Atti del webinar. “Una ripresa senza ipoteche”

Lo scorso giugno, la sede campana dell’Eurispes ha organizzato il webinar dal titolo “Una ripresa senza ipoteche”, per approfondire quelli che sono i potenziali rischi di infiltrazione mafiosa nelle aree interne e metropolitane della Regione Campania. Il webinar si è articolato in due sessioni: quella della mattina, incentrata su tematiche politiche, sociali ed economiche attraverso gli interventi di esponenti del mondo accademico, delle Amministrazioni territoriali e dei professionisti; quella pomeridiana, destinata ad ospitare le riflessioni dei Procuratori della Repubblica italiana e dei Magistrati. Al centro di entrambe le sessioni, il tema della legalità connesso all’imperdibile occasione di sviluppo, investimento, ammodernamento che si prefigura all’orizzonte per il nostro Paese. Come impedire che i fondi che si stanno per riversare sull’Italia diventino preda della criminalità organizzata? Questa, di fatto, sa mutare adattandosi alle circostanze, adeguandosi alle emergenze, sfruttando le difficoltà per infiltrarsi nel circuito virtuoso dell’economia. Alcune risposte e spunti di riflessione sono stati offerti dai relatori che hanno messo a disposizione la loro esperienza.

A seguire gli interventi dei relatori, per visualizzare il programma dei lavori collegarsi al link https://eurispes.eu/news/una-ripresa-senza-ipoteche-convegno/

SESSIONE DEL MATTINO

STEFANIA PAVONE, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli: Buongiorno, è con grande piacere che porto i saluti dell’Ordine degli Avvocati di Benevento a tutti gli intervenuti. Ringrazio la collega, Paola Porcelli, Direttore della sede Campania dell’Eurispes per averci scelto quale Ente patrocinatore dell’evento odierno che vede la partecipazione di prestigiosi e autorevoli relatori. Rubo pochissimo tempo per condividere alcuni spunti di riflessione che credo meritino attenzione. L’Unione europea destinerà con il Recovery Fund agli Stati membri miliardi di euro, ma il flusso di denaro che verrà erogato per mettere in atto le progettualità previste dal Recovery Plan, rende concreto il rischio che la criminalità organizzata tenti di intercettarne una grossa porzione. Se questo accadrà vorrà dire che questi aiuti purtroppo andranno dispersi e non saranno spesi negli interessi di chi, effettivamente, ne avrà bisogno. Tuttavia, il timore non infondato che le mafie possano intercettare fette significative di fondi destinati alla ripresa non deve paralizzare la stragrande maggioranza delle iniziative meritevoli e, a mio parere, la semplificazione delle procedure introdotta con il decreto legge 77 del 31 maggio, accompagnata ad un incremento della trasparenza e della digitalizzazione. Si potrebbero eliminare o, comunque limitare, i fenomeni corruttivi – che si sa, trovano terreno fertile dove la macchina amministrativa è più complessa – facendo attenzione a non far passare il messaggio che semplificare significa abbassare le tutele ed erogare a rispetto della legalità. Credo che l’occasione che si presenta al Paese con il Recovery Fund non possa prescindere anche da una serie di riflessioni preliminari che mettono in evidenza il ruolo sociale che l’avvocatura è chiamata a svolgere, promuovendo i temi della legalità, la formazione e l’informazione, tutelando le iniziative poste in essere e diffondendo un messaggio propositivo ed autorevole che miri ad essere raccolto ed apprezzato dalle Istituzioni e, più in generale, anche dalla collettività così da meritarne una rinnovata fiducia dopo tanto buio etico. Per una ripresa efficace è importante che ognuno di noi faccia la sua parte, è indispensabile un impegno civico collettivo, comune nei settori della politica giudiziaria e delle professioni, che deve avere come obiettivo la salvaguardia delle tutele, il rispetto verso i cittadini che chiedono l’applicazione della legge, la certezza del diritto, l’adesione a valori etici per i quali è fondamentale che chiunque svolga funzione di rappresentanza e di governo venga considerato in virtù dei propri comportamenti ineccepibili, positivi, fermi, coerenti, come esempio e autorevole punto di riferimento da parte della collettività. Dobbiamo, insomma, evitare che la criminalità approfitti di un’idea di Stato incapace di tutelare i cittadini, perché dove latita lo Stato si sa che le mafie sono presenti e, talvolta, addirittura si mostrano come benefattrici del popolo. Sono certa, e concludo, che dall’incontro odierno, grazie al prezioso contributo degli illustri relatori e grazie anche all’esperienza maturata nel corso degli anni della loro attività, emergeranno possibili soluzioni idonee a fronteggiare le iniziative malavitose e a far sì che le risorse vengano realmente impiegate per una ripresa epocale. Restituisco la parola augurando a tutti un proficuo svolgimento dei lavori. Grazie.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Buongiorno a tutti e benvenuti a questo webinar che abbiamo deciso di intitolare Una ripresa senza ipoteche, organizzato dalla sede campana dell’Eurispes. Siete in tantissimi e spero che il vostro interesse a partecipare al seminario venga ripagato dai lavori e dai contenuti che costituiscono le finalità del nostro lavoro, come anticipato dall’Avv. Stefania Pavone, Presidente del COA di Benevento, che ringrazio per la collaborazione. L’Eurispes, fondato e presieduto dal Prof. Gian Maria Fara a cui va il mio saluto e il mio ringraziamento, è un Ente privato che opera nel campo della ricerca politica economica e sociale dal 1982. Dal 1986 l’Istituto è iscritto all’Anagrafe Nazionale degli Enti di Ricerca del Miur e in quarant’anni di attività ha realizzato centinaia di ricerche. Racconta l’Italia attraverso il Rapporto Italia, che quest’anno è giunto alla sua 33° edizione, ed è considerato uno dei più rilevanti e importanti istituti a livello internazionale. Proseguendo nell’opera di proiezione sul territorio della propria attività istituzionale, l’Istituto ha aperto di recente la sede Campania, che avrà il compito di osservare ed indagare l’evoluzione delle diverse problematiche politiche, economiche e sociali con l’obiettivo di coglierne ed interpretarne i punti di forza e di fragilità e proporre, nello stesso tempo, possibili idee e soluzioni. In quest’ottica, l’Istituto ha organizzato l’odierno incontro sul tema della legalità e del Recovery Fund con un approfondimento specifico sui potenziali rischi di infiltrazione nelle aree interne e metropolitane della nostra Regione. Il webinar è articolato in due sessioni: la prima – che inizierà a breve – è dedicata al dialogo politico, sociale ed economico, mediante i contributi dei rappresentati del mondo dell’editoria, delle professioni, dell’accademia e delle Amministrazioni territoriali. La seconda sessione – che avrà luogo questo pomeriggio – ospiterà i Procuratori della Repubblica italiana, i Magistrati inquirenti e requirenti che per le funzioni rivestite, nel rispetto delle informazioni riservate e solo sulla base della loro esperienza, possono offrire indicazioni e spunti di riflessione, utile a rendere consapevole la collettività di quello che è il rischio dell’infiltrazione della criminalità organizzata in questo momento storico. Per tutta l’Italia il Next Generation EU rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimento, ammodernamento, sia normativo che istituzionale. È un programma di portata e ambizione inedita, e prevede investimenti per le riforme che comporteranno un’accelerazione della transizione ecologica e digitale tale da migliorare la formazione di lavoratrici e lavoratori, e ne conseguiranno una maggiore equità di genere territoriale e generazionale. In questo quadro occorre prestare la massima attenzione affinché le risorse che sono destinate a migliorare e a modernizzare la Pubblica amministrazione, rafforzare il sistema produttivo, contrastare la povertà, l’esclusione sociale, le disuguaglianze, non diventino in alcun modo preda e interesse della criminalità organizzata. Questa sa adeguarsi alle emergenze, alle contingenti difficoltà economiche che in questo momento riguardano privati, professionisti, piccole e medie imprese, infiltrandosi nel circuito virtuoso dell’economia. Oggi ho l’onore e il privilegio di introdurre i loro lavori che vedranno come relatori: il Prof. Gerardo Canfora, Magnifico Rettore dell’Università degli studi del Sannio quindi il mondo accademico, l’On. Nicola Caputo, Assessore all’Agricoltura della Regione Campana, il Prof. Felice Casucci, Assessore al Turismo della Regione Campania (quindi il governo territoriale e quelli che sono i settori chiave della nostra economia), il Dott. Nicola Graziano, Magistrato presso il Tribunale di Benevento (quindi la giurisdizione), l’Avv. Carlo Marino, Presidente dell’Anci Campania e Sindaco della città di Caserta (quindi l’Amministrazione territoriale e locale), il Dott. Carlo Palmieri, Vicepresidente Politica Industriale Competitività Unione Industriale Napoli (quindi il mondo dell’industria), il Generale Pasquale Preziosa, Presidente dell’Osservatorio Eurispes sulla Sicurezza (quindi ricerca e sicurezza), il Notaio Ambrogio Romano, Presidente del Comitato Notarile regionale per le professioni, l’Avv. Giosy Romano, Presidente dell’ASI di Napoli, l’Ing. Gennaro Vitale, Presidente dell’ANCE Campania. Passo, quindi, la parola al Prof. Canfora per il primo intervento della giornata.

GERARDO CANFORA, Rettore Unisannio: Ringrazio, l’avvocato Porcelli, per avermi invitato a questo appuntamento. È un momento di riflessione importante su un tema molto discusso, ma non sempre affrontato nella giusta ottica. Il Recovery Fund è una occasione incredibile, è stato detto più volte, e voglio partire proprio da questa affermazione: si tratta di una significativa quantità di risorse che arriveranno al nostro Paese e che, se ben utilizzate, ci consentiranno di ammodernarne il funzionamento in tutta una serie di settori, dalle infrastrutture ai servizi. Tuttavia, ci sono degli aspetti che è importante sottolineare. Normalmente si sente affermare nei dibattiti, o si legge sui giornali, che avremo un fiume di soldi da spendere; in realtà, la struttura di quello che è il PNRR è una struttura abbastanza articolata. Abbiamo 191 miliardi circa che vengono dal Piano Europeo, cui si aggiungono tutta una serie di risorse diverse che erano già state programmate, risorse nazionali come quelle dello scostamento pluriennale di bilancio che è stata approvata nello scorso aprile, che portano la cifra complessiva a 240 miliardi di euro in un arco temporale che va da oggi al 2026. La cosa importante, che però viene spesso sottaciuta, è che di questa quantità di danaro una percentuale relativamente piccola è a fondo perduto; perché il fondo perduto in questo Piano di cui si sta tanto parlando rappresenta circa 69 miliardi, una quota, ripeto, relativamente piccola. Il resto dell’intervento è articolato su fronti diversi: 122/123 miliardi sono prestiti garantiti a livello europeo – e già questo è un passo avanti epocale, perché dobbiamo ricordarci che oggi l’Europa di fatto investe e garantisce, la stessa Europa che all’inizio di questa vicenda pandemica ha visto la guerra dell’approvvigionamento delle mascherine e di altre attrezzature sanitarie indispensabili per far fronte all’emergenza – e il grosso sono prestiti; inoltre, c’è una fetta importante, oltre 30 miliardi, che sono investimenti in deficit, il famoso scostamento pluriennale di bilancio. Allora deve essere chiaro che non abbiamo 240 miliardi da spendere, ma da investire, perché se noi investiamo e otteniamo delle ricadute allora avrà un senso, altrimenti noi avremo 200 e passa miliardi di debito da sostenere, il che significa che oggi stiamo sostanzialmente ipotecando risorse che sono delle generazioni future. Questa è una riflessione importante che deve coinvolgere tutti noi, a partire da quelli che avranno un ruolo nella definizione degli interventi progettuali; è un richiamo alla responsabilità, dal momento che questi soldi li abbiamo presi in prestito al futuro, a chi verrà dopo di noi. Questo ci chiama a un gravoso impegno in termini di responsabilità nelle scelte che andiamo a fare. Il modo in cui questi soldi saranno investiti ha un quadro di riferimento chiaro, rappresentato dal PNRR che è già stato sottoposto all’Europa. Ma, ricordiamoci, che il documento che abbiamo presentato all’Europa è un documento che di fatto stabilisce le linee d’intervento, gli obiettivi generali, fa una prima allocazione di risorse rispetto ai macro obiettivi – le famose sei aree d’intervento – ma noi potremmo effettivamente andare a valutare l’efficacia e l’efficienza degli investimenti che stiamo mettendo in campo quando passeremo dal piano ai progetti, cioè ad un insieme di schede-intervento concrete che ci dovranno dire che cosa fare, dove, con quali tempi e così via. Se il documento programmatico è un documento – personalmente ritengo di grande qualità, il quale individua priorità e attribuisce una serie di responsabilità anche nella governance –, per quanto riguarda il processo di definizione degli interventi puntuali, secondo me, il nostro Paese deve ancora fare un po’ di strada. In particolare, ho letto il Piano, mi sono soffermato anche sul decreto ultimo del 31 maggio, il numero 77, quello che definisce sostanzialmente la governance, e devo dire che non mi è ancora chiaro quando si parla di progetti, chi propone, chi ha il compito di analizzare e valutare, e chi ha la responsabilità finale di approvare in un quadro organico. Oggi si stanno tutti preparando, dagli Enti locali alle Università, alle associazioni datoriali; tutti preparano schede per il PNRR, ma quello che manca è un approccio organico che sia centrato sulle esigenze dei territori, che sia centrato sulle esigenze del Paese. Mi pare che mentre abbiamo il quadro di riferimento definito dal Piano molto ben delineato con delle scelte chiare, su questa seconda parte invece siamo un po’ indietro rispetto al lavoro che ci aspetta. Altro aspetto che voglio sottolineare è quello relativo al primo foglio del decreto legge del 9 giugno, il numero 80, il decreto legge che definisce misure urgenti per il rafforzamento delle capacità amministrative della Pubblica amministrazione, funzionale all’attuazione del PNRR. Stiamo cadendo, di nuovo, nell’ottica della gestione eccezionale, straordinaria; anziché vedere questa come una occasione di potenziamento, di svecchiamento, di semplificazione della macchina burocratica e amministrativa, perché poi rimanga nella sua efficienza a disposizione della capacità progettuale e di crescita del Paese e dei territori. Mi pare che si sta delineando un approccio nel quale queste sono risorse speciali, che avranno un canale speciale, oltretutto con un pericolo latente di creazione di una nuova classe di professionalità precarie con le quali dovremmo fare i conti fra qualche anno. Noi veniamo da una tradizione nella quale alcune parti del Paese hanno avuto problemi, si sono trovate in affanno nello spendere i soldi europei – parlo di vecchi programmi quadro – non cadiamo nell’ottica del cercare delle strade eccezionali e parallele, perché penso che sia opportuno provare a utilizzare questa occasione per svecchiare, rafforzare, rendere più efficiente l’intera macchina amministrativa, altrimenti ci ritroveremo nell’assurdità che una stessa operazione dovrà essere fatta con procedure e con responsabilità diverse che per la Pubblica amministrazione sono difficili da sostenere. Si è poi fatto un gran parlare della dimensione dell’equilibrio territoriale. Noi dobbiamo cercare di capire cosa lasciamo sui territori a seguito degli investimenti, in particolare quando si parla di investimenti di grandi dimensioni soprattutto di natura di infrastrutture materiali e immateriali come quelle che sono previste nel PNRR. Dobbiamo sempre ricordare che le ricadute sono di due tipi: ci sono delle ricadute di breve termine, legate alla realizzazione delle opere, r ricadute sistemiche, di medio-lungo termine: se si realizza un nuovo polo logistico di interscambio in una qualche area, quel polo probabilmente nel medio-lungo termine porterà a una crescita del tessuto industriale. Gli investimenti territoriali, in particolare per quanto riguardano il primo aspetto, sono fortemente interconnessi; esistono diversi studi che dimostrano questa forte interconnesione. Uno che amo citare spesso ai miei studenti è di SRM e si intitola Interdipendenza economica e produttiva fra Mezzogiorno e Nord Italia, e fa vedere una cosa molto semplice. Fatto cento un investimento fatto al Sud di natura infrastrutturale, per quanto riguarda il primo tipo di beneficio, quello immediato, quello di creare occasioni di sviluppo del tessuto produttivo esistente, il 50% va al Nord, solo il 40% rimane al Sud e il 10% ha carattere internazionale; quindi, se faccio un qualunque investimento infrastrutturale al Sud il 50% del beneficio immediato in termine di creazione di occasioni per il mercato del lavoro è a beneficio del Nord. Il 40% tipicamente è beneficio delle aziende dei territori in cui si fa l’investimento, il 10% ha addirittura portata internazionale. Se giro la torta, cioè se faccio un investimento al Nord, circa il 90%va al mercato locale, con uno spill-over di poco meno del 5%per le imprese del Sud; il 10% rimane appannaggio internazionale. Allora, litigare se il 40%, il 38%, il 41%, è o non è adeguato al Sud è una parte della storia, l’altra parte della storia è: siamo in grado di mettere il tessuto produttivo locale nelle condizioni di competere con le proprie competenze? Penso che questo sia un altro tema troppo spesso trascurato e che, invece, nei prossimi 5-6 anni dovrà essere preso in considerazione; come promuovere aggregazioni di attori industriali capaci di andare ad invertire questo rapporto 50% che va a Nord per infrastrutture fatte a Sud e 90% che rimane a Nord per infrastrutture fatte a Nord?

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: La ringrazio Rettore per gli interessanti spunti di riflessione che ci ha offerto. La parola passa al professore Felice Casucci, Assessore al Turismo della Regione Campania.

FELICE CASUCCI, Assessore al Turismo della Regione Campania: Ringrazio tutti voi. Ringrazio, in particolar modo l’Eurispes che organizza questa rilevante iniziativa consentendo un momento di riflessione allo stato irrinunciabile. L’intervento del Rettore Canfora ne è la prova. Egli ha anticipato temi a me cari: in particolar modo, il tema del senso di responsabilità che deve muovere le politiche degli investimenti pubblici. Bisogna misurare ciò che s’investe, ma bisogna anche prendere atto dell’eccezionalità e straordinarietà del momento. Siamo ancora in una fase costruttiva, diciamo anche creativa, perché ogni giorno può determinarsi un mutamento di scenario. A noi Regione Campania e, più in particolare, a noi Assessorato alla Semplificazione Amministrativa e al Turismo, è di recente pervenuta una nota della Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome attraverso il suo Segretario generale, il quale ci ha comunicato che il 9 giugno 2021 si è tenuta la prima riunione del Comitato Consultivo per la Transizione amministrativa, istituito dal Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione. Il Comitato nasce con l’obiettivo di supportare le trasformazioni nelle Pubbliche Amministrazioni attraverso i processi di motivazione organizzativa e reingegnerizzazione delle procedure legati sia alla digitalizzazione sia alla più ampia riforma delle amministrazioni stesse, al fine di dare attuazione al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.  Tale Comitato pone alcune indicazioni: ad esempio, fissa termini assai stringenti per proposte sui servizi pubblici digitali di eccellenza (attualmente sottoutilizzati o parzialmente diffusi, che possono essere replicati ed estesi su tutto il territorio nazionale). Ci troviamo, anche da un punto di vista lessicale, in un quadro che non solo deve passare dalla fase macro alla fase micro, dal framework alle schede, ma deve anche passare attraverso le maglie dal vocabolario della lingua italiana. Si affida l’aspettativa di accrescimento della capacità amministrativa e di una diffusione delle buone prassi ad “eccellenze” già “disponibili” sul mercato, se pure non ancora utilizzate. La dichiarazione appare di principio e per certi aspetti paradossale. Occorrerebbe individuare possibili azioni tecnico organizzative e normative per rendere i servizi accessibili e fruibili da tutti, massimizzandone l’uso: si tratterebbe di una strategia “a spirale”, perché muove da un elenco limitato di oggetti per poi allargarsi ad ambiti via via più estesi. Disporremo di un orizzonte temporale di breve periodo, nel quale bisogna definire un elenco di servizi su base qualitativa, con le rispettive azioni da attivare rapidamente. La Commissione Nazionale Turismo ci ha scritto il 14 giugno 2021 per ottenere le informazioni richieste entro il 16 giugno successivo. Se il Comitato Consultivo per la Transizione amministrativa è nato con l’obiettivo di supportare le trasformazioni delle Pubbliche Amministrazioni, anche su base regionale e locale, non si comprende come possa un’opera così delicata essere conclusa in due giorni. Oltre a ciò ci si chiede: qual è questo elenco dei servizi qualitativi; quali sono le “valutazioni quantitative” che ne classificano le azioni? Entro il mese di luglio si renderebbe necessario, dall’insieme dei servizi individuati, produrre una lista ordinata in base a valutazioni oggettive delle potenzialità dei servizi e di costo delle azioni di rimozione degli ostacoli alla loro diffusione. Il presupposto è che l’elenco dei servizi preesista ed abbia un contesto definito, un perimetro nel quale collocarlo, un lessico convenuto (es: natura dell’utenza, caratteristiche degli ostacoli, priorità di intervento, etc). Se la promozione dei servizi digitali con basi di utenza potenzialmente ampia dev’essere già in una fase molto avanzata, con ostacoli da rimuovere “pochi e semplici”, il contributo che possono offrire le regioni non può che essere limitato. La transizione amministrativa a fini di semplificazione sembra una partita tutta del governo centrale. Il principio di progressività dell’attivazione/implementazione dei servizi pubblici digitali sembra riservato ad un pubblico di specialisti. I settori su cui dovrebbero concentrarsi le proposte dei servizi sono: le iscrizioni scolastiche, il fascicolo sanitario elettronico, la previdenza proattiva per la famiglia, il certificato COVID digitale Ue, la carta identità elettronica, il punto di accesso unico (ubiquo ai servizi digitali della PA), i servizi locali ai cittadini, i certificati di revisione auto. Dinanzi a questo panorama estremamente variegato ed esteso, sia pure racchiuso in un arco temporale circoscritto, la Regione Campania sta adottando una Deliberazione contenente indirizzi strategici per la Semplificazione Amministrativa, che prende le mosse dall’Agenda Digitale Europea (COM. n. 245/210) e dal Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2020/2022 (DPCM 17 luglio 2021). Ci si prefigge di potenziare, in sede regionale, il processo di transizione digitale, arrivando rapidamente ad una App di facile approccio e molto performante che consenta ai cittadini e alle imprese di ricevere servizi perseguibili con rapidità, efficienza e accessibilità. In osservanza del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), risalente al 2005, le regioni, non diversamente dallo Stato e dalle autonomie locali devono assicurare l’informazione in modalità digitale (art. 2, comma 1). Si pensi al settore turistico, dove il tema della trasformazione digitale risulta solo parzialmente all’ordine del giorno delle strategie di programmazione pubblica. La pandemia ha creato condizioni di forte accelerazione e di inedita convergenza tra i livelli istituzionali. La semplificazione amministrativa e il consolidamento dell’innovazione tecnologica regionale, in un tempo in cui è di fondamentale importanza la connettività, pongono alla Regione Campania l’imperativo categorico di ampliare l’accesso digitale ai servizi e di realizzare nuovi strumenti digitali (WebApp, App unica per tutti i procedimenti amministrativi, portale istituzionale, etc). Appare essenziale ridurre il numero di interazioni superflue nella Pubblica Amministrazione e ridurre tempi e costi della burocrazia. Un grande patto per la cooperazione tra Direzioni e Uffici Speciali converge sulla genesi di uno stato di “amicizia” digitale che coniuga regole normative, linee guida e codici di condotta per la costituzione di un composito corredo di valori fondanti una cittadinanza attiva di nuova generazione.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Assessore Casucci la ringrazio del suo intervento e delle sue gentili parole. Passo la parola all’Onorevole Nicola Caputo, Assessore all’Agricoltura della Regione Campania. Grazie.

NICOLA CAPUTO, Assessore all’Agricoltura della Regione Campania: Grazie a tutti e complimenti per questa bella iniziativa con la quale finalmente parliamo di cose concrete e del futuro del nostro Paese e della nostra Regione. Ho ascoltato gli interventi, tutti molto interessanti, anche quello di Felice, sempre molto attento alle procedure. Saluto tutti gli invitati a questa tavola rotonda. Io vorrei fare qualche riflessione che esula un po’ dalla discussione tradizionale per porre un poco l’accento – ed è strano che lo faccia io Assessore e politico – che esula dall’accezione normale dell’intervento politico. Partendo dal titolo una “Ripresa senza ipoteche” vorrei fare una riflessione su dove si trova il nostro Paese in questo momento. Avendo avuto un l’esperienza di parlamentare in Europa mi sono un po’ documentato su quello che sta avvenendo negli altri paesi e sinceramente mi ha molto sorpreso l’efficienza che è stata messa in campo dalla Francia da questo punto di vista. Peraltro, anche una semplice parola, France Relance, riassume la sintesi di una progettualità e anche di una chiarezza di intervento, con iniziative chiare precise e anche con un limite temporale molto più ristretto rispetto a quello che sta mettendo in campo il nostro Paese. La vera ipoteca che abbiamo in Italia, quindi anche nella nostra regione, è l’infrastruttura burocratica che ci assilla, e da questo punto di vista Felice, che si sta sforzando di semplificare procedure e processi nella nostra regione, ne sa sicuramente molto più di me. Il concetto, a mio, avviso, deve essere invece molto più semplice, riportato alla qualità della spesa così come è stato sottolineato poco fa, noi dobbiamo essere capaci di utilizzare questa, che è una opportunità che è stata determinata dalla fase pandemica, nella vera ultima possibilità che abbiamo di recuperare il gap nei confronti degli altri paesi e anche nei confronti delle altre regioni; io non credo che tra qualche anno ci saranno ulteriori possibilità. Questo è una sorta di New Deal da dopoguerra e il Paese doveva attrezzarsi un po’ meglio. Sinceramente sono un po’ critico su come si sta gestendo a livello nazionale questa partita tutta fatta di documenti, spesso scritti da grandi consulenti, ma che poi non trovano il riscontro operativo. Dovremmo invece fare completamente l’inverso e devo dire che in Regione Campania ci stiamo attrezzando da questo punto di vista anche con una struttura trasversale che in qualche modo possa meglio cogliere le opportunità ma anche dare le giuste indicazioni ai processi. In agricoltura noi abbiamo la necessità di rinvigorire un settore che finalmente sta per ritornare ad essere considerato nuovamente primario, dunque stiamo cercando di utilizzare queste opportunità soprattutto per rimuovere gli ostacoli di natura di sostenibilità ambientale mettendo in campo attività sostenibili che in qualche modo ci possano far superare le difficolta e rendere operative le nostre filiere più rappresentative, nello specifico come regione Campania e come assessorato all’agricoltura noi avremmo la possibilità ‒ al di là dei fondi nazionali del PNRR ‒ di aggiungere alle nostre tradizionali risorse dei fondi dell’agricoltura anche una quota di PNRR che stiamo già programmando di utilizzare per rimuovere ostacoli di natura ambientale allo sviluppo di un’agricoltura evoluta e sostenibile. L’idea che abbiamo anche definito con il Presidente è quello di lasciare il segno di cosa abbiamo fatto con questi fondi aggiuntivi anche perché, da quando mi sono insediato come Assessore all’Agricoltura, la prima riflessione che ho fatto è che dopo vari cicli di programmazione dei fondi europei, se mi volto indietro, non si evidenzia un cambio di passo del nostro settore. Dobbiamo quindi sforzarci al massimo di utilizzare quest’opportunità e lo possiamo fare però se quell’ipoteca, quel limite a cui facevo riferimento prima, quella sburocratizzazione, diventi davvero una possibilità per le nostre imprese e per i nostri territori. Vorrei in sostanza che il nostro Paese e, di conseguenza la nostra Regione, potesse intrinsecare il risultato di queste tante risorse essendo, questa, l’ultima possibilità che abbiamo. E non abbiamo attenuanti né dal punto di vista della legalità e, concordo con il concetto esplicitato da Felice poco fa, di altre attenuanti. È una responsabilità che la classe dirigente tutta deve assumersi, noi siamo qui e vi ringrazio per questa opportunità perché dobbiamo metterci insieme tutti quanti e davvero determinare il nuovo sistema che possa assicurare sviluppo alla nostra Regione e al nostro Paese. Grazie.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Assessore Caputo noi la ringraziamo per l’intervento e a questo punto la parola passa al consigliere Nicola Graziano per l’aspetto inerente alla giurisdizione.

NICOLA GRAZIANO, Magistrato presso il Tribunale di Napoli: Buongiorno a tutti grazie per l’invito. A me spetta un compito difficile perché in questo momento il Sistema Giustizia è sotto una serie di riflettori che di volta in volta creano difficoltà e imbarazzo e a volte pregiudizi. Tutto questo si complica se noi partiamo da una riflessione del Presidente Gian Maria Fara nell’ultimo Rapporto Italia. Il Presidente, nella parte introduttiva del Rapporto, si preoccupa di affrontare anche il tema della giustizia. Ovviamente mi riferisco al 33° Rapporto Italia e nel paragrafo dell’irragionevole durata del processo in Italia dice testualmente: «Quello della giustizia è un problema di funzionalità generale di un essenziale servizio che va reso ai cittadini», e poi affronta il tema della giustizia penale in particolare dell’inefficienza della stessa. Vi rendete conto che l’attenzione che da sempre ha dedicato l’Eurispes alla Giustizia si è concretizzata in queste parole di riflessione del Presidente che ovviamente ne è testimone nel corso dei 33 anni dei Rapporti che hanno in qualche modo orientato scelte politiche e scelte istituzionali per la forza della ricerca che l’Eurispes mette in campo. Ed io sono particolarmente contento di essere nel Comitato Scientifico dell’Istituto e grazie all’avvocato Porcelli e alla sua forza e al suo impegno finalmente è stata aperta una sede in Campania della quale chiaramente noi siamo particolarmente orgogliosi. Detto questo, e nella consapevolezza che questo primo evento così importante delinea proprio il futuro di quello che può essere svolto nella regione Campania come ricerca e come approfondimento, io vi devo dire che forse il tema del sistema giudiziario e del suo funzionamento è il tema centrale tra tutti quelli che abbiamo affrontato fino adesso e che affronteremo perché parlare di un’inefficacia del sistema giudiziario significa tener conto di effetti che non vanno soltanto ad incidere sui diritti fondamentali dei cittadini e degli umili che abitano nel nostro Paese, ma soprattutto, ve lo dice chi ha svolto per 10 anni il ruolo di Giudice delegato ai fallimenti presso il Tribunale di Napoli e oggi si trova al Tribunale per le imprese alla Sezione specializzata sempre al Tribunale di Napoli con competenza regionale su quelle che sono appunto le vicende economiche della regione Campania. So perfettamente che gli effetti del mal funzionamento del sistema giudiziario sono effetti che precipitano inevitabilmente sullo sviluppo economico del quale noi stiamo parlando e basta leggere gli atti del PNRR per vedere come l’Unione europea ha posto come condizione fondamentale ‒ affinché si possa accedere a questi fondi ‒ una riforma della giustizia. Perché noi viviamo da anni sempre le stesse problematiche: incertezza del diritto, lungaggini dei processi, inadempimento dei contratti, procedure di insolvenze e di crisi molto lunghe e chi ne ha più ne metta per quanto riguarda il processo civile. Vedete che ci sono incertezze sull’applicazione della pena, ci sono problematiche che attengono la separazione dei poteri giudiziari che credo sia un tema da affrontare inevitabilmente in questa fase una volta per tutte, c’è il problema della revisione della obbligatorietà dell’azione penale, c’è il problema della responsabilità dei giudici e dei pubblici ministeri per le azioni che compiono quando appunto ne ricorrono i presupposti (perché questo non può essere più un tema taciuto) e c’è un problema dei temi delle indagini, delle intercettazioni, dell’amnistia, delle carceri. Vedete, uno stato che vuole essere moderno e che aspira a correre con il passo veloce e moderno dell’Unione europea, non può non dare risposta a questi interrogativi. E allora noi leggiamo nel PNRR una serie di misure che in qualche modo sono state condizionate dall’Unione europea e che dovranno essere attuate, io mi domando e dico: fin da adesso sono queste idee che risolveranno il problema o bisogna avere nuovo coraggio, bisogna mettere una volta per tutte il puntino sulle “i” delle responsabilità degli attori della Giustizia? Perché non è più rinviabile una riforma dell’ordinamento giudiziario che passi per una revisione del potere del CSM, che passi per un effettiva e concreta valutazione della professionalità dei magistrati perché oggi ‒ lo dico interna corporis ‒ sembra incredibile, ma oltre il 98% delle valutazioni è sempre e comunque positiva e, una volta per tutte, bisogna cominciare a considerare se esistono dei criteri diversi per valutare la professionalità e se poi in qualche modo bisogna rivedere quelli che sono i poteri di direzione manageriali che spettano ai Presidenti del tribunale, delle sezioni e via discorrendo. Perché se non si fa questo ci troveremo sempre a parlare, da qui a 10 anni, dello stesso sistema, dello stesso problema e delle stesse problematiche. E allora dico questo: ben vengano le prime riforme che adesso sono state attuate. Ho letto con notevole attenzione il decreto legge 80/2021 perché vi sono diversi articoli che si riferiscono alla giustizia sia civile che amministrativa mentre la giustizia penale è un po’ accantonata perché siamo in attesa del disegno di legge delega che è in Parlamento. Ebbene, il legislatore ha scelto con dichiarazione d’urgenza di seguire i due percorsi: quello di rafforzare l’ufficio del processo e quello di assumere una serie di professionalità perché si possa implementare la forza della digitalizzazione della giustizia per cercare di arrivare ad una riduzione delle lungaggini. Immaginate che l’idea del tempo ragionevole del processo, io parlo in particolar modo del civile. Il sistema penale deve essere effettivamente rivisto nell’ottica della certezza della pena anche collegata alla revisione dell’obbligatorietà dell’azione penale; però questa deve essere esercitata con efficacia e con certezza, altrimenti siamo un sistema che va in cortocircuito. Io credo che lo si possa risolvere in una minima parte perché se non si ha una consapevolezza di quelle che sono le responsabilità degli attori della giustizia, noi possiamo trovare qualunque tipo di soluzione di normativa ma non arriviamo mai ai desiderata dell’Unione europea che poi significa anche civiltà giuridica, riduzione di arretrati, di lungaggini, con riferimento a quelle che sono le durate irragionevoli del processo. Allora noi siamo in attesa di una riforma importante del processo civile dove nel PNRR si parla di un’incentivazione forte della negoziazione assistita, della mediazione dei filtri in appello in Cassazione e di una specializzazione, di una riduzione dei riti con riferimento alla sinteticità degli atti e la loro digitalizzazione; tutto questo è la punta di un iceberg perché se non c’è una risposta organizzativa, ordinamentale e giudiziaria concreta non arriviamo alla soluzione. Io plaudo perché l’ho sempre detto in ogni occasione – e l’ho anche scritto in un saggio del 29° Rapporto Italia dove affrontai il tema di giustizia/ingiustizia come mi chiese l’Eurispes in quell’anno – che bisogna cercare di superare l’idea della distanza dalle Istituzioni, soprattutto da quelle regole che, ancor prima di essere giuridiche, sono regole di etica di morale. Faccio questo cenno perché evidentemente in riferimento alla mediazione assistita, alla negoziazione e ai filtri significa far riferimento e fare appello ad una maturità degli operatori del diritto che io credo è ancora lontana dal venire. Perché l’idea di poter delegare privatisticamente la giustizia è un’idea fondamentale, ma è un’idea che presuppone ancor prima una certezza di regole del diritto, una certezza di regole etiche e morali alle quali noi abbiamo fatto riferimento. Questo è fondamentale, questa credo che sia la strada che deve indicare il Legislatore e questo credo che possa essere, a mio modestissimo avviso, il grido di allarme e soprattutto la prospettiva che bisogna individuare. In questo l’Istituto Eurispes che oggi ci ospita è un faro che da anni indica la strada quindi noi possiamo continuare in questo studio tutti insieme con autorevolissimi esponenti questa mattina e ancor più nel pomeriggio, perché attengono esattamente al problema della giustizia, in particolare con riferimento alle Procure della Repubblica. Lì ci sono dei problemi importanti e si potrà parlare sicuramente di quello che ho accennato: la separazione delle carriere. Si deve pensare ad una nuova forma di responsabilità dei magistrati, dei pubblici ministeri, perché non è più prorogabile ed io sono per esempio molto d’accordo sul diritto di tribuna di voto degli avvocati con riferimento alla nozione di professionalità dei magistrati. L’ho scritto e l’ho detto e lo ripeto perché questo è un tema centrale: non esiste una differenza di una parte o l‘altra io non credo che gli avvocati possono pregiudizievolmente votare contro un magistrato scorretto. Questo non l’ho mai visto fare né mai pensato perché quando esistono in campo due responsabilità ci si rende conto che si è tutti dalla stessa parte che è il sistema giustizia al quale noi partecipiamo, del quale noi dobbiamo avere cura e per il quale chiediamo che l’attuazione delle misure che sono prese in considerazione nel PNRR sia concreta e immediata soprattutto perché ce lo chiede l’Europa ma soprattutto ce lo chiede la idea della nostra appartenenza ad uno Stato di diritto democratico qual è la nostra Repubblica e questo evidentemente non può non portare questo servizio efficiente alla giustizia. Per questo vi ringrazio, avrei tantissime altre cose da dire ma vi ho lasciato spunti di riflessione che credo possano essere in qualche modo oggetto di un ulteriore approfondimento tra di noi, nell’Istituto, con altre Istituzioni, con le Istituzioni che oggi sono presenti, perché credo nel settore giustizia non esiste chi ci partecipa e chi no, siamo tutti coinvolti da cittadini e quindi evidentemente dobbiamo pretendere questo diritto ma soprattutto dobbiamo rispettare i nostri doveri, per questo vi ringrazio. E ovviamente saluto tutti quanti i relatori che sono persone alle quali sono legato con grande affetto e amicizia; per cui oggi mi trovo veramente a casa perché poi l’Eurispes è anche questo, una grande famiglia nella quale tutti quanti abbiamo la possibilità di crescere e affermare le nostre idee, questo grazie al Presidente Fara che da sempre ci illumina.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Ringrazio il Consigliere Nicola Graziano che fa parte da tempo immemore della famiglia Eurispes e che, con i suoi numerosi e importanti contributi offre, potrei dire, un’opera meritoria a quella che è la collettività e lo ringrazio di aver accettato il nostro invito a prendere parte a questo primo evento organizzato dalla sede Campana, e speriamo sia il primo di una lunga serie. Passerei ora la parola ad un altro componente della famiglia Eurispes cioè il Generale Preziosa che è il Presidente dell’Osservatorio sulla Sicurezza dell’Eurispes. Generale, a lei la parola.

PASQUALE PREZIOSA, Presidente dell’Osservatorio Eurispes sulla Sicurezza: Saluto tutti, è un piacere essere con voi qui, oggi. Il mio pensiero va al Presidente Fara e a lui rivolgo un augurio per una pronta guarigione. Ringrazio il Magnifico Rettore per la lezione di pianificazione basata sugli effetti desiderati più che sulle parole e il Dottor Graziano per la lezione di civiltà anche giuridica che ci ha voluto dare. Oggi, naturalmente, dobbiamo parlare di una ‘ripresa economica senza ipoteche’ di organizzazioni criminali e anche del Recovery Found per il nostro Paese. Affronterò il problema in maniera globale perché interessa non solo l’Italia ma un po’ tutti gli Stati. Tutti gli Stati, ad eccezione della Cina, hanno riportato il segno negativo del Pil durante la pandemia ma questo è avvenuto, con le stesse modalità, anche durante la crisi finanziaria del 2008. La ripresa economica legata al Recovery Fund per i Paesi europei potrà essere rallentata se i fondi disponibili non arriveranno a finanziare i progetti stabiliti nei tempi previsti, se la gestione procedurale amministrativa non sarà più efficiente dell’attuale e per l’Italia in particolare, se le Procure antimafia non contrasteranno l’infiltrazione della criminalità mafiosa nella pubblica amministrazione. Il problema della messa in sicurezza dei fondi per il ricovero delle economie dei paesi oggi è centrale nel dibattito europeo. In termini di sicurezza, l’Europa è interessata non solo alla lotta al riciclaggio finanziario ma anche alla sicurezza delle entrate fiscali che alimenteranno i fondi in distribuzione per il ricovero (l’Europa perde tra i 40 e gli 85 mld anno di euro in termini di tasse eluse). Nelle società occidentali purtroppo, l’unico valore condiviso, dobbiamo saperlo, è il denaro che fa acquisire sia il consenso sia il potere. Per il contrasto della criminalità mafiosa si sono mossi sia l’Onu sia l’Unione europea che hanno individuato nella corruzione l’elemento principale da combattere in quanto considerata il “flagello per il Terzo millennio”. L’altra avversità da combattere è rappresentata dal riciclaggio finanziario: l’Onu ritiene che annualmente vengano riciclati fra gli 800 miliardi e i 2.000 miliardi di dollari, ovvero tra il 2% e il 5% del Pil globale dei Paesi. In Italia vengono riciclati annualmente 140 miliardi di euro circa. Falcone ha sempre sostenuto che la vera chiave per vincere la criminalità organizzata è rappresentata dalla lotta al riciclaggio finanziario, che facilita il crimine, mina i sistemi finanziari e danneggia le economie. Finora i regimi internazionali contro il riciclaggio di denaro sono stati fallimentari. Durante la globalizzazione i mercati e i governi hanno tollerato che un enorme fiume di denaro sporco invadesse l’economia legale, sull’erroneo presupposto che la ricchezza avrebbe comunque consentito lo sviluppo: è stato un tragico errore. Entro i prossimi due anni sarà operativa una Nuova Agenzia Europea per il controllo del riciclaggio, con potere di supervisione sulle istituzioni UE. L’inizio dell’era digitale ha comportato un allargamento delle frontiere del crimine in generale e mafioso in particolare al campo informatico. Il crimine informatico globale ha già causato una sottrazione di un trilione di dollari alle economie, e il suo valore è aumentato del 50% nei due anni riferiti alla pandemia. I bitcoin e le monete equivalenti rappresentano oggi lo strumento per il cosiddetto “riciclaggio invisibile” di mafie e terrorismo internazionale. El Salvador, purtroppo, è stato il primo paese al mondo a riconoscere il bitcoin quale moneta ufficiale che potrà essere usata per gli acquisti di beni e servizi e per pagare le tasse. Il riconoscimento ufficiale del Bitcoin quale moneta ufficiale ha colto tutti gli altri i paesi di sorpresa e non é stato un buon segnale di risposta alla lotta al riciclaggio. Sull’argomento è necessario sapere che sul predecessore dell’attuale presidente di El Salvador (Salvador Sanchez Ceren) pende un mandato di cattura internazionale per riciclaggio e corruzione e il Dipartimento del Tesoro americano starebbe per inviare a grandi Istituti finanziari avvisi di garanzia con l’accusa di riciclaggio tramite cripto valute. Anche il comparto dei giochi on line risulta di altissimo interesse per la criminalità mafiosa. Il gioco illegale in Italia vale un quinto della raccolta legale (106 mld di euro) ovvero 20-25 miliardi di euro. Per la sicurezza delle entrate fiscali segnalo quanto riportato dai media per Amazon che nonostante abbia riportato nel globale un alto profitto durante il periodo pandemico, il bilancio 2020, presentato dalla succursale europea in Lussemburgo invece, ha riportato perdite equivalenti a 1 miliardo di dollari e ciò ha consentito all’azienda di ottenere benefici in termini di tasse. Sul flagello del terzo millennio ovvero la corruzione è intervenuta anche l’Onu: una speciale sessione dell’Assemblea si è tenuta nel giugno 2021 per preparare proposte concrete e tecniche per il contrasto della corruzione. Il Presidente dell’Assemblea generale dell’Onu ha affermato che non vi potrà essere alcun ricovero economico post pandemico senza uno sforzo comune per porre fine alla corruzione. L’Economic and Social Council ha stimato che sono 2,6 i trilioni di dollari persi ogni anno a causa della corruzione, il 50% appartiene ai paesi in via di sviluppo. Per il problema dell’elusione e frodi delle tasse, le stime della Commissione indicano che l’Europa perde ogni anno tra i 40 e gli 85 miliardi di euro. Il problema europeo è dovuto, in parte, al criterio di unanimità che blocca i processi di adeguamento della normativa per la tassazione degli Stati, il Lussemburgo e l’Irlanda risultano essere ostativi per i cambiamenti proposti dalla maggioranza dei Paesi UE. La Commissione europea, attraverso il Business in Europe: Framework for Income Taxation o il cosiddetto BEFIT, nel 2023 svilupperà la capacità di supervisione sulle cosiddette Shell Company o scatole cinesi, per arginare l’evasione fiscale. Anche il Parlamento europeo per gli affari economici e monetari ha affermato che non si può supportare il Recovery dell’Europa con un sistema che consente a centinaia di miliardi di euro di tasse pagate dai cittadini di andare persi a causa di evasione e frode. Quindi, il fronte del contrasto è duplice: uno è rappresentato dalla corruzione e l’altro, invece, dall’evasione e frode. Per la prevenzione dei fenomeni delinquenziali individuati, l’Europa, nel suo documento Next Generation EU, indica a tutti i paesi non solo di individuare e correggere la corruzione ma anche di prevenirla. In termini reali, la corruzione si verifica tutte le volte che si incontrano professionisti e imprenditori collusi da una parte, e professionisti infedeli della Pubblica amministrazione dall’altra. Non solo, la criminalità mafiosa oggi produce effetti perversi su capisaldi della Sicurezza Nazionale ovvero l’economia e la democrazia. Entro i prossimi due anni vedrà la luce una nuova agenzia europea per il controllo del riciclaggio con poteri di supervisione sulle istituzioni UE. Il caso più eclatante in Europa di riciclaggio si è manifestato in Nord Europa con la Danske Bank che ha riciclato tra il 2007 e il 2015 quasi 200 miliardi di euro di soldi russi attraverso le filiali estoni. L’Europa dovrà fare un ultimo sforzo di armonizzazione delle normative penali per rendere comune sia la definizione del delitto di associazione mafiosa, sia di sviluppare, sempre a livello europeo, la normativa antiriciclaggio per arginare l’espansione delle mafie in Europa. La situazione di pericolosità della criminalità mafiosa è tale da imporre una seria riflessione; non siamo più di fronte ad un problema di ordine pubblico e nemmeno di ordine economico, il bene minacciato è la democrazia, e quindi la libertà degli individui. Le organizzazioni criminali, dotate da sempre di adattamento agli scenari di crisi, durante la pandemia si sono già insinuate tra le incertezze del Paese, fornendo i cosiddetti servizi sostitutivi. La sussidiarietà delle organizzazioni criminali consentirà un riciclaggio maggiore dei grandi capitali illegali accumulati. La crisi di liquidità poi rischia di generare una maggiore infiltrazione criminale nel tessuto economico del nostro Paese. Il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che sentiremo oggi pomeriggio ha affermato che lo sviluppo delle mafie è sul fronte economico. Per preservare il Recovery Found dalle infiltrazioni mafiose camorristiche, della ‘ndrangheta e di mafie autonome, sarà importante rafforzare la fase di prevenzione, senza ricorso alle deroghe per i controlli, in quanto ciò costituisce una delle vulnerabilità della tenuta del sistema anticorruzione. L’Eurispes ha più volte segnalato l’esigenza della modifica del Codice degli Appalti per aumentare l’efficacia e l’efficienza della Pubblica amministrazione. Nel frattempo, si dovrà prediligere lo strumento della finanza di progetto, ove possibile, che responsabilizzi l’appaltatore per la più celere conclusione dell’opera, e permetta alla Pubblica amministrazione di concentrarsi sui requisiti imprenditoriali ed economico-finanziari degli operatori economici. La DIA potrebbe offrire il proprio contributo per contrastare corruzione e inquinamento mafioso nei progetti di sviluppo. Il coinvolgimento della DIA sarebbe fortemente auspicabile sin dall’inizio del processo di ricostruzione del Paese, la Direzione potrebbe offrire il proprio contributo in parallelo alla European Public European Prosecutor’s Office per contrastare ogni fenomeno di inquinamento mafioso dei progetti di sviluppo legati al Recovery Fund, quali indebita intercettazione dei flussi finanziari, sfruttamento delle risorse per riciclare i proventi criminali, impiego dello strumento intimidatorio e corruttivo. Chiudo dicendo che il Piemonte ha già sperimentato moduli di prevenzione per contrastare l’infiltrazione della criminalità nel primo ciclo pandemico con buoni risultati. Ringrazio per l’attenzione.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Generale io La ringrazio per il suo contributo che sono certa aprirà un piccolo dibattito anche con i relatori che seguiranno la sua presentazione. Non so se è in linea l’Avvocato Marino, che dovrebbe essere il prossimo a prendere la parola. Passo la parola all’Avvocato, Presidente dell’ANCI Campania, nonché Sindaco di Caserta e quindi Amministrazione locale e territoriale. Sindaco, a Lei la parola.

CARLO MARINO, Presidente Anci Campania: Intanto buongiorno a tutti, buongiorno a voi come Eurispes, penso che l’Istituto anche con questo incontro abbia fatto uno straordinario lavoro, e saluto tutti i relatori. È chiaro che partendo da quello che è il vostro elemento fondamentale, cioè operare nella ricerca politica, economica e sociale del nostro Paese, raccontare l’Italia che si è costruita, ma anche quella che si costruisce, sicuramente mette al centro il piano nazionale di ripresa e resilienza, ed è fondamentale per capire attraverso la Next Generation ma anche attraverso la programmazione comunitaria 21/27 quale può essere l’elemento della ripresa. È stato già detto prima dall’On. Caputo, i francesi hanno fatto una cosa più stretta, hanno chiamato Piano di Rilancio e hanno chiuso la partita, noi siamo complessi in tutto, articolati, non solo nel leggere le 273 pagine del Recovery o le 3.500 in inglese, lo siamo anche sul titolo, siamo stati bravi a confondere i cittadini, bastava una parola semplice e poi dovremmo spiegare al cittadino comune che cos’è la Resilienza, però su questo, da addetti ai lavori, oggi lo sappiamo, siamo andati avanti; sostanzialmente, se vogliamo digitalizzare il Paese, una delle missioni di questo Recovery è ‘sburocratizzare’. Dovremmo anche sburocratizzare il linguaggio di questo Paese, e forse aiuterebbe meglio a costruire i pensieri innovativi che dobbiamo mettere in campo: soggetto, predicato e complemento … basta, e siamo più veloci. Partendo però da un’analisi più dettagliata di quella che può essere un’occasione per il Paese e per il Sud, di questo Piano, naturalmente, un pezzo importante, un player importante, sono gli Enti territoriali. Non nascondiamo che riteniamo di essere uno stakeholder: in Campania siamo 550 Comuni, in Italia siamo 8.000 e pensiamo di poter ambire, insieme agli altri del mondo dell’Università con l’innovazione e la ricerca, e con altri mondi del territorio ma anche del Paese, di costruire una proposta, una visione, un’idea forte di quella che deve essere una strategia su come spendere i soldi. La mia paura è che tutti quanti noi – prima ce lo ricordava l’Assessore Casucci – stiamo ricevendo delle note dai vari Ministeri, dal MEF o dal Ministero delle Politiche di Coesione e certamente queste note non aiutano a costruire una diversa prospettiva. Un po’ di anni fa, nella nostra Regione abbiamo vissuto un Istituto innovativo, ma da non utilizzare più, che si chiamava “Accelerazione della spesa”, cioè, a un certo punto “a pioggia” si buttavano delle cose e chi prima arrivava e cercava … li chiamavano progetti ma erano semplicemente delle cose che poi non hanno portato sviluppo e competitività e coesione sociale alla nostra regione. Io non vorrei che quel modello, che è durato per nostra fortuna poco, non sia invece quello che è stabilito in queste missioni. Noi dobbiamo costruire attraverso tanti soldi che arriveranno, ma tante proposte serie, concrete, specifiche; ed è chiaro che dove c’è un disagio, dove c’è una difficoltà, soprattutto al Sud, come bene diceva prima Casucci, non potete utilizzare il linguaggio dicendo se state già avanti in modo forte, però poi lo vogliamo aiutare per farlo diventare ancora più forte, no … qua ci sono delle debolezze, ci sono debolezze negli Enti Territoriali dove dobbiamo costruire una digitalizzazione della Pubblica amministrazione più forte, dove ci vuole competenza, perché è chiaro, la sfida delle competenze è la sfida del futuro. In tutte le Amministrazioni, ancora di più in quelle locali, il Paese non ha investito sulle competenze ma ha investito pensando che si abbattevano i costi diminuendo il personale degli Enti. Tu puoi diminuire il numero ma devi aumentare le competenze, diminuire il capitale umano, le risorse umane quelle serie, quelle che poi producono attraverso le idee, le azioni di governance e azioni di modernità anche della nuova lettura della Pubblica amministrazione. Rispetto a questo, naturalmente, come dicevo prima, noi, come Enti territoriali vogliamo assolutamente confrontarci e condividere con gli altri players del territorio un percorso comune, un’idea comune; farlo con la Regione Campania farlo con gli Enti territoriali, ma farlo anche attraverso un sistema sia verticale che orizzontale, in modo tale che si operi velocemente rispetto alle scelte che dobbiamo fare. È chiaro che non bastano soltanto le infrastrutture materiali, ci vorranno tante strutture immateriali che costruiscono poi un percorso di credibilità del nostro Sud e che non è solo questa la partita (sappiamo bene che quel 40% che ci hanno indicato è un numero non vero perché mette dentro anche i soldi che già dobbiamo prendere della programmazione 2021/2027, quindi, già sulle risorse ci sarebbe molto da discutere). Poi, rispetto alle risorse, dobbiamo capire con gli altri ever player del territorio, con gli altri stakeholder del territorio, come costituire una Campania unica. Perché c’è un altro elemento, secondo me, che rischiamo in questa velocizzazione, questa accelerazione che dobbiamo fare su tutte le procedure: l’accelerazione della spesa che dobbiamo fare su tutte le idee che abbiamo, deve avere un’idea comune, che si chiama Campania, che si chiama Sud, che parte dal basso e che arriva fino a una governance nazionale; non possiamo sicuramente pensare che il singolo Comune presenti il singolo progetto, dobbiamo parlare per aree omogenee, dobbiamo parlare per aree comuni, dobbiamo parlare all’interno delle aree omogenee e non solo degli Enti territoriali ma anche degli altri, delle altre specificità che abbiamo sui territori e farle diventare poi quelle che fanno diventare competitivo un territorio, costruendolo attraverso delle nuove competenze ma costruendolo anche attraverso l’innovazione e la ricerca, che sono i punti delle missioni, così come le missioni vanno prese in modo trasversale. Non possiamo operare sulle singole missioni pensando che, non essendo specifico sulla Campania, poi saranno gli hub strategici per la Campania. Ancora non si è iniziato a discutere se punteremo sul tema dell’hub del Diritto alla Salute, se puntiamo sull’hub della transazione ecologica, se avremo degli hub specifici sull’innovazione e ricerca con il mondo universitario, questo ancora non si comprende, e non si comprende soprattutto chi e cosa deve fare perché ci arrivano dai Ministeri una serie di lettere ma non ci dice nessuno: “guardate, dovete fare una conferenza di servizi – dico una cosa banale – cioè dovete fare un accordo di programma, dovete fare un piano di sviluppo strategico di tutti gli stakeholder del territorio, dovete fare un contratto di sviluppo strategico di tutti gli stakeholder del territorio”. Il modello può diventare una funzione fondamentale e se abbiamo un modello efficiente ed efficace raggiungiamo dei risultati sennò accadrà quello che tutti quanti noi purtroppo stiamo già vedendo: che avremo soltanto una miriade di progetti che ci chiederanno, e tutti quanti noi faremo il lavoro che dobbiamo fare, cercare di portarli alle nostre comunità, ai nostri territori, ma non abbiamo fatto sistema, non abbiamo creato una occasione nuova per il Sud e per la Campania. La Campania deve rigovernare un protagonismo del Sud, noi siamo quelli che devono essere la guida del Sud e i territori devono essere la guida del Sud, ma per fare questo dobbiamo stare insieme e dobbiamo individuare quali sono gli elementi che ci possono unire rispetto all’idea e alla visione del territorio. Questa è secondo noi l’idea, e su questo, secondo me, l’Eurispes può darci una grossa mano, proprio perché voi fate un lavoro indipendente rispetto ad alcuni punti strategici che riguardano proprio il progetto Italia. In questo momento è il progetto Campania e, secondo me, l’Eurispes può dare un contributo nel costruire questi modelli che dobbiamo fare; con tempi certi, percorsi sicuri e con capacità che quei progetti diventino poi strategici per far crescere il nostro Pil, non solo quello economico ma anche quello sociale.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Presidente, io La ringrazio e accogliamo certamente le Sue istanze e condividiamo quella che è la Sua idea dell’importanza di avere in questo momento storico peculiare una visione d’insieme, e cogliere l’importanza di fare sistema. Se non si ragiona in quest’ottica, purtroppo, potremmo avere solo sterili parcellizzazioni che non sono in ogni caso destinate a raggiungere l’optimum, che in questo momento storico di post crisi pandemica noi tutti ci attendiamo. La ringrazio, Presidente, adesso passerei la parola al notaio Ambrogio Romano, Presidente del Comitato Notarile della Regione Campania per le professioni, che in questo momento sono chiamate ad una nuova ed importante sfida.

AMBROGIO ROMANO, Presidente Comitato Notarile Regione Campania: Grazie Avvocato Porcelli, grazie soprattutto per avermi fornito l’opportunità di partecipare a questo stimolante e prestigioso incontro al cospetto di un consesso di relatori di profilo elevatissimo, ad alcuno dei quali mi legano amicizia e consuetudine e nei confronti dei quali invece nutro grande stima in ragione della chiara fama, che testimonia il loro valore istituzionale personale e professionale. Ringrazio quindi l’Eurispes, ringrazio anche l’Ordine degli Avvocati di Benevento nella persona del Presidente Stefania Pavone che ho avuto il piacere di ascoltare in esordio. Gli interventi che mi hanno preceduto hanno posto i presupposti per la condivisione di riflessioni articolate e le cose che dirò non sono assolutamente inedite, sono state già in qualche modo a tratti delineate; io cercherò di approfondirne alcuni aspetti onde sviluppare insieme a voi, e insieme agli interlocutori della giornata, delle riflessioni proficue. Partirei proprio dal titolo dell’incontro: la ripresa, … “una ripresa senza ipoteche”. È un titolo metaforico che si utilizza proprio per far comprendere i pericoli che sono connessi al percorso di ripresa che normativamente si sta delineando: la metafora del diritto reale di garanzia dell’ipoteca, che, come vedremo, forse non è quella più giusta perché probabilmente io parlerei di ripresa senza fideiussione più che senza ipoteca, e poi spiegherò bene il perché, perché mi sembra che il pericolo siano più le garanzie personali che non le garanzie reali. Perché c’è bisogno di organizzare, implementare e attuare una ripresa? È evidente, perché siamo afflitti da una crisi molto grave. Una crisi che gli organi di informazione sensazionalisticamente definiscono quotidianamente senza precedenti. Io non lo so se questa sia una crisi senza precedenti, probabilmente tutte le crisi hanno delle peculiarità che le rendono senza precedenti. È sicuramente una crisi grave e lo è ancor più che per l’attitudine a creare disagio ai cittadini sul piano direttamente economico, profilo questo di grande rilievo, ma per la propria attitudine ad accelerare ed esasperare un processo di destrutturazione della società, che era già in corso, a mio modo di vedere, ed è un processo estremamente insidioso anche se ambivalente e foriero anche di qualche prospettiva positiva. Zygmunt Bauman, filosofo arcinoto, oggetto di una sorta di appropriazione mediatica che forse ne ha anche un po’ banalizzato il pensiero, scomparso di recente, diceva che la nostra società era diventata una società liquida, una società senza strutture. Questo è assolutamente vero, questo principio poi era stato ripreso anche da Umberto Eco negli ultimi tempi. In effetti noi oggi, nel nostro contesto sociale non abbiamo più dei punti di riferimento ai quali rivolgere i nostri auspici, le nostre aspettative e le nostre progettazioni operative al fine di raggiungere quei risultati frutti dell’autodeterminazione nella quale poi si sostanzia la libertà dei cittadini. Ovviamente, tutto ciò rende più problematica l’autodeterminazione medesima e al tempo stesso però, per certi versi, apre anche degli scenari nei quali si possono ravvisare delle prospettive positive. Non dico nulla di nuovo, ma probabilmente dico un’altra banalità arcinota evidenziando la circostanza che il concetto stesso di crisi è un concetto ambivalente. Crisi, lo sapete bene, deriva dal verbo “κρίνω”, (“crino”) greco, il quale sostanzialmente si riferisce ad una scelta, una selezione, quindi, essere afflitti da una crisi significa patire delle difficoltà che ti fanno uscire da una confort zone, una quotidianità confortante e ti costringono a fare delle scelte, ti costringono pertanto ad indirizzare le coordinate del tuo agire verso delle direzioni nuove, inedite, che possono essere estremamente fascinose ma possono anche essere assai pericolose e assai problematiche, un po’ come delle novelle colonne d’Ercole per l’Ulisse di Dante. Noi sappiamo che l’intervento normativo o comunque l’insieme di interventi normativi che costituiscono l’oggetto della nostra trattazione ritengono di poter risolvere la crisi attraverso una massiccia immissione di liquidità, nelle Istituzioni e nella società civile. Ovviamente questo è un procedimento corretto da un punto di vista economico, considerato che lo Stato, che la società civile, non possono fallire, non possono essere abbandonati al loro destino; l’unica chance che ci è data è quella sostanzialmente di sostenerne ad oltranza il plausibile funzionamento, al fine poi di rivitalizzare e di rendere affidabili i meccanismi di produzione e di condivisione della ricchezza. Attenzione però, è già stato detto che questa immissione di liquidità non è un regalo, non è un’immissione a fondo perduto, lo è soltanto in una piccola percentuale, questo ci è stato nitidamente sottolineato dai relatori che mi hanno preceduto. Quindi, fruire di questa immissione di liquidità significa contrarre un debito, un debito che noi dovremo onorare, poi sostanzialmente adempiere, che implica sostanzialmente la garanzia personale nostra e dei nostri discendenti. La circostanza a cui noi ci approcciamo, la risoluzione della crisi, forse anche attraverso itinerari plausibili attraverso la contrazione di un debito, fa sì che chiaramente dobbiamo acquisire contezza della responsabilità che ne deriva. Non esiste un debito senza responsabilità, si risponde dei debiti, dice il codice civile, l’art.240, con tutto il proprio patrimonio, presente e futuro. Questa non è purtroppo una metafora, ma un dato di fatto, quindi, sostanzialmente, noi ci approcciamo a una situazione che ci può dare un respiro, ci può dare delle prospettive a condizione che sappiamo affrontarla con la giusta responsabilità. La responsabilità è una responsabilità istituzionale per i decisori, è una responsabilità professionale per i professionisti, è una responsabilità sociale, ma poiché la società è fatta di individui, diviene anche una responsabilità individuale della quale tutti noi dobbiamo farci carico. Come si fa, probabilmente, a interpretare e a testimoniare la giusta assunzione di responsabilità? Ovviamente ciascun cittadino deve farlo in relazione a quelle che sono le prerogative e le attribuzioni a proprio appannaggio; debbono sicuramente farlo i decisori politici, nel momento in cui essi sono chiamati a individuare dei percorsi plausibili di ristrutturazione della società destrutturata, perdonate il gioco di parole ma ho detto proprio che l’impatto grande della crisi, a mio modo di vedere, si è tradotto proprio in uno svuotamento di quello che è il contenuto aprioristico delle Istituzioni e delle referenze formali della società, mettendoci di fronte ovviamente alla necessità di attribuire alle medesime un nuovo assetto affidabile e una nuova connotazione sostanziale. I decisori politici debbono immaginare, attraverso una capacità progettuale, un nuovo, rinnovato assetto socio-istituzionale che ci consenta di immaginare una ripresa plausibile. Lo devono fare, ovviamente, gli amministratori che, per certi versi, sono differenti dai politici in senso stretto. I politici in senso stretto sono chiamati, almeno adesso, nell’accezione che io sto dando a questa mia ricostruzione, a prendere delle decisioni di scenario, a dettare le regole che devono presiedere al percorso di ripresa; gli amministratori invece devono amministrare, devono gestire, e lo devono fare con pervicacia, lo devono fare con rigore, lo devono fare con capacità. La Pubblica amministrazione deve essere semplificata, condivido quanto è stato detto in passato, noi abbiamo una burocrazia che probabilmente è sovrabbondante, e in questa sovrabbondanza di burocrazia si annida il presupposto per la corruzione, per il riciclaggio, per tutti i fenomeni che poi sfociano ovviamente nella bieca criminalità e che minano le dinamiche di giusta condivisione della ricchezza. È evidente che contro i pericoli che sono insiti nelle aberrazioni criminali noi non possiamo immaginare soltanto l’implementazione della giurisdizione repressiva, questo è stato detto da molti, è stato sottolineato in maniera molto efficace da Felice Casucci che, come sempre, è molto nitido nelle visioni, e molto felice nelle esposizioni – nomen omen d’altro canto. Noi dobbiamo agire a livello preventivo, dobbiamo agire a livello progettuale. Reprimere è importante, è importante sanzionare nella giusta misura, e quindi la giurisdizione contenziosa repressiva deve funzionare ma, io credo che, ancor prima, debba funzionare la giurisdizione non contenziosa, la giurisdizione intesa come sistema di regole di attuazione della legalità la quale si colloca a monte dell’autodeterminazione dei cittadini e che ovviamente consta nell’opera di affiancamento che le istituzioni dei professionisti debbono porre in essere per consentire che l’autodeterminazione dei cittadini medesimi venga convogliata verso approdi di equilibrio, di ortodossia giuridica, di utilità e di eticità. Si è parlato spesso di legalità, che cos’è la legalità? La legalità è il rispetto delle regole, e le regole non sono altro che la positivizzazione di quelle istanze organizzative che sono funzionali all’attuazione della giustizia. Definire la giustizia non è semplice. Le teorie moderne che cercano di definire la giustizia ritengono che la medesima possa essere definita come un compendio e una sintesi tra la libertà individuale e l’uguaglianza. La libertà individuale è lo spazio che al cittadino deve essere riconosciuto affinché egli possa autodeterminarsi realizzando se stesso, la propria visione, i propri auspici e i propri interessi nelle regole dello Stato, o comunque della società nella quale egli opera. L’uguaglianza è ovviamente quella limitazione quantitativa che, attraverso un meccanismo paradossale e virtuoso esalta poi l’essenza qualitativa della libertà. La libertà viene limitata dall’esigenza di rispettare l’altrui, pari ed equipollente libertà e il paradosso virtuoso risiede nella circostanza che limitare sul piano quantitativo la libertà significa esaltarne il contenuto intrinseco. Se la giustizia è sintesi e compendio di libertà ed uguaglianza ecco allora che io ravviso, per i professionisti e per i notai in particolare, una sollecitazione fortissima nel secondo comma dell’Art.3 della Costituzione. Il secondo comma, a voi noto, ma lo enuncio per ricordarlo a me stesso, si colloca ovviamente dopo l’enunciazione del primo comma che riconosce a tutti i cittadini «pari dignità», li reputa uguali e sancisce ovviamente in maniera perentoria che i medesimi non possano patire discriminazioni per motivi «di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Questo articolo ci sembra, oggi, scontato, probabilmente non lo è tanto, considerato che è entrato in vigore nel ’48, un anno e mezzo dopo che le donne hanno votato per la prima volta, e quindi, un anno e mezzo prima non mi sembra che ci fosse proprio questa visione così nitida e d’uguaglianza. Dobbiamo lavorare molto sui valori proprio perché non dobbiamo mai darli per acquisiti. Orbene dicevo, il secondo comma dell’articolo dice: «È compito della Repubblica: rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, – e quindi la giustizia – impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Io credo che questo articolo costituisca il fondamento costituzionale delle professioni e del Notariato che poi tra le professioni si peculiarizza per la circostanza di essere il notaio, oltre che professionista, anche titolare di una pubblica fede su concessione dello Stato, quindi, forse una derivazione ancora più diretta, ma non credo che questa distinzione in questa sede rilevi, io credo che il compito dei professionisti venga a delinearsi alla luce di questa norma costituzionale; i professionisti devono affrancare i cittadini nell’autodeterminazione e devono smussare e rimuovere gli ostacoli e le disarmonie che ineriscono ovviamente a deficit culturali, relazionali, di consapevolezza, di mezzi economici che possano sostanzialmente inibire i cittadini medesimi di accedere, dice l’articolo, alla «pari dignità sociale». Io credo che questo compito, che la Costituzione ci affida in maniera nitida e perentoria, che è un compito grandioso e che rende la nostra identità un’identità poderosa e che ci carica di responsabilità sociali, che sono responsabilità individuali, si debba proprio convogliare, in maniera decisa, attraverso l’esercizio puntuale, etico e rigoroso della nostra professione nella direzione del supporto ai cittadini, nella fruizione di quelle che saranno le risorse funzionali alla ripresa e di quelle che saranno le dinamiche attraverso le quali, presumibilmente, auspicabilmente e plausibilmente noi potremo accedere a un’epoca di nuovo benessere e di nuovo assetto sociale più ragionevole, più funzionale alle esigenze dei cittadini. L’istituzione Stato, nella sua connotazione, la stessa legge, non sono dei concetti aprioristici che si giustificano in nome di se stessi, si giustificano in quanto strumentali al benessere dei cittadini, all’organizzazione sociale, e noi dobbiamo lavorare proprio in questa direzione, lo Stato deve essere per certi versi ridisegnato e deve essere reso più semplice, più fruibile, meno burocratico. Bisogna agire a tutti i livelli, bisogna agire anche a livello fiscale, ad esempio, perché non è possibile che i cittadini sopportino un carico fiscale che probabilmente è assolutamente spropositato, non solo per la ragionevole sopportazione dell’individuo ma anche in relazione a quelli che sono poi i servizi che vengono offerti a fronte della solidarietà sociale; semplificare però non significa banalizzare, non si può banalizzare, banalizzare significa abdicare al sistema di controlli che garantiscano la legalità e quindi garantiscano la giustizia. Noi dobbiamo invece implementare le dinamiche giurisdizionali e mi riferisco tanto alla giurisdizione non contenziosa che si pone in antitesi a deterrenza dell’aberrazione oggetto delle giurisdizione contenziosa, quanto a quest’ultima che deve agire ovviamente in chiave sanzionatoria e risarcitoria affinché si possa attuare la giustizia intesa come equilibrio sociale, e credo che un grosso ruolo in questa opera di rideterminazione dei connotati della società civile lo debba avere l’istruzione, lo debba avere la cultura, lo debba avere la formazione. A ben guardare, la criminalità organizzata, è un concetto che viene nitidamente enunciato da alcuni filosofi del tempo moderno, ma oggi forse noi ascoltiamo molto poco i filosofi che invece, insieme ai poeti vengono messi da Platone al vertice dell’organizzazione sociale. I filosofi ci fanno comprendere che l’aberrazione più stupida, più equivoca nella quale noi possiamo cadere, è quella di confondere i mezzi con i fini. Il denaro è il mezzo per eccellenza e ci consente di realizzare dei fini, noi lo consideriamo il fine assoluto e per il denaro delinquiamo, in nome del denaro tradiamo quelle che sono le regole della società civile e, soprattutto, rinneghiamo il nostro essere uomini ragionevoli. Io penso che noi dobbiamo acquisire una più corretta consapevolezza di dette concettualità perché in fondo, chi delinque è afflitto da una aberrazione percettiva in ordine a quello che è l’auspicio che si deve perseguire attraverso l’opera di autodeterminazione dei cittadini. Dobbiamo implementare i controlli necessari, dobbiamo far in modo che i cittadini, con l’ausilio dei professionisti, possano accedere in maniera sicura a ciò che desiderano per se stessi e al tempo stesso dobbiamo fare, nell’ambito di uno Stato perspicace, onesto, trasparente che semplifichi le proprie procedure senza banalizzare. Grazie infinite.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Ringrazio il notaio Romano che, come sempre, nei suoi interventi trasversali riesce a toccare molteplici temi d’interesse che offrono a loro volta parecchi spunti. Adesso passo la parola all’Avvocato Giosy Romano, Presidente dell’ASI Napoli.

GIOSY ROMANO, Presidente Asi Napoli: Sì, grazie avvocato, buongiorno a tutti voi. Ovviamente molte cose sono state già dette e sicuramente meglio di come che avrei potuto dirle io. Cercherò di limitarmi, perciò, ad alcune riflessioni che riguardano più concretamente il mio campo visuale, quello cioè di un Ente pubblico economico, quindi a cuscinetto tra il mondo imprenditoriale e le Istituzioni centrali. Muoverei da una considerazione: abbiamo un’occasione storica, lo hanno detto bene prima di me coloro che sono intervenuti, autorevolmente. Un’occasione storica dettata da questo fiume – è stato definito così prima dal Magnifico Rettore – di fondi che arriveranno al nostro Paese per effetto del PNRR, questo acronimo anche così difficile da pronunciare che già da contezza delle difficoltà di operatività del medesimo. Credo, però, che per sfruttare questa occasione dovremmo muovere dalla considerazione degli errori del passato per evitare di ripeterli. È risaputo da tutti noi che i fondi europei non hanno purtroppo nel nostro Paese generato grandi fortune, nel senso che, per lo più, le grandi opere sono rimaste incompiute e si è solo fatta una rincorsa alla rendicontazione di quei soldi spesi, bene, o, più spesso, male rispetto a quelli erogati. Allora, bisogna muovere da questa circostanza, che anche il Presidente Draghi, agli Stati Generali del Sud, ha rimarcato, un passato in cui i fondi europei non erano stati spesi con particolare oculatezza. Bisogna muovere da quello per cercare di andare ad individuare quelle che sono le motivazioni sottese a questa difficoltà nell’utilizzo dei fondi; credo che la prima motivazione sia da ricercare nella insufficienza delle risorse immateriali, nella insufficienza di risorse umane capaci di gestire i processi, in senso lato. Credo che siamo di fronte ad una mancata presa di coscienza di un dato: se finora i fondi europei erano in misura ridotta rispetto a quelli che ora ci attendono, e il capitale umano messo a disposizione per la gestione di questi fondi è uguale a quello che oggi stiamo ponendo a base del sistema, credo che stiamo per ripetere il medesimo errore. Noi, come Confederazione Italiana di Sviluppo Economico, insistiamo da tempo su un argomento: quello della necessità di introdurre degli organismi intermedi nella gestione dei fondi, che accompagnino le autorità di gestione. Organismi intermedi che non stanno a significare duplicazione o introduzione di nuovi meccanismi di gestione del potere ma esclusivamente approfittare della esistenza sul mercato, di risorse umane competenti, disponibili a dare una mano alle Autorità di gestione. Per questo abbiamo da tempo richiesto che ci sia il riconoscimento del ruolo di organismo intermedio anche in capo alla Confederazione, in applicazione di quello che è il Regolamento 1203 del 2013 della Comunità europea che, appunto, consente alle singole Autorità di gestione di avvalersi di organismi intermedi nella gestione dei fondi. Questo permetterebbe, non di creare una nuova classe di burocrati capaci di gestire i fondi, ma di approfittare di quelli esistenti per addivenire ad un utilizzo di quei fondi in tempi più celeri e più certi, anche in termini di rendicontazione. Accanto a questo meccanismo, a questo tentativo di ovviare agli errori del passato, a nostro avviso, occorre incidere anche su un aspetto che è stato rimarcato più volte: sulla riforma del Codice degli Appalti. Lo diciamo tutti, ciascuno di noi pensa alla mitigazione o all’introduzione di norme diverse da quelle esistenti per alcune problematiche. Credo che, in maniera concreta, basterebbero due semplici norme per accelerare, a valle della progettazione, e, quindi, di quello che dicevo prima di essere il problema dei fondi, nella esecuzione delle opere.  Esecuzione delle opere, a mio avviso, che può andare più spedita se si mette mano all’abolizione della clausola stand still che prevede la possibilità di sottoscrivere il contratto solo dopo il decorso di quel periodo di tempo previsto dalla norma, semplificata in parte nel Decreto Semplificazioni (nel quale è stata abbassata la soglia ma è stata pur sempre lasciata la clausola). L’altro aspetto è quello di introdurre, anche nel rito amministrativo, una sorta di filtro, come già previsto nel giudizio civile per l’appello, nella proposizione dei ricorsi avverso le aggiudicazioni. Qui, lo dico da modesto operatore del diritto, viviamo quotidianamente la presentazione di ricorsi ad opera del secondo, in qualsiasi gara di appalto, per il solo fatto di essere arrivato secondo, e quindi di giocarsi una chance attraverso il ricorso al TAR; credo che andrebbe introdotto un filtro su quello, anche con delle condanne esemplari sotto il profilo delle spese di lite – abbiamo visto non essere servita l’introduzione di un contributo unificato di rilevante spessore nelle procedure dell’appalto, ai fini di determinare un deterrente per la proposizione del ricorso – credo che bisogna incidere in maniera diversa. Il notaio Romano prima di me faceva accenno anche agli strumenti deflattivi del contenzioso, e credo che anche a quelli bisognerebbe mettere mano, introducendo una sorta di tutela preventiva piuttosto che di mera applicazione del principio di autotutela, così come oggi normato.

Molto spesso i funzionari, i dirigenti di turno delle Pubbliche Amministrazioni, non sono avvezzi all’utilizzo dello strumento dell’autotutela perché lo ritengono una sorta di ammissione di un proprio errore, quasi una cosa della quale vergognarsi; allora, perché non pensare all’introduzione di un sistema di tutela preventiva ad opera di un soggetto terzo, il quale possa vagliare, in maniera preventiva, le istanze volte all’annullamento di un provvedimento ed incidere su quelle in maniera assolutamente oggettiva, tanto da evitare le lungaggini di un processo amministrativo che, seppure improntato alla velocità con gli aspetti cautelari, è pur sempre un processo che determina dei tempi di attesa?

Credo che queste siano ricette concrete per tentare di approfittare della messa a disposizione dei fondi e ovviamente, qui, in Campania, nel Meridione in particolare, abbiamo anche un’ulteriore occasione che è dettata sì dal PNRR ma dall’introduzione della Zona Economica Speciale; non possiamo prescindere da quella. In quegli Stati in cui le ZES hanno preso piede è presente un’Autority indipendente che governa, qui, invece, si è legiferata l’introduzione di altrettanti Commissari di Governo per ciascuna ZES istituita. È auspicabile però che i singoli commissari operino in maniera sinergica, riportando ad unità la gestione delle singole ZES introdotte, con l’obiettivo di recuperare il gap che attualmente ci divide rispetto agli altri paesi, non soltanto europei, affacciati sul Mediterraneo. Dovremo approfittare di questa situazione baricentrica del nostro Paese, della nostra Regione in particolare, ubicata al centro del Mediterraneo, dovremmo approfittare per divenirne punto nevralgico e centrale. Immagino a quello che si potrebbe fare se solo si riuscisse a mettere in collegamento la nostra ZES, tutte le nostre ZES, con quelle ubicate nell’area bagnata dal Mediterraneo, se solo si volesse concretamente applicare il principio comunitario dell’Autostrada del mare, enunciato, declinato ma mai oggettivamente portato in esecuzione. Credo che tanto ci sia da fare e, consentitemi di fare solo una riflessione su un dato: l’export della nostra Italia riguarda il nostro territorio, il Meridione solo per il 10% – c’è solo un 10% delle aziende meridionali che contribuisce all’export –, ci dovremmo interrogare su quali siano le ragioni e non credo possano sempre ricercarsi in una mancanza di coraggio ad opera degli imprenditori campani o meridionali che dir si voglia, credo che vadano ricercate le ragioni in una mancanza di tutela degli imprenditori che qui vanno ad investire, tutela in senso lato, tutela nel senso di mancanza di infrastrutture di base a sostegno dello sviluppo imprenditoriale. Credo che anche per promuovere, ben venga approfittare della ZES per attrarre capitali stranieri, ma, ben venga anche l’occasione della ZES per accompagnare, con la realizzazione di infrastrutture fisiche ed immateriali, le nostre imprese, ad aumentare la loro produzione per promuoverla verso l’esterno. L’occasione potrà essere un volano decisivo per la ripresa del Meridione in particolare ma del sistema Paese in generale. Mi fermerei qui, per evitare di tediarvi con argomenti che sarebbero ripetitivi. Grazie.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Ringrazio l’Avv. Giosy Romano, Presidente Asi, nonché componente del Consiglio Direttivo dell’Eurispes, per quella che è stata una lucida analisi degli aspetti di criticità della norma e della burocrazia in questo momento peculiare. Ora passo la parola all’Ing. Vitale, Presidente Ance Campania per l’edilizia.

GENNARO VITALE, Presidente Ance Campania: Buongiorno a tutti, voglio ringraziare l’Eurispes e l’avv. Paola Porcelli per l’invito. È sicuramente un dibattito molto interessante, anche perché per noi costruttori la parola presa è qualcosa di fondamentale, perché il nostro settore viene da tredici anni di crisi. Abbiamo perso 5.600 imprese, il 50% degli investimenti in costruzioni e solamente il 2020 ha avuto un -10%. Però ci sono anche dati positivi, nel senso che le grandi imprese italiane sono sempre un’eccellenza a livello mondiale, basti pensare che la principale impresa di costruzioni in Italia, in piena pandemia, si è aggiudicata una commessa di progettazione e realizzazione di ben 20 miliardi di dollari in Texas per la realizzazione dell’Alta velocità. E questo è un segnale sicuramente importante perché le imprese sono pronte a fare la loro parte. Purtroppo in Italia abbiamo il grosso problema della burocrazia. Se non riusciamo ad attuare delle vere manovre di semplificazione, logicamente nel rispetto totale della legalità, non riusciremo a essere produttivi come il resto del mondo. È chiaro che oggi noi abbiamo in Italia una ripresa lenta, affidata soprattutto ai super bonus, le famose cessioni di credito che sono state attivate dal Governo che però hanno una durata troppo limitata per avere un impatto forte sul settore economico. E, consentitemi di dire, purtroppo noi dobbiamo anche focalizzare il problema della legalità nel settore dell’edilizia privata e del settore della pianificazione del territorio. Alcuni anni or sono l’Ance, insieme a tutte le Università della Campania, ha fatto una ricerca e un censimento su tutti i 550 comuni della Campania. Ebbene, solo 71 comuni avevano il Puc approvato. Il Puc è il Piano urbano comunale, che è lo strumento indispensabile per una pianificazione del territorio. Purtroppo in regione abbiamo una grande difficoltà, sempre per un problema forse di troppo appesantimento burocratico. Se non riusciamo a pianificare, non ci potrà essere sviluppo del territorio. L’Ance subito si è schierata in maniera favorevole per un consumo “zero” del suolo, perché si deve dare priorità alla qualità urbana e alla qualità della vita dei nostri cittadini. Purtroppo non ci stiamo riuscendo. Abbiamo commissionato una ricerca al Cresme dove, solamente dal 2013 al 2019, la Campania ha perso 150mila abitanti e le previsioni sono ancora più drammatiche. Perché, dal 2020 al 2040 si prevede una perdita di altri 640mia abitanti. Quindi è veramente il momento di agire perché dobbiamo assolutamente invertire questo trend, altrimenti il nostro territorio diventerà sempre meno attraente. Grazie.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Ringrazio l’Ing. Vitale e passo la parola al Dott. Carlo Palmieri, Vicepresidente Politiche industriali e Competitività Unione industriali Napoli.

CARLO PALMIERI, Vice Presidente Politica Industriale Competitività Unione Industriale Napoli: Grazie, Avvocato. Buongiorno a tutti, ovviamente ho ascoltato con attenzione gli interventi precedenti. Io credo che l’effetto economico-sociale di questa opportunità di ripresa che passa dal PNRR, quindi da questi fondi che dovrebbero essere una base di ripartenza, appunto per le nostre aziende e per il nostro territorio ma principalmente per i nostri cittadini. Allora dobbiamo evidenziare dei numeri, come diceva prima il collega Vitale, che cos’è il nostro territorio. Non parliamo della normale problematica delle differenze tra Sud e Nord. Le risorse del PNRR dovrebbero essere destinate al Sud per il 40% e quindi vuol dire che già di fatto una percentuale maggiore di questa sarà portata al Nord. All’inizio del nostro incontro ho sentito il Rettore Canfora che ai propri allievi indicava quello studio che evidenziava che un euro speso in infrastrutture al Sud porta una buona quota di ritorno al Nord, cosa che invece non avviene in caso contrario. Quindi una osservazione va fatta: siamo sicuri che tutte queste risorse che arrivano nel nostro territorio vengano spese bene e che diano le giuste opportunità di rilancio? Un riferimento: nel 1970 al Sud si spendevano per opere pubbliche 677 euro pro capite, mentre al Centro-Nord 452 euro. La famosa e vituperata Cassa del Mezzogiorno. Nel 2018, al Sud sono stati investiti in opere pubbliche 102 euro pro capite, rispetto ai 278 euro del Centro-Nord. Questo perché c’è una convinzione, specie degli ultimi governi, secondo la quale va privilegiato il motore economico del Paese, che avrebbe trainato le periferie. I risultati, in realtà, non sono questi. Perché dal 1999 al 2019 in un’indicazione nella premessa del PNRR il PdC evidenziava che l’Italia, nel suo complesso era cresciuto appena del 7,9% contro incrementi di Germania, Francia e Spagna del 30%, 32% e 43%. Questa politica del motore trainante del Nord in realtà non è avvenuta nei dati macroeconomici. Ma io non sono qui per difendere il nostro territorio, ma è importante partire da queste premesse per capire come questo piano fonda i suoi presupposti sulla possibilità di poter colmare questo gap che ormai è strutturale e decennale. E l’Ue l’ha identificato bene indicando che questi fondi strutturali devono essere aggiuntivi e non sostitutivi di quelli che sono gli interventi ordinari dello Stato. Questa è una cosa che va rimarcata in qualunque consesso perché non possiamo essere penalizzati rispetto a questo argomento. Leggevo che proprio l’Eurispes, nell’agosto 2020, ha diffuso un dossier, tra l’altro sull’aspetto fiscale, in cui dimostrava, cifre alla mano, che i cittadini residenti al Mezzogiorno pagano più tasse rispetto ai cittadini del Centro-Nord. Ma questo avviene per mancanza di trasferimenti e di risorse da impiegare nel nostro territorio e questo non fa altro che costringere gli Enti locali ad aumentare la pressione fiscale. E infatti, in questa classifica negativa, Napoli, Salerno e Reggio Calabria risultavano le città più tartassate d’Italia. Non è certo la penuria di risorse pubbliche che può scoraggiare la criminalità organizzata. C’è bisogno che le risorse pulite, lecite, i fondi pubblici supportino l’economia legale e fortifichino le aziende sane. Mi sento di dire che anche la narrazione sbagliata in cui la criminalità o la corruzione o la clientela è solo un tratto distintivo del nostro territorio deve sparire. Auspico che l’Eurispes, che ha una presenza nazionale, possa trasferirlo anche in altri luoghi d’Italia per porre l’attenzione su questo argomento. Qui c’è, però, il problema burocrazia: una delle riforme strutturali che devono accompagnare l’opportunità di beneficiare dei fondi europei è proprio quella burocratica. La burocrazia che è una vera palla al piede, specie nel nostro territorio, rallenta il programma di interventi che dovrebbero essere portati avanti anzi, abbiamo un vincolo di spesa preciso, rappresentato dal 2026. Questo è un aspetto che deve essere, in questa fase, evidenziato e stretto alla progettazione dei suddetti fondi, progetti che i vari Enti locali stanno costruendo proprio in questo momento. Bisogna, dunque, fare il contrario rispetto a quanto si faceva prima, ossia massimizzare e snellire i procedimenti senza però saltarne la trasparenza, senza creare, quindi, una condizione di intervento favorevole a quei soggetti che hanno a che fare con il malaffare. In questa ottica si deve anche alzare il livello qualitativo dei nostri amministratori, della struttura complessiva della Pubblica amministrazione. Anche un rafforzamento delle Forze dell’ordine è fondamentale, sia per implementare l’attività di controllo, ancora più necessaria con l’arrivo di questi fondi, sia per verificare la corretta gestione e destinazione di questo denaro. Confindustria ha dato una lettura  strutturale sul PNRR, proprio per evidenziare come porre un argine a questi problemi. Sapete che abbiamo strutturato dei protocolli di legalità, definiti su scala nazionale e locale, e queste proposte le presentiamo con una cadenza diffusa presso i vari livelli istituzionali. Concludo dicendo che velocità e trasparenza e non vincoli inutili devono essere il nostro mantra di sviluppo in questo momento. A tal fine vi propongo una equazione: velocità di spesa = sviluppo di una economia sana. I controlli devono essere fatti e tracciati, si devono fare con i tempi giusti e corretti rispetto alla spesa, non possiamo fare che il controllo blocchi il progetto e viceversa. Vi saluto e ringrazio ancora per l’invito.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Ringrazio il Dottor Palmieri, Lei ha citato una ricerca dell’Eurispes del luglio 2020 che si intitola Una Reggio non vale l’altra. È una ricerca molto interessante in cui sono stati messi a confronto i dati del Mezzogiorno e del Sud con quelli del Centro-Nord. In effetti, dalla ricerca emerse che una famiglia del Comune di Reggio Calabria paga certamente più tasse, intese come IRPEF, TASI, bollo auto, di quelle di un cittadino del Centro-Nord, quindi Reggio Calabria vs Reggio Emilia, a questo alludeva il titolo dello studio Eurispes. La famiglia di Reggio Calabria, nonostante il maggior numero di tasse, si trovava a poter usufruire di servizi certamente deficitari rispetto a quelli di cui poteva fruire la famiglia di Reggio Emilia. Riprendo la parola solo per ringraziare tutti i relatori e ricordo che i lavori proseguiranno nella sessione pomeridiana con i Procuratori della Repubblica.

SESSIONE DEL POMERIGGIO

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Nella sessione del mattino abbiamo ascoltato il punto di vista politico, sociale ed economico dei rappresentanti del mondo dell’imprenditoria, delle professioni, dell’Accademia e dell’Amministrazione territoriale. Questo pomeriggio è invece dedicato ai Procuratori della Regione che, in base alla loro esperienza, possono offrire indicazioni e spunti di riflessione utili a rendere consapevole la collettività e anticipare la risposta della società ai rischi di infiltrazione della criminalità organizzata. Abbiamo l’onore e il privilegio di ospitare, per l’apertura dei lavori, il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, e il privilegio di ascoltare i Consiglieri che hanno aderito all’invito. Passo la parola al Procuratore Nazionale.

 

FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo: Grazie per l’invito. Ritengo l’organizzazione di questo convegno di grandissima importanza. Ci troviamo oggi di fronte ad un piano di ripresa e resilienza che lascia pensare a risorse straordinarie che toccheranno, per diversi aspetti, il nostro Paese. Tra queste, alcune mi sembrano attagliate in modo preciso alla Campania e in particolar modo al settore ambiente, coesione e inclusione, digitalizzazione: tanti campi importanti che consentiranno anche alla nostra Regione, a numerosi comuni, di utilizzare almeno nell’ambito delle capacità progettuali questi fondi. Da quei fondi deriveranno naturalmente le possibilità di utilizzarli, beneficiarne, e per attuare poi le opere, certamente gli appalti – che costituiscono il momento di aggregazione di soggetti economici nei quali, sempre più, si maschera la rappresentativa della Camorra, della Mafia, della ’Ndrangheta, delle organizzazioni criminali, che sono oggi sempre più mafie degli affari che mafie tradizionalmente dedicate alle attività criminose. Le mafie hanno rilevato quanto sia utile e meno rischioso entrare nell’economia, e quindi convertire le proprie ricchezze derivanti dai traffici illeciti nei vari settori che di volta in volta si offrono alla partecipazione privata. Credo che in questo, proprio i Procuratori invitati ad intervenire, hanno una grande importanza. Soprattutto in quei territori dove è, in genere, meno visibile la presenza camorristica il rischio è più alto. Quello che è importante è riuscire a trovare dei metodi che diano un monitoraggio del territorio soprattutto sotto il profilo del reinvestimento delle ricchezze. Come Direzione Nazionale Antimafia abbiamo selezionato alcuni aspetti, come quello che riguarda le variazioni societarie (vale a dire le variazioni nell’ambito della composizione delle società di capitali, laddove, il più delle volte, l’intervento notarile ci consente un monitoraggio). Parallelamente, però, sorge oggi il problema delle start up innovative, vale a dire delle società che si costituiscono solo telematicamente – fortunatamente con la sentenza del Consiglio di Stato del marzo 2021 è stato annullato il Decreto ministeriale che avrebbe consentito la costituzione a pioggia di società solo informatiche, senza l’intervento del notaio, con il controllo del solo conservatore che avrebbe naturalmente determinato la possibilità anche delle mafie di entrare nel mercato attraverso soggetti economici costituiti solo informaticamente rispetto ai quali nessun controllo sarebbe stato compiuto. Speriamo che il legislatore non si lasci andare alla riproduzione di quella normativa secondaria che è stata annullata dal Consiglio di Stato. Ma il problema si pone comunque in relazione alla possibilità di costituire delle società anche con 1 euro e quindi la pluralità di attività economiche che si mascherano dietro apparenti capitali. Tutto questo rientra nei compiti di monitoraggio che le Procure devono compiere. Così come credo che sui territori vada particolarmente considerato l’innesto di capitali che provengono da origini incerte: nelle città notiamo il cambio di insegna degli stessi negozi, e anche quello è un sintomo che va verificato, non perché ogni nuova attività sia espressione di una infiltrazione criminale, ma più che altro perché è certo che in un momento di grande sofferenza economica aprire nuove attività, soprattutto investendo ingenti somme di denaro lascia pensare. Non mi soffermerò su quello che pure è accaduto, ossia la capacità di entrare in attività economiche esistenti mantenendo ferma l’apparenza della gestione, vale a dire investire denaro in quelle attività economiche che tradizionalmente hanno operato e si sono giovate di una lunga attività e che magari in un momento di sofferenza hanno bisogno di denaro e consentono, arrivando ad un compromesso con coloro che equivocamente offrono denaro sul mercato, si giovano di questo denaro ma a quel punto sono svuotate, via via, della gestione, perché a quel punto a portare avanti quella attività non è più il soggetto che apparentemente risulta titolare ma piuttosto quello che si è mimetizzato in quel soggetto e si è immesso nel mercato mantenendo ferma l’apparenza della società o del soggetto economico anche individuale. In tale direzione è particolarmente importante la cooperazione istituzionale, uffici giudiziari con Prefetture, mettere su un piano coordinato l’attività di prevenzione con quella di repressione. Una grande condivisione è necessario che sia sviluppata anche con le associazioni di categoria (penso a Confcommercio, Confindustria, Confagricoltura, Coldiretti), che spesso riescono a monitorare il fenomeno e quindi anche le infiltrazioni camorristiche, rendendo a volte agevoli, con semplici azioni, che possono essere accertate dal punto di vista investigativo momenti di occupazione da parte della Camorra di settori economici. Credo che sia questa, oggi, la nostra sfida come Magistrati, ossia riuscire ad affrontare l’attuale situazione di grande sofferenza dal punto di vista economico, essere pronti a guardare negli appalti, e quindi nelle possibili infiltrazioni, guardare alle infiltrazioni nei vari settori dell’economia, e monitorare i cambiamenti e le variazioni e, in fine, sollecitare la cooperazione interistituzionale anche con le associazioni di categoria. Mi fermo qui e lascio la parola ai colleghi.

 

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: La ringrazio Procuratore per la relazione che offre numerosi spunti di riflessione che l’Istituto farà propri. Darei la parola al Dott. Domenico Airoma, Procuratore della Repubblica di Avellino.

 

DOMENICO AIROMA, Procuratore della Repubblica di Avellino: Grazie e buona sera a tutti. Per me è un piacere partecipare a questo incontro e condividere alcune mie brevi riflessioni con così autorevoli colleghi, che saluto tutti con viva cordialità. Quello che stiamo vivendo è un tempo molto interessante. Dal punto di vista investigativo fornisce molte sollecitazioni. Certo, qualcuno potrà dire che non si è ancora innanzi a notizie di reato, però vi è tutta una fase preliminare, ossia quella della ricerca delle notizie di reato, nella quale il Pubblico ministero sperimenta il suo compito più entusiasmante, quello di impartire direttive alla Polizia giudiziaria, quindi quello di porsi il problema di non arrivare in ritardo, a danno ormai compiuto. Si tratta di prevenire, di cercare di capire i meccanismi attraverso i quali si industria il crimine. Nel titolo di questo webinar vi è il termine “ipoteca”. L’ipoteca è qualcosa che per certi aspetti rimanda al passato, ad un passato che però continua ancora nel presente, condizionandolo. Questo significa allora porsi anche il problema di quanto del passato criminale un territorio conserva e, quindi, può rivivere in presenza di determinate occasioni. Questo significa porsi il problema di come svolgere un’indagine di contesto, di fare una composizione di luogo, di cercare di comprendere quali sono i soggetti che possono avere più interesse a porsi come utilizzatori di determinate erogazioni, ovvero come stakeholders in specifici ambiti economico-finanziari. Occorre, pertanto, comprendere quali sono i circuiti che si stanno attrezzando per intercettare i finanziamenti, quali sono le variazioni dei codici di attività che appaiono sintomatiche dell’apprestamento alla ricezione di erogazioni, quali le nuove compagini societarie, quali i soggetti giuridici che si affacciano nel panorama economico di un determinato territorio senza avere un significativo radicamento nello stesso. Tutto ciò richiede soprattutto l’attivazione di un gruppo di indagine specializzato, nonché la collaborazione sistematica e coordinata dei Servizi di Polizia Giudiziaria, dell’Agenzia delle Entrate e della Camera di Commercio, al fine di avere informazioni, le più puntuali, aggiornate e tempestive possibili, su quello che si sta muovendo nel contesto economico-finanziario, su quali soggetti potrebbero risultare di interesse investigativo e in qualche modo monitorarne gli spostamenti. Vi è, poi, un rilevante profilo di criticità connesso alle misure normative che accompagnano un siffatto imponente piano di finanziamenti, ed è quello relativo all’assottigliamento delle fasi del procedimento dedicate alle attività di controllo. Il venir meno dei necessari presidî di verifica preventiva costituisce un’oggettiva agevolazione per chi vuole inserirsi in maniera illecita in determinati circuiti. E tuttavia, deve rappresentare il motivo non per dismettere ogni forma di attenzione, ma per cambiarne semmai le modalità orientandole maggiormente verso profili di sostanza più che di forma. Ed in tale prospettiva diventa essenziale disporre del maggior numero di informazioni possibili. Un altro problema, infatti, che affligge gli inquirenti, ma non solo, è la circolarità delle informazioni. Occorre realizzare opportuni circuiti che consentano a chi fa le indagini di poter attingere, tempestivamente, a tali importanti patrimoni informativi e che, al contempo, mettano in condizione anche gli organi della Pubblica Amministrazione di non dare corso ad erogazioni indebite ovvero a beneficio di soggetti riconducibili ad ambiti criminali. Non vorrei, infine, che si sottovalutasse l’importanza dei professionisti, degli studi professionali, perché l’esperienza passata ci dice che è soprattutto in questi àmbiti che si pongono le fondamenta operative dei più sofisticati meccanismi fraudolenti, dal modo in cui si presentano le domande, a quello in cui si struttura l’apparato societario. Dal punto di vista giudiziario l’intervento di un altro soggetto come il Procuratore Europeo (EPPO) credo possa rappresentare un momento, non dico di difficoltà, ma certamente di complessità. Si tratta di affrontare tempestivamente la questione di come strutturare, operativamente, i rapporti fra gli uffici di Procura nazionali e la Procura europea, essendo quest’ultimo Ufficio interessato, in ragione del proprio mandato, alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione. E si tratta di impartire direttive chiare ed uniformi alla polizia giudiziaria, onde evitare esiziali paralisi investigative. Sono convinto, in conclusione, che questo Piano di Ripresa e Resilienza possa essere anche un’occasione per la Magistratura tutta. Siamo, infatti, chiamati tutti, Pubblici Ministeri e Giudici, ad esprimere con umiltà e determinazione un grande sforzo a beneficio dell’intera comunità; siamo chiamati a dare vita ad un circuito virtuoso di collaborazione con i servizi di Polizia giudiziaria e con gli altri apparati della Pubblica amministrazione; siamo chiamati, in definitiva, a per recuperare una parte di quella credibilità che purtroppo in questi ultimi tempi abbiamo perduto.

 

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: La ringrazio dell’intervento. In effetti c’è ancora da definire il ruolo della Procura europea, che non sappiamo come andrà a muoversi in questo àmbito. Staremo a vedere come effettivamente interferirà con le risorse e gli investimenti provenienti dal Next Generation EU. Passo la parola al Procuratore Antonio Centore.

 

ANTONIO CENTORE, Procuratore della Repubblica di Nocera Inferiore: Grazie, saluto tutti i colleghi. Devo premettere che credo che in questa occasione il rischio sia per tutti noi dire più o meno le stesse cose. Stiamo facendo delle previsioni e se anche ci fosse stata per qualcuno di noi qualche indagine già in corso non ne avremmo potuto parlare. Stiamo dunque facendo delle congetture, ci stiamo preoccupano per qualcosa che auspicabilmente non accadrà, però è abbastanza scontato quello che un po’ andremo a dire tutti. Dobbiamo trovare degli strumenti, potenziare il monitoraggio della situazione per anticipare fin da subito l’entrata in vigore concreta di queste disposizioni. Ci troviamo in una situazione prevedibile, le mafie cercano da sempre investimenti legali e sappiamo che la disponibilità economica delle organizzazioni criminali italiane è sconfinata, è un secondo Recovery Fund, forse persino superiore. Una situazione come quella attuale penso che sia paragonabile a quella vissuta nel dopoguerra con il piano Marshall, il Recovery Fund sembra essere un secondo piano Marshall che interesserà gli appetiti soprattutto di quelli che hanno accumulato denaro mentre altri soffrivano, un po’ come è stato, sempre nel dopoguerra, il mercato nero. Noi ci troviamo oggi nella situazione in cui alle mafie sarà consentito di fare investimenti massicci più di quanto non abbiano già fatto in settori legali, perfezionando ulteriormente gli strumenti che avevano usato fino ad oggi (quello di inserirsi in attività in difficoltà attraverso il sostegno economico e lasciando gli imprenditori al loro posto, facendoli diventare dei loro meri dipendenti). In tutto questo temo la deregulation, perché sta passando l’opinione secondo cui bisogna spendere i soldi senza porsi troppi problemi e quindi le regole diventano un intralcio. Sappiamo chiaramente che questo è ciò che cercano le organizzazioni criminali, e devo dire che anche quando le regole ci sono riescono lo stesso ad infiltrarsi. Noi abbiamo, all’interno dei nostri uffici, imprese di pulizie, imprese di vigilanza anche armata, bar, che sono gestiti da società che hanno alle loro spalle organizzazioni criminali. Se sono riusciti ad infiltrarsi, con le regole abbastanza rigide che oggi tutti lamentano essere addirittura castranti per un imprenditore che voglia cimentarsi nelle gare pubbliche, e solo dopo anni è venuta alla luce la presenza criminale alle loro spalle, significa che quando verranno meno anche queste regole o verranno attenuate, non riesco ad immaginare e, anzi, sono allarmato all’idea di quello che potrà accadere. Tutto questo si innesta poi in un contesto che è quello definibile come crisi dell’antimafia. Come facciamo a rifiutare di porci il problema che ormai c’è una sorta di revisione critica di tutta una serie di accorgimenti, di cautele, di normative di rigore che cercavano di fronteggiare, di risolvere il problema dell’invasione della presenza della criminalità organizzata nelle attività economiche. Anche solo fatti che possono apparire simbolici, come la messa in discussione dell’ergastolo ostativo è un segnale. Quello che è accaduto con la liberazione, dopo 25 anni di detenzione, di un collaboratore di giustizia che aveva reso possibile l’individuazione dei responsabili di centinaia di fatti di sangue, la reazione unanime che c’è stata, una critica implicita ma anche esplicita alla legge sui collaboratori di giustizia, è un altro segnale negativo. Ci sono riforme, ma anche orientamenti giurisprudenziali che sembrano semplicemente mirare ad indebolire la risposta dello Stato rispetto all’organizzazione criminale, e mi riferisco alle “nuove” normative in materia di intercettazioni, che rendono sicuramente più complicato, farraginoso, l’utilizzo dello strumento delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Certo, hanno introdotto anche l’uso del trojan abbastanza ampio, ma è l’unico aspetto positivo, perché in realtà l’attività è molto complicata e non sappiamo questi paletti quali effetti potranno sortire rispetto all’utilizzabilità in dibattimento (molti processi sono saltati proprio per l’inutilizzabilità del prodotto). Penso anche alle confische, tema cui mi sono occupato con passione negli ultimi 15 anni e che sono sempre più difficili da ottenere; anche se assistiamo sulla stampa a roboanti sequestri, l’esito processuale non sempre è in quella direzione. In tutto questo clima, cui si aggiunge la crisi della Magistratura, che ci rende ancora più invisi all’opinione pubblica e ci fa perdere credibilità, la politica si riapproprierà di spazi e ridurrà gli spazi di intervento delle Magistratura. Quale situazione più agevole e più propizia potrà esserci per la criminalità organizzata per approfittare di queste debolezze? Quella che ci si presenta è una situazione assolutamente casuale, però c’è una tale convergenza di aspetti che sono favorevoli all’ingresso massiccio dei capitali mafiosi in un’economia debole come quella che si presenta, perché il Recovery Fund sono tutti soldi che dovremo restituire, che mi viene da pensare che questo potrebbe essere un involontario, implicito, ma sicuramente avvertito da parte della criminalità organizzata, invito ad investire anche per i capitali di provenienza illecita. Spero che questa sia solamente una congettura maliziosa, ma non sono il solo a dirlo. Credo che questi timori debbano rafforzare ancora di più le nostre capacità di reazione e di organizzazione per affrontare la sfida.

 

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Mi aveva anticipato un intervento forte ed è stato di parola. La ringrazio e passo la parola al Procuratore Nunzio Fragliasso.

 

NUNZIO FRAGLIASSO, Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata: Rinnovo il mio saluto a tutti i partecipanti e ringrazio per l’invito. Anch’io sono abbastanza preoccupato e mi auguro di essere un cattivo vate. Tuttavia, scorgo pericolose analogie con quanto verificatosi all’indomani del sisma del 1980. Anche all’epoca vi fu un evento catastrofico che mise in ginocchio l’economia di questi territori, l’erogazione di imponenti finanziamenti pubblici (oltre 20mila miliardi di lire), un affievolimento delle regole. Quello che ne è seguito è noto a tutti, c’è chi tra noi, come il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo lo ha vissuto in prima persona. Questo cocktail di fattori ha determinato la crescita esponenziale della criminalità organizzata in Campania e non solo. Anche in questo caso si profilano all’orizzonte gli stessi fattori che hanno caratterizzato quella stagione: siamo in presenza di un evento pandemico che non è ancora al tramonto e che ha messo in ginocchio interi settori dell’economia; siamo in procinto di ricevere una somma enorme di finanziamenti pubblici e si vede all’orizzonte, ed è auspicata dai più, una semplificazione delle procedure che è l’anticamera dell’affievolimento e dell’appannamento delle regole di controllo. Sono tutti presupposti perché la criminalità organizzata si inserisca ancora di più nei vari settori produttivi ed economici della società e cerchi di intercettare questo enorme flusso di denaro, inserendosi, tra l’altro, in settori quali quello della ristorazione, quello alberghiero, quello dell’offerta turistica, solo per indicarne alcuni tra i più importanti nell’economia del circondario di Torre Annunziata. E quindi, come ricordava anche il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, è concreto il rischio che la criminalità organizzata, direttamente o per interposta persona, anche avvalendosi della complicità di professionisti esperti nella materia dell’accesso ai contributi e ai finanziamenti pubblici, cerchi, appunto, di intercettare gli uni e gli altri, si inserisca negli assetti societari con forme di sostegno finanziario o rilevandone, in tutto o in parte, la proprietà o si inserisca negli organismi di controllo in modo da poter usufruire di questi finanziamenti pubblici, così come è forte il rischio che, come già si sta verificando, la criminalità organizzata si inserisca nelle maglie della Pubblica amministrazione e delle Amministrazioni locali per veicolare, pilotare e indirizzare gli appalti pubblici che dovessero beneficiare di questi finanziamenti. E allora, se questo è il rischio, quali sono i possibili strumenti di contrasto? Una cosa deve essere chiara: non basta il solo intervento repressivo degli apparati dello Stato. Non è possibile prevenire, scardinare e arginare questo fenomeno solo ricorrendo allo strumento repressivo di Magistratura e Forze dell’ordine. È necessario, invece, un approccio sinergico e corale di tutte le Istituzioni pubbliche (oltre le già citate, anche gli Enti locali, le Amministrazioni comunali) e di quelle private. Come ricordava il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, anche le associazioni di categoria, le associazioni imprenditoriali, gli Ordini professionali, gli Istituti di credito, con i quali occorre fare rete e che dovrebbero essere i primi, proprio perché hanno il polso del territorio, a intercettare, isolare ed emarginare i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata. Penso che si debba procedere ad un controllo economico più capillare del territorio, come? Valorizzando, ad esempio, le segnalazioni di operazioni sospette, che sono spesso la spia di tentativi di accesso indebito, da parte di gruppi criminali, a flussi di denaro di provenienza pubblica. Un dato mi pare significativo: nel 2020, nel periodo 1° marzo-15 ottobre, si è registrato un aumento su scala nazionale dell’8% delle segnalazioni di operazioni sospette e in sede regionale – in Campania – un aumento del 16,3% di tali segnalazioni. Venendo ad epoca più recente, nel periodo da marzo a febbraio 2021, nell’ultimo anno, solo nel circondario di Torre Annunziata, si è registrato un incremento del 22% di segnalazioni per operazioni sospette che attengono, per lo più, ad abusivismo finanziario, abusi di finanziamenti pubblici, improprio o anomalo utilizzo del contante, segnalazioni di imprese in crisi economica e a rischio di infiltrazione criminale. Ebbene, occorre investire sulle segnalazioni per operazioni sospette e valorizzarle procedendo ad approfondimenti investigativi che possono essere forieri di sviluppi più direttamente investigativi. Occorre prestare maggiore attenzione all’analisi degli atti di registro relativi ai trasferimenti patrimoniali che possono essere, anche questi, spie sintomatiche di passaggi di proprietà a gruppi che siano espressione della criminalità organizzata. Occorre valorizzare ancora di più l’analisi delle dinamiche dei fallimenti. Occorre porre attenzione e non limitarsi a registrare il fenomeno. Penso che solo in questo modo si possa intervenire efficacemente, procedendo nel tentativo di intercettare, se non precocemente, tempestivamente i tentativi, da parte della criminalità organizzata, di intercettare questo flusso di denaro. Certo, è necessario, come si ricordava prima, coinvolgere una mobilitazione generale, tutti i soggetti, tutti i diversi protagonisti ai vari livelli, in un’azione sinergica che consenta di impedire un approccio, da parte di gruppi espressione della criminalità organizzata, a questo imponente flusso di denaro. Sullo sfondo, e mi rendo conto che si tratta di un auspicio, ci vorrebbe un’azione di profondo rinnovamento culturale che metta in primo piano il rispetto delle regole e dei valori, la cui mancanza è l’humus nel quale prolifera la criminalità organizzata e nella quale trova il proprio terreno di coltura il consenso delle organizzazioni criminali. Con questo ho concluso, vi ringrazio per l’attenzione.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Procuratore, grazie a Lei e passiamo la parola al Procuratore Policastro, Procuratore della Repubblica di Benevento.

ALDO POLICASTRO, Procuratore della Repubblica di Benevento: Grazie, saluto anche io tutti i colleghi, l’Eurispes e l’avvocato Porcelli per questa importante occasione. Alcune cose sono già state dette. Penso che quello che diceva Nunzio (Fragliasso, ndr) è assolutamente vero, ovvero che ci troviamo in una situazione analoga a quella del dopo terremoto. Che cosa significa gestire enormi flussi di denaro come quelli europei? In quanto Procuratori, dobbiamo riflettere su una realtà a forte permeabilità camorristica. Una prima considerazione è che dobbiamo individuare il pericolo dell’infiltrazione camorristica perché concreto, attuale e potente, ma è indispensabile leggere l’economia legale. Mi spiego meglio: sarebbe stata possibile una capacità economica così ampia se non ci fosse stata una economia legale – o quella che noi chiamiamo legale – tutta tesa ad individuare i meccanismi per evadere le tasse? O i meccanismi per acquisire le commesse e gli appalti? Cioè quelli corruttivi? Oppure quelli del conflitto di interesse? Io penso proprio di no. Non c’è una netta separazione tra l’economia mafiosa e l’economia legale. Le due economie talora coesistono, anzi, l’una si nutre dell’altra. In questo quadro, quando mi si dice che è necessaria la consapevolezza che la battaglia della spendita corretta del denaro pubblico passa attraverso la nostra azione repressiva – e quindi successiva – ma passa ancor più attraverso una attività di prevenzione che anticipa le deviazioni. E questa si deve basare sulla riscoperta, da parte degli attori economici, dell’importanza del bene pubblico. Ora, chiedo, la nostra società, gli ordini professionali, l’imprenditoria, la Pubblica amministrazione e la stessa magistratura hanno quella tensione morale per ritenere primario il bene pubblico? O è veramente necessaria una rivoluzione per mettere al centro l’onore e la disciplina a cui siamo tenuti noi e gli amministratori pubblici e più in generale tutta la società, tra cui l’imprenditoria, che avrà un ruolo enorme in questa vicenda. I due soggetti che opereranno saranno la Pubblica amministrazione e la grande imprenditoria, non la piccola imprenditoria o il piccolo tecnico. È la grande corruzione quella che ha incrinato il tessuto democratico del Paese. Oggi, la grande imprenditoria è pronta per questa sfida? Il regolamento del Recovery Fund all’articolo 22 individua il pericolo in tre aspetti. Il denaro verrà erogato soltanto se noi dimostriamo di aver messo in piedi tutti i sistemi di controllo atti a prevenire conflitti di interesse, frodi e corruzione. Questa non è una valutazione, è l’articolo 22 del regolamento che dice che «i sistemi di controllo posti in essere forniscano le garanzie necessarie a stabilire che i fondi siano stati gestiti in conformità di tutte le norme applicabili, in particolare in materia di prevenzione del conflitto di interesse, delle frodi della corruzione. Che questi possano essere efficaci ed efficienti». E allora siamo pronti in Italia, dal punto di vista organizzativo e normativo ad affrontare… siamo pronti a dimostrare alla Ue che noi abbiamo fatto tutto il necessario per garantire dal conflitto di interesse, dalle frodi, dalle corruzioni? Quando il dibattito pubblico si sta incentrando – può sembrare non collegato ma noi dobbiamo fare uno sforzo – si sta incentrando su che cosa? Qualcuno ha detto che bisogna spuntare le unghie ai pubblici ministeri – ho ascoltato interventi di questo tipo – che non sono limitati. Guardate, io, se andate a vedere la rassegna stampa del Csm ne troverete di quantità enorme di riflessioni ed approfondimenti, alcune fondate altre meno, in cui chiaramente c’è una, come dire, una riflessione forte su che cosa? Sulla attività inquirente. Ora, la struttura democratica del nostro Paese, e di tutti gli altri paesi, vede nel potere giudiziario, il potere di controllo della corretta applicazione della norma a prescindere dalla dipendenza o indipendenza, dall’autorità giudiziaria inquirente e dalla polizia giudiziaria. Se l’obiettivo politico-culturale è quello di “tagliare le unghie” è una cosa; se l’obiettivo politico-culturale è quello di mettere in piedi, come dice il regolamento, strutture che garantiscono contro conflitti di interessi, frodi e corruzioni allora è un altro discorso. E allora, andiamo a vedere che cosa le procure in questo quadro possono fare. Premesso che, secondo me, è assolutamente indispensabile che ci sia quest’azione corale; un tempo si diceva che c’era necessità delle grandi organizzazioni sindacali e movimenti di massa che vigilavano sul corretto esercizio della democrazia e quindi anche in questi casi. Oggi tutto questo è andato in crisi però è chiaro che è necessario e indispensabile che ci sia un grande movimento di quelle che vengono chiamate le good lobby, le lobby del bene, di quelli che si muovono per verificare in questa fase, in questi sei anni, se il denaro pubblico verrà utilizzato secondo quelle lenti che la Ue ci ha detto di tenere, quelle della coesione e inclusione, o quelle dello sperpero. Allora, ben vengano le iniziative come quella inaugurata da pochi giorni ‒ il libenter ‒ fatta da Libera, dall’Università Cattolica e da altri, ben vengano le iniziative come quelle di Eurispes, che spero dia vita a qualcosa di strutturato e che permanga nel tempo; ben vengano tante altre azioni attraverso gli ordini professionali e di categoria che facciano vigilanza affinché questo avvenga. Tenendo conto che questo intervento si cala in una realtà italiana dove una crisi profonda economica e sociale ha prodotto danni enormi indebolendo il tessuto sociale. L’ultima ricerca dell’Istat dà 5,6 milioni di persone in povertà assoluta in Italia. Il che vuol dire che è un tessuto sociale assolutamente debole e preda di possibili rapine perché la imprenditoria rapace, non parlo solo di quella mafiosa ma anche quella non mafiosa ma rapace, chiaramente mira a pagare poco, sfruttare il lavoro a poco prezzo, con scarsa sicurezza sui cantieri di lavoro (questo è un dato sul quale dobbiamo fare grande attenzione) perché questa massa di cantieri che si apriranno su tutti i territori rischiano di essere gestiti nel concreto, non dalle grosse imprese che hanno acquisito le commesse, che svolgono una funzione di intermediari e, come dire parassitarie, ma sub subappaltando; e se ci sarà la deregulation come sembra delinearsi troveremo problemi enormi all’interno dei cantieri e sulla sicurezza dei luoghi di lavoro con enormi ricadute in termini di tutela della salute. Quindi questo è un passaggio sul quale porre attenzione, secondo me indispensabile. Non mi soffermo sulla netta contrarietà ad ogni deregulation perché secondo me il giusto mezzo, quello dei controlli e delle regole, è ineliminabile. La deregulation è il festival dei corrotti e delle mafie. Se il tam tam è spendere i soldi, ma non si aggiunge spendere bene, vuol dire che ci ritroveremo esattamente nelle condizioni in cui si è trovato il Meridione dopo il terremoto. Che cosa dobbiamo fare secondo me? Quali sono le attività preventive? Penso ci sia bisogno di una attività di prevenzione, di vigilanza collaborativa. Questa è necessaria tra le Istituzioni e tra queste e la società. A livello nazionale è opportuno vedere l’Anac come l’ente più importante che realizza questa vigilanza collaborativa in sede amministrativa e di Authority; perché guardate, la vicenda del terremoto ci ha indicato anche un altro aspetto sul quale dobbiamo essere molto attenti. Ricordiamo tutti quanti che all’epoca ci fu, come dire, c’erano le commissioni di collaudo in cui partecipavano i magistrati. La nostra missione è quella del controllo giudiziario in sede penale. Possiamo essere coinvolti nella gestione amministrativa? Io penso proprio di no. Quindi qualsiasi strumento, che vede il coinvolgimento dei magistrati in sede amministrativa, mi vede contrario. Noi abbiamo una Authority, l’Anac, che si è guadagnata sul campo autorevolezza e importanza. Quella è l’Authority indipendente che può svolgere una funzione collaborativa e ha dato buona prova nella vicenda Expo, dove la vigilanza collaborativa ha funzionato. E l’Anac ha anche le competenze tecniche per valutare una serie di aspetti. E questo è un altro capitolo. Però noi abbiamo la possibilità, e io sul mio territorio sto facilitando, di collaborare con altre Istituzioni pubbliche attraverso i canali ufficiali come il Comitato per la sicurezza pubblica, invitando i rappresentanti delle categorie dei lavoratori e individuando le problematiche da attenzionare. Seconda questione sono le operazioni sospette. Io ho regolamentato, nel mio ufficio, per valorizzarne la portata, l’uso delle operazioni sospette. L’aumento delle operazioni sospette è sintomo di una “ipereccitazione” dei capitali. A Benevento ho stretto un protocollo con la GdF e l’Agenzia delle Entrate che ci consente di individuare i grandi evasori fiscali, le imprese in difficoltà, i fallimenti e i concordati. Questi ultimi sono un territorio inesplorato su tutto il territorio nazionale. L’altro aspetto che penso debba essere tenuto in conto è la necessità di, fin da subito, mettere in piedi gruppi di lavoro all’interno della Gdf, dei Carabinieri e della Polizia di Stato sui cantieri che si aprono: per una difesa anche dei diritti dei lavoratori all’interno dei cantieri e delle imprese stesse dalle infiltrazioni e dal riciclaggio. Questo, chiaramente, d’intesa con la Direzione Distrettuale Antimafia e con la Direzione Nazionale Antimafia qualora emergano vicende di un certo tipo. Ultima cosa legata alla prevenzione. È fondamentale la Pubblica amministrazione. Deve cambiare l’ottica della Pa e dei pubblici dipendenti; vorrei una Pa di qualità in competenze e strutture. Per avere, però, professionisti di qualità, bisogna pagarli. Non è possibile avere una Pa in grado di controllare gare se ci affidiamo alla Pa che abbiamo attualmente. Bisogna assumere economisti, architetti, ingegneri e ragionieri, ma giovani, capaci e competenti e remunerati. Noi che facciamo questo mestiere lo sappiamo bene; se prendiamo dei consulenti tecnici che guadagnano poco, noi avremo poco. Assumere personale di qualità; è questo che la Pa deve fare e questa è l’attività che da un punto di vista preventivo garantisce dai conflitti di interesse, dalle frodi e dalla corruzione. Grazie a tutti e scusate per aver sforato di qualche minuto.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Grazie Procuratore per l’accorata relazione e passo la parola al Procuratore Antonio Ricci, Procuratore di Vallo della Lucania.

ANTONIO RICCI, Procuratore della Repubblica di Vallo della Lucania: Grazie Avvocato dell’invito. Saluto i colleghi presenti e il Procuratore Cafiero. lo rappresento la situazione del circondario di Vallo della Lucania che è un piccolo circondario a Sud della provincia di Salerno che sconta, ahimè, problemi seri dal punto di vista della presenza, numericamente e qualitativamente adeguata, di personale specializzato di Polizia giudiziaria. Parto subito con questa affermazione forse un po’ forte ma devo far presente quella che è una situazione problematica. Da quando sono qui, abbiamo chiesto più volte, anche attraverso la Procura Generale di Salerno e anche attraverso la Prefettura, che sia rafforzata adeguatamente la presenza di forze di Polizia nel territorio. Se pensate che l’ultimo commissariato della Polizia di Stato di riferimento è a Battipaglia… noi distiamo da Salerno circa 100 chilometri, sì può comprendere che quello che va fatto in questo territorio è, innanzitutto, adeguare le forze di polizia a quella che è l’esigenza del momento di controllo preventivo e successivo, un’esigenza che richiede sicuramente maggiore specializzazione. Noi abbiamo necessità di poter contare su forze dì Polizia, ma penso, dato il tema di cui stiamo trattando, soprattutto sulla Guardia di Finanza che dovrebbe avere una competenza specifica. Forse questo tema potrebbe essere superato con la possibilità di far affidare al Gico distrettuale una competenza settoriale per ì controlli da effettuare sul Recovery Fund, ovviamente quando si ritiene che i fatti abbiano rilevanza e quindi vi sia la necessità di approfondire questi temi, lo dò alcuni numeri per comprendere un po’ il fenomeno: quando, in un intervento precedente, si è fatto riferimento a quello che è accaduto a seguito della diffusione del Coronavirus che ha impattato in modo molto significativo sul sistema economico, si è fatto riferimento ad alcuni comparti economici particolarmente danneggiati dalle misure di distanziamento sociale e si è fatto riferimento ai settori come la ristorazione, la ricezione alberghiera e l’offerta turistica che sono le fonti economiche principali di questo circondario. In questi settori il Cilento fonda gran parte della possibilità di ricavare redditi. Questa è, al momento attuale, la conseguenza più evidente di quelli che sono stati i danni causati dal distanziamento sociale e dalle condizioni in cui abbiamo vissuto fino ad ora. La partita, inutile dirlo, si gioca sui controlli e, soprattutto, sulla tempestività perché i tempi sono piuttosto stretti e i controlli lunghi e farraginosi Dobbiamo tenere presente che la mancanza di controlli ci porta, inevitabilmente, al disastro e allo sperpero soprattutto in realtà più piccole come possono essere quelle delle Amministrazioni comunali locali. In queste realtà non sono presenti strutture e personale adeguati a sostenere l’impatto che proviene dalla criminalità più o meno organizzata; c’è un livello piuttosto basso di fisiologica resistenza che si è potuto constatare in questi anni. Sono veramente pochissimi, tra i 51 comuni del circondario, quelli immuni dagli accertamenti fatti e dall’apertura di fascicoli per reati contro la Pubblica amministrazione. La perifericità della zona del Cilento rispetto al centro e al capoluogo della Regione, evidentemente, penalizza ancora il territorio; non solo a causa della scarsa resistenza delle Amministrazioni locali di cui si è appena accennato ma anche perché vi è un numero assai limitato di operatori di Polizia giudiziaria attrezzata e specializzata, diffusa in questa specifica area. Forse e il caso, e mi rivolgo direttamente al Procuratore Nazionale, di stipulare protocolli di intesa ad hoc tra le Procure circondariali e quelle distrettuali sui temi relativi ai controlli e agli accertamenti da fare per prevenire ed evitare il proliferare e il diffondersi di attività criminali in campo economico-fìnanziario. Dobbiamo estendere, in qualche modo, le capacità di controllo e penetrazione delle forze a disposizione delle Procure distrettuali anche ai territori più periferici. Anche noi (Procura della Repubblica di Vallo della Lucania) abbiamo di recente stipulato un protocollo di intesa con la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate e credo che, a livello regionale, questo Protocollo si sia diffuso. Ho qualche perplessità per quanto riguarda la realizzazione della rete informativa che si deve formare per affrontare questi fenomeni, che immagino – vista la consistenza di fondi destinati all’Italia – saranno di dimensioni veramente importanti, se non si incrementano i fondi destinati ai controlli preventivi. Concordo sulle perplessità espresse dal collega Airoma riguardo l’Eppo: noto, almeno dal mio punto di osservazione, come la Procura distrettuale dell’Eppo sia calibrata, allo stato, in maniera poco adeguata. Per quanto i colleghi individuati per ricoprire questo ruolo siano esperti conoscitori delle materie di cui si dovranno occupare, appaiono di numero troppo esiguo rispetto a quelli che sono i fenomeni criminali già individuati e che andrebbero sottoposti alla loro attenzione. Credo pertanto che l’individuazione di colleghi e personale che lavoreranno nell’ufficio napoletano di riferimento dovrà essere adeguato al volume degli ipotetici – che tanto ipotetici non sono -numerosi fenomeni che potrebbero verificarsi. Inoltre, nutro qualche dubbio sul fatto che le associazioni di categoria possano influire più di tanto sui controlli da fare a monte; credo che, almeno su questo fronte, ancora un po’ di cammino andrebbe fatto. Le considerazioni che ho posto sono, ovviamente, riferibili alle situazioni locali ma credo che interessino anche altre parti del territorio campano a me note.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Procuratore io la ringrazio e passo la parola alla Dott.ssa Laura Triassi, Procura della Repubblica di Nola.

LAURA TRIASSI, Procuratore della Repubblica di Nola: Io sono stata lontana circa dieci anni dal distretto di Napoli e, per me, tornare è stata un’occasione di rinnovato entusiasmo perché proprio il circondario della Procura di Nola – parte integrante del distretto di Napoli – rappresenta una porzione di territorio che, secondo me, costituisce un campione importante di verifica delle caratteristiche di un’area martoriata sulla quale si è poi innestata la pandemia con tutte le conseguenze devastanti che ha portato. A questo quadro si aggiungono ora le perplessità legate all’arrivo massiccio di finanziamenti e di denaro. L’area nolana rappresenta uno snodo nevralgico per l’economia locale e regionale; è dotata di un sistema articolato di infrastrutture di collegamento (dal nodo autostradale alla stazione di Nola interporto e via dicendo) e presenta, grazie anche alla vicinanza con il distretto agroalimentare di Nocerino-Sarnese e con quello tessile di San Gennaro Vesuviano, una logistica tale da consentire agilmente traffici commerciali sia per l’Italia sia per l’estero. Su questo territorio risultano accese migliaia di partite IVA e il settore trainante è storicamente quello tessile. Ma descrivo un territorio fortemente degradato: omicidi di strada per futili motivi, traffico di stupefacenti – la cronaca è piena di questi episodi –, ma soprattutto, reati fallimentari le cui inchieste hanno evidenziato un meccanismo fraudolento che debilita il mercato e arreca un danno notevole al tessuto economico dell’area di interesse. Descrivendo poi rapidamente l’humus su cui si innesta la crisi pandemica, questo è costituito da: reati tributari, frodi fiscali cosiddette “carosello” realizzate attraverso sofisticate tecniche contabili, prestiti con tassi usurai – talmente diffusi da risultare un sistema parallelo alternativo agli istituti bancari –, inquinamento ambientale ma soprattutto reati in materia di Pubblica amministrazione. La corruzione è ormai un fenomeno quasi totalizzante, più che dilagante: Amministrazioni comunali, procedure concorsuali e un ampio ventaglio di fattispecie delinquenziali che coinvolgono pubblici funzionari, amministrazioni locali, privati cittadini, professionisti e imprese. Questa parentesi introduttiva in parte pessimistica è necessaria per verificare le tematiche affrontate oggi, ovvero l’emergenza sanitaria. Il blocco delle attività commerciali ha disvelato, così come attestato dalle indagini espletate, un vasto sommerso occupazionale che interessa indistintamente tutto il territorio di competenza, caratterizzato dalla presenza di piccole e medie imprese. È stato riscontrato, infatti, come diverse attività commerciali non abbiano riaperto dopo il lockdown, alimentando l’incremento di un già vasto bacino di utenza in cerca di occupazione, che rappresenta un pericolosissimo humus delinquenziale. Dall’inizio dell’emergenza epidemiologica abbiamo svolto anche attività di monitoraggio dell’impresa tessile che rappresenta la caratteristica del territorio. Tali attività hanno confermato che alcuni opifici hanno convertito le proprie linee di produzione per ottenere dispositivi di protezione individuale: di questi, alcuni in aderenza alla normativa, altri invece con dispositivi fuori norma o con articoli contraffatti. Quindi accanto ad una riconversione legale, ben accetta e semplificata dal Governo centrale, si è assistito alla repentina riconversione della produzione dei marchi contraffatti (borse, abbigliamento, accessori, mascherine, tute protettive, etc.). Sul nostro territorio, ma credo che questo sia molto comune, è stata notata, proprio come evoluzione post pandemica, l’accentuazione nel settore della contraffazione. Nella seconda metà dello scorso anno il fenomeno già diffuso della contraffazione ha conosciuto, grazie all’emergenza sanitaria, una riconversione che ha permesso a questo illecito segmento di adattarsi alle nuove esigenze di mercato. Sono state individuate queste imprese di prodotti contraffatti, tra cui anche stamperie clandestine allestite con strutture e macchinari molto performanti per la produzione e il confezionamento delle mascherine. Tengo a precisare che queste attività, anche quando di rilievo trascurabile, sfruttando manodopera in nero, hanno generato una quantità indefinibile di prodotti contraffatti non autorizzati, utili a rifornire il mercato parallelo della falsificazione producendo anche un’importante mole di rifiuti che veniva smaltita illegalmente. Ci sono anche altre caratteristiche che abbiamo riscontrato sul territorio e che sono state confermate dai risultati delle indagini svolte con le altre Procure dello stesso distretto. A seguito dei provvedimenti normativi finalizzati ad arginare il diffondersi del virus sul territorio nazionale e a contenere anche le ripercussioni negative sul tessuto economico del Paese, si sono poste delle misure rivolte al controllo dei flussi di capitali concentrando l’attenzione a settori che presentavano vulnerabilità come, ad esempio, la spesa pubblica con particolare riguardo alle forme di assistenzialismo generate. Per esempio, attraverso l’impiego di banche dati e delle informazioni acquisibili dagli investigatori è stato riscontrato che questi contribuenti che hanno percepito illecitamente i contributi previsti dal decreto rilancio, dal decreto sostegni, i beneficiari dei finanziamenti bancari assistiti da garanzie statali: attraverso le segnalazioni delle operazioni sospette sono stati intercettati questi illeciti. Ciò ha permesso di riscontrare che i suddetti finanziamenti, in determinate situazioni, sono stati destinati a finalità estranee all’impresa, come ad esempio nel caso del responsabile di una società di abbigliamento che ha utilizzato il fondo per l’acquisto di una imbarcazione. Senza citare, poi, tutti gli indebiti accessi al Reddito di Cittadinanza, che è stato in molti casi erogato anche a chi non presentava i requisiti necessari ma anche a chi aveva avuto condanne per associazione mafiosa, quindi frutto di una carenza di controlli adeguati e tempestivi. Abbiamo, infatti, provveduto al sequestro delle somme illecitamente percepite. L’enorme quantità di denaro che arriverà si innesta, quindi, in un territorio che manifesta delle realtà come queste, molto complesse. Francamente condivido il pessimismo manifestato a chiare lettere dal collega Fragliasso, perché l’Autorità giudiziaria è ormai diventata l’unica, secondo me, che ormai interviene a cose fatte. Io non credo che, attualmente, il sistema di controllo funzioni sotto alti profili e non credo che venga accentuato, vista la tendenza ad allentare l’iter e le procedure per gli appalti pubblici. Auspico, personalmente, un incremento delle segnalazioni di operazioni sospette e mi permetto di segnalare, soprattutto al Procuratore Nazionale Antimafia, la difficoltà che ho riscontrato nella lettura di questi dati. Si dovrebbero incrementare l’attenzione e la leggibilità delle segnalazioni e soprattutto monitorare, e in questo la professionalità della Guardia di Finanza è fondamentale, gli appalti pubblici e in particolar modo le imprese partecipanti, anche attraverso l’individuazione dei titolari per ridurre il fenomeno dei prestanome. Bisogna incrementare i controlli preventivi, oltre a quelli successivamente repressivi, sull’acquisizione delle risorse economiche elargite a livello statale in favore degli operatori economici ed anche di quelle attività economiche che stanno mutando la produzione a seconda delle esigenze commerciali. Condivido tutto ciò che è stato detto riguardo all’interpretazione e ai meccanismi per combattere le infiltrazioni mafiose e credo che l’aumento della disoccupazione renderà molto più complicato un ritorno o, comunque, un miglioramento del livello di legalità attuale.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Procuratore, siamo noi a ringraziare Lei per l’intervento. Passiamo adesso la parola alla Dottoressa Maria Teresa Troncone, Procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere.

MARIA ANTONIETTA TRONCONE, Procuratore della Repubblica di S. M. Capua Vetere: Ringrazio per l’invito e saluto tutti i colleghi. Ci troviamo, oggi, di fronte ad un’importante occasione di crescita economica derivante dall’erogazione dei fondi di cui si è ampiamente parlato. È un’occasione fondamentale per il Sud, che va correttamente gestita, per cui risulta essenziale comprendere in quale tessuto tale occasione si inserisce. Sicuramente, si opera ancora in contesti di forte invasività delle organizzazioni criminali, e l’elevata liquidità monetaria è tale da consentire uno sforamento dell’economia illegale; assistiamo anche ad una non totale indipendenza dei settori dell’Amministrazione, che sicuramente vengono condizionati in vari modi dalle organizzazioni criminali. Quindi, una situazione di opacità, direi anche di connubio, tra economia legale e illegale, che crea le condizioni per un uso sbagliato dei fondi che ci arriveranno. A ciò si deve aggiungere la tendenza all’illegalità nell’attività delle imprese, con uno scarso rispetto ed una insofferenza verso le regole, poiché non si riesce a valutare quali siano i benefici di una corretta attività imprenditoriale. Tutto questo conduce ad una concentrazione di ricchezze nelle mani di pochi, a diseguaglianze sociali sempre più crescenti, ad una opacità tale da rendere complicata anche l’attività di controllo. C’è, inoltre, da segnalare una costante disattenzione verso il contrasto alla mafia: nei programmi governativi, o in occasione delle varie consultazioni elettorali, si ravvisa uno scarso interesse per questo aspetto, come se fosse un qualcosa da non sottolineare, da censurare, come se questa realtà non esistesse, e come su questa realtà fosse bene, in qualche modo, sorvolare o, meglio, porre l’attenzione solo sull’aspetto del contrasto militare, senza focalizzare l’attenzione sul connubio tra mafia e politica, o tra mafia ed economia. Chiari sono i segnali di una disaffezione alle regole e così come è evidente il depotenziamento degli stessi istituti antimafia, la riscrittura del reato di abuso di ufficio e, in generale, la tendenza a rendere più snella l’attività imprenditoriale, stigmatizzando la cosiddetta burocratizzazione come se fosse un qualcosa di negativo non apprezzando, invece, il giusto valore insito nell’osservanza delle regole. Non dobbiamo dimenticare che viviamo in un contesto in cui la corruzione è ampiamente diffusa. Abbiamo un sistema normativo di tutto rispetto, abbiamo delle norme che consentono l’aggressione dei fenomeni corruttivi da un punto di vista personale nonché reale con strumenti patrimoniali di contrasto; abbiamo la possibilità di applicare le confische allargate ad interi patrimoni. Tuttavia, noi magistrati impattiamo con una difficoltà di emersione dei fenomeni corruttivi che deriva dalla necessità di rompere quell’omertà e quella opacità di cui parlavo. Non è sufficiente, quindi, l’azione esclusiva della Magistratura e della Polizia giudiziaria: occorre che tutto il sistema della prevenzione sia valorizzato. In questo senso, faccio richiamo a chi ha fatto cenno all’ANAC, che deve avere un ruolo di primario rilievo, perché è l’ANAC deputato al controllo amministrativo, non i magistrati ex post. Ancora: il ruolo delle Prefetture, che seguono i controlli in sede di emissione delle informative antimafia e che operano il controllo, anche per mezzo delle Forze dell’ordine, dei casi di interposizione fittizia; credo anche nell’utile confronto con le associazioni di categoria. In questo ufficio, presso la Procura di Santa Maria Capua Vetere, in periodo pandemico, abbiamo sottoscritto un protocollo con la Camera di Commercio e con la Guardia di Finanza, atto a captare casi di modifiche societarie tali da destare interesse su fenomeni di acquisizioni illecite, eventualmente anche conseguenti ad attività di usura. Occorre, quindi, potenziare questi istituti e che ci sia un’adeguata informazione basata su linee guida adeguate al contrasto di questi fenomeni. Tutto ciò si unisce ad una attività di repressione efficiente ed efficace, che può avere risultati positivi solo nella misura in cui vi sia una sinergia con tutte le altre Istituzioni e, soprattutto, vi sia la possibilità di realizzare l’emersione delle notizie di reato, difficoltà con la quale impattiamo quotidianamente. Credo nel potenziamento dell’intera rete, con un’attenzione a ciò che sta succedendo e nella convinzione del sicuro interesse delle organizzazioni criminali e dell’imprenditoria che agisce, avulsa da regole, in questo particolare periodo storico.

PAOLA PORCELLI, Direttore della sede dell’Eurispes in Campania: Grazie Procuratore. Passerei la parola, per un breve saluto e qualche considerazione conclusiva, al Gen. Preziosa, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza dell’Eurispes.

PASQUALE PREZIOSA, Presidente dell’Osservatorio Eurispes sulla Sicurezza: Ringrazio il Procuratore nazionale antimafia dott. Federico Cafiero De Raho, che ha voluto fortemente questa riunione per mettere a punto quelli che saranno i temi che interesseranno a breve il nostro Paese per il necessario sviluppo nella legalità dei progetti individuati nell’ambito del PNRR nazionale. Il fine dell’attività delle procure antimafia risulterà di importanza vitale per il buon esito dello sviluppo dei progetti legati al PNRR nazionale non solo per l’attività repressiva ma soprattutto per quella preventiva che presenta le caratteristiche della deterrenza, ciò abbasserà l’indice di rischio per la finalizzazione dei progetti nei sei anni previsti dal Recovery fund. Il PNRR nazionale rappresenta lo strumento strategico per la ripartenza del nostro Paese ora in crisi di crescita, il cui completamento nell’arco di tempo individuato dall’Europa consentirà sia lo sviluppo del Paese in “recessione” per la pandemia in atto, sia la sostenibilità del debito pubblico ora prossimo al 160% del PIL. La quantità dei finanziamenti europei in arrivo per oltre 200 mld di euro rappresenta una grandissima opportunità per la criminalità mafiosa tradizionalmente dedita all’appropriazione illegale delle risorse finanziarie pubbliche. La criminalità mafiosa produce effetti negativi nel Paese su almeno due fronti: quello economico e quello democratico istituzionale e la sua attività deve essere sia prevenuta sia fortemente contrastata. Purtroppo, il tessuto sociale afflitto dalla pandemia appare ancora più debole e quindi più permeabile alle attività criminali con una fiacca volontà di contrasto del fenomeno. Anche l’Europa ha introdotto buone iniziative di contrasto per le attività criminali quale l’Agenzia europea per il controllo del riciclaggio, con poteri addirittura di supervisione sulle Istituzioni dell’Unione europea, purtroppo questa agenzia vedrà la luce tra due anni. L’Europa, in effetti, non ha ancora colto l’occasione per rendere comune sia la definizione di associazione mafiosa, sia per sviluppare, sempre a livello comunitario, una normativa comune antiriciclaggio per arginare l’espansione delle mafie in Europa, questo sarebbe un autentico segnale di coerenza etica, normativa e di stampo europeo. La situazione creata dalla criminalità mafiosa in molti paesi europei è seria e impone grandi riflessioni: non siamo più di fronte ad un problema di ordine pubblico e nemmeno di ordine economico, dal momento che il bene minacciato è la democrazia stessa, vale a dire la libertà degli individui. La Procura nazionale antimafia italiana e tutte le sedi distrettuali stanno predisponendo gli strumenti di contrasto per la salvaguardia dei finanziamenti europei in arrivo, ma servirà anche il supporto di ogni singolo cittadino per abbassare i rischi delle infiltrazioni criminali nella pubblica amministrazione. Dobbiamo unirci tutti, per garantire prosperità e legalità al nostro Paese.

 

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