso degli anni. Fino agli anni Cinquanta, infatti, la dimensione media della città la legava ancora in modo indissolubile al territorio e alla regione circostante da cui provenivano la maggior parte di risorse necessarie per il sostentamento.

Già oggi, se guardiamo soprattutto all’Asia ma anche negli altri continenti seppur in modo minore, le città hanno raggiunto dimensioni demografiche impensabili anche solo sessanta o settanta anni fa. Se si pensa alla municipalità – che è l’equivalente delle nostre aree metropolitane – di Shanghai si arriva a parlare di un agglomerato urbano di poco oltre i 30 milioni di abitanti con una densità di 4,8 milioni di abitanti per Km2. Solo per un confronto la Lombardia non raggiunge i 10 milioni con una densità di poco superiore a 400.000 abitanti per Km2.

La crescita delle dimensioni ha anche modificato radicalmente la natura delle città: non si tratta quindi di un solo effetto di aumento della scala, ma proprio dello sviluppo di aggregati che rispetto al passato ne mantengono il nome ma sono difficilmente comparabili, se non per il sistema di governo che spesso è rimasto ancorato al passato e che risulta poco efficiente per governarle. Si pensi, ad esempio, alla città di Milano. Se di notte sorvoliamo la Lombardia ci rendiamo conto che presenta uno sviluppo urbano che si estende da Novara a Brescia, da Ovest verso Est, e da Lodi o Pavia fino a Como, Varese e Lecco nella sua dimensione da Sud verso Nord. Il governo di questa grande area urbana che insiste su Milano ha un potere che è frazionato in molteplici amministrazioni che sono depositarie di tutti i compiti di gestione sui loro territori.

Con la dimensione è anche cambiato in modo radicale il rapporto tra città e regione e le dinamiche interne alle città. Il ciclo produzione-consumo-generazione e smaltimento dei rifiuti-rigenerazione del territorio si è interrotto, le città sono diventate dei grandi metabolizzatori di risorse attraverso il consumo di prodotti ed energia che non si trovano più dentro la città o nella regione circostante, ma possono essere distribuiti in qualsiasi parte del mondo; lo stesso vale per lo smaltimento dei rifiuti, i quali non vengono più utilizzati per rigenerare il territorio, ma devono essere smaltiti, portati dalle città verso altri territori – a volte anche all’estero – per preservare il suolo potenzialmente utilizzabile per la crescita degli agglomerati urbani stessi.

In quest’ottica il problema reale che si è posto fino ad oggi era legato all’approvvigionamento e allo smaltimento, processi per i quali nel tempo si sono create infrastrutture ad hoc che per funzionare richiedono un elevato consumo di risorse e di energia.

Le risorse sono una delle chiavi di lettura del cambiamento verso un modello circolare delle città che sono responsabili della maggior parte del consumo delle suddette e di oltre il 75% dell’energia prodotta a livello mondiale. Al di là del dibattito sull’energia, fossile o rinnovabile, che ha caratterizzato i mesi recenti anche per il vertiginoso aumento del prezzo del gas, deve essere chiaro che il problema di scarsità si estende a tutte le risorse non rinnovabili (in figura 1 la tavola di Mendeleev mostra una chiara proiezione dello stato delle risorse tra 100 anni) è causa del continuo spostamento dell’overshoot day (indica, a livello illustrativo, il giorno nel quale l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal Pianeta nell’intero anno) il quale, di anno in anno, viene anticipato – una ventina di anni fa era ancora a Dicembre, mentre nel 2022 è stato addirittura il 28 luglio.

Il modello lineare di città vista come un grande metabolizzatore di risorse sta diventando sempre meno sostenibile. Il grande afflusso di risorse necessarie all’approvvigionamento e il consumo che spesso si traduce in spreco – e la conseguente creazione di rifiuti che richiedono uno smaltimento – crea sempre più problematiche in termini ambientali e sociali per cui è necessario agire non solo in un’ottica di riduzione e di sostenibilità futura, ma anche in un’ottica di rigenerazione dell’ecosistema urbano.

Il termine ecosistema introduce tre concetti chiave. Il primo è quello di cambiamento inteso come attività vitale delle città che sono sempre in continuo mutamento; il secondo è di natura socio-economica e sottintende l’interazione tra chi vive in città e la città stessa con le sue infrastrutture; il terzo è di equilibrio inteso come capacità della città di essere sostenibile nel tempo e di rigenerarsi. In questi concetti va individuato un paradigma capace di ripensare il processo produzione-consumo-smaltimento rendendolo capace di ridurre il consumo di risorse utilizzate e di conseguenza anche dell’energia necessaria a sostenere il flusso.

Una città circolare è un sistema urbano in cui le risorse fluiscono in un percorso circolare, l’ecosistema si rigenera e il sistema tecnologico e sociale (infrastrutture e comunità) si evolvono con il cambiare delle condizioni di contesto. Uno sviluppo circolare è quello che ha la capacità di implementare sistemi circolari, attività e infrastrutture, attraverso la pianificazione degli spazi e dei processi di sviluppo economici dando un ruolo centrale a obiettivi di sviluppo (SDG) come l’equità inter-generazionale, il futuro e la protezione dell’ambiente.

La città circolare si caratterizza per la capacità di offrire ai propri cittadini quello di cui hanno bisogno, quando ne hanno bisogno e soprattutto a prezzi accessibili al più ampio spettro delle persone per garantire il più elevato tasso di inclusione attraverso processi di efficientamento, riutilizzo, riparazione e rigenerazione degli oggetti d’uso utilizzando fonti di energia rinnovabile.

Nella raffigurazione a lato viene rappresentato il meccanismo circolare che riporta – attraverso la chiusura dei cerchi interni sia del ciclo dei materiali biologici sia di quelli tecnici – in città processi produttivi che non necessitano di nuove risorse ma si avvalgono delle risorse materiali che sono già presenti accrescendo il loro ciclo di vita e riducendo gli scarti, l’utilizzo delle infrastrutture di trasporto, il consumo del suolo e quello di energia. Mentre in àmbito socio-economico sviluppano nuove tipologie di lavoro basate su competenze spesso dimenticate che permettono di continuare a creare sviluppo in un percorso di dissociazione (decouplig) dal consumo di risorse non rinnovabili attraverso una creazione di valore che è data dalla creatività del lavoro. La creazione di attività locali che permettano il riutilizzo, la riparazione e la rigenerazione degli oggetti passano anche attraverso la capacità di progettare gli oggetti stessi in un modo che ne consenta la modularità e la facilità nelle fasi di assemblaggio e riassemblaggio.

Negli anni molti progetti di rigenerazione urbana sono stati guidati soprattutto da princìpi di tipo estetico, ambientale e digitale ed hanno prodotto processi marcati di gentrificazione, dal momento che i prezzi degli immobili sono cresciuti in modo significativo non permettendo l’accesso a larghe fasce della popolazione ed escludendo progetti di produzione urbana basati sulla rigenerazione dei prodotti o sull’agricoltura urbana.

Esclusivamente negli anni più recenti le città hanno iniziato ad inserire indicatori di circolarità nei loro piani di sviluppo urbano che potessero incentivare la creazione ed il mantenimento sul territorio di attività di rigenerazione di risorse e la creazione di nuove tipologie di mercati adatti a trattenere le risorse e a creare lavoro per fasce più ampie della popolazione senza compromettere la crescita dei valori immobiliari. Città come Parigi, Londra, Stoccolma e Amsterdam hanno inserito nei loro piani di crescita riferimenti e azioni di sviluppo circolare; altre città hanno aderito al progetto dell’OCSE sulla città circolare che fornisce linee guida e indicatori per la misurazione e l’individuazione delle leve necessarie a favorire il cambiamento che difficilmente potrà essere effettuato da un processo di governo top down o da un unico stakeholder. La possibilità di successo e di intervento passa attraverso la sensibilizzazione, l’educazione ambientale e la collaborazione tra gli utilizzatori della città (stakholders) sia nella dimensione orizzontale (ad esempio tra i cittadini) sia in quella verticale con progetti di collaborazione pubblico/privato e orientando i processi di acquisto delle Pubbliche amministrazioni verso i beni prodotti localmente ed alimentati da processi di urban mining ed ecodesign.

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